Messier 101 ripresa da Hubble. Credit: NASA & ESA

Come si formano i bracci delle galassie a spirale?

La teoria delle onde di densità

Michele Diodati
Through the optic glass
5 min readSep 20, 2016

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Situata a circa 25 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione dell’Orsa Maggiore, Messier 101 (più brevemente M101) è una magnifica galassia a spirale, che, con i suoi 170.000 anni luce di diametro, è grande oltre una volta e mezza la Via Lattea.

M101 è nota anche come Galassia Girandola, un nome che rappresenta bene la sua caratteristica più evidente, chiaramente visibile nella splendida immagine di Hubble visibile più sopra: i bracci a spirale prominenti e nitidamente delineati. Galassie come questa sono definite in inglese grand design spiral galaxies. Appartengono a questa categoria altre galassie bellissime e famose — almeno tra gli astronomi — quali M100, M81, M51 e M74.

Il termine ‘girandola’ richiama immediatamente la spiegazione più intuitiva del modo in cui potrebbero formarsi simili bracci a spirale: ammassi di stelle, gas e polveri ruotano intorno al nucleo galattico — dove è localizzato il centro di massa della galassia — con velocità differenti a seconda di quanto sono vicini al nucleo. Col tempo la rotazione differenziale degli ammassi, più veloce nelle parti vicine al nucleo più lenta nelle parti esterne, allunga gli ammassi e li piega, trasformandoli in bracci avvolti a spirale attorno al nucleo della galassia.

Ma tale spiegazione contiene in sé anche la propria negazione: se questo fosse davvero il loro meccanismo di formazione, allora dovrebbero bastare pochi giri intorno al nucleo galattico per arrotolare completamente i bracci a spirale distruggendo il grand design della galassia, così come accade a una corda fatta ruotare intorno a un bastone finché non è completamente attorcigliata.

Invece i bracci a spirale sono una caratteristica semi-permanente delle galassie: possono sopravvivere per miliardi di anni senza attorcigliarsi inestricabilmente intorno al nucleo galattico. Cosa li mantiene prominenti e distinti?

La teoria che meglio spiega la loro formazione e conservazione è quella delle onde di densità, proposta da C.C. Lin e Frank Shu nel 1964. Secondo questa teoria, la densità della materia (stelle, gas e polveri) nel disco di una galassia a spirale non è uniforme, ma varia in base a onde che si dipartono dal nucleo allungandosi verso la periferia del disco. Queste onde hanno appunto la forma di spirali e ruotano con una loro velocità caratteristica intorno al nucleo galattico.

Stelle, gas e polveri ruotano a loro volta intorno al centro della galassia, ma in modo indipendente rispetto alle onde di densità. Quando nubi di gas e polveri attraversano un’onda di densità vengono compresse dall’onda. Il risultato della compressione è che si creano regioni di formazione stellare, dalle quali nascono nuove generazioni di stelle. Ecco dunque spiegata una delle caratteristiche più evidenti di una galassia come M101: il fatto, cioè, che le regioni di formazione stellare si trovino per la gran parte nei bracci a spirale, di cui costituiscono la vera e propria ossatura. Nell’immagine di M101, queste regioni appaiono come filamenti scuri pieni di ramificazioni. Sono come la traccia che disegna il contorno dei bracci a spirale.

Le nuove stelle nate nelle regioni di formazione dissolvono a poco a poco i bozzoli che le rendono invisibili all’esterno, mentre continuano a muoversi attraverso l’onda di densità nel loro moto orbitale intorno al centro galattico. Le stelle più massicce appaiono di un brillante colore blu. Queste stelle sono anche quelle che vivono di meno, perché esauriscono molto più rapidamente delle altre la loro scorta di combustibile nucleare. Ecco perché non si allontanano mai molto dalle regioni di formazione stellare all’interno delle quali sono nate. Osservando l’immagine di M101, si nota infatti chiaramente che gli ammassi più luminosi, punteggiati di stelle blu, fiancheggiano i filamenti scuri e formano, per così, dire, i muscoli dei bracci a spirale.

Tutte le altre stelle, quelle già vecchie e quelle giovani ma poco massicce, hanno colori giallo-rossastri e attraversano le onde di densità con velocità differenti a seconda di quanto sono vicine al nucleo galattico. Formano a loro volta delle spirali, ma con un angolo più stretto rispetto alle popolazioni di stelle blu e alle regioni di gas e polveri.

In sostanza, i bracci a spirale sono visibili soltanto perché le onde di densità, comprimendo il gas che le attraversa, creano le regioni di formazione stellare, che a loro volta creano le stelle blu giovani e massicce: gas e polveri, insieme con gli ammassi di stelle blu, disegnano il profilo dei bracci a spirale.

Le onde di densità non sono, quindi, oggetti materiali all’interno di una galassia. Sono piuttosto fattori strutturali. Sono — possiamo dire — luoghi in cui il traffico stellare si addensa e rallenta. Le onde di densità sono come le strade più trafficate di una grande città. Le auto che arrivano in quelle strade sono costrette a rallentare e si incolonnano in lunghe file. Ma poi escono dall’ingorgo e riprendono il loro cammino, ciascuna con la sua velocità. Le strade soggette a ingorghi sono sempre lì, ma le auto che le attraversano cambiano di continuo. Qualcosa di simile accade in una galassia a spirale.

Fin qui abbiamo parlato della teoria. Ma ci sono prove a sostegno? Le onde di densità esistono davvero? Sono proprio loro le responsabili della formazione e della permanenza dei bracci a spirale?

Fortunatamente si tratta di una teoria che fa delle predizioni. Mettendo insieme accuratamente le giuste osservazioni, tali predizioni possono essere verificate. È quello che ha fatto un gruppo di ricercatori guidato da Hamed Pour-Imani dell’Università dell’Arkansas. I risultati del loro lavoro sono descritti in uno studio pubblicato all’inizio di agosto su The Astrophysical Journal Letters.

La predizione fatta dalla teoria delle onde di densità è che l’angolo di avvolgimento dei bracci a spirale varia a seconda delle lunghezza d’onda osservate. La ragione di ciò è che differenti lunghezze d’onda identificano oggetti diversi in una galassia: la luce blu e l’ultravioletto permettono di scorgere soprattutto le stelle blu, più massicce e luminose. La luce rossa e il vicino infrarosso evidenziano la popolazione di stelle più antiche e meno massicce. Il lontano infrarosso permette di tracciare le riserve di gas e polveri che disegnano il contorno delle regioni di formazione stellare.

Gli autori dello studio hanno confrontato la posizione e l’angolo dei bracci a spirale in 41 galassie, usando osservazioni nel visibile, nell’ultravioletto, nel vicino e nel lontano infrarosso. Il risultato non ha lasciato adito a dubbi. I bracci formati dalle stelle rosse hanno l’angolo più stretto, seguiti da quelli formati dalle stelle blu. L’angolo maggiore è quello disegnato dalle regioni di formazione stellare. Il tutto in ottimo accordo con la teoria delle onde di densità, che ha ricevuto in questo modo la sua prima conferma oggettiva.

Rappresentazione schematica del moto rotatorio differenziale di stelle rosse, stelle blu e regioni di formazione stellare in rapporto con le onde di densità, all’interno di una galassia a spirale. Il modello rappresenta la predizione della teoria delle onde di densità, verificata dallo studio di H. Pour-Imani e colleghi. Credit: arXiv:1608.00969v1 [astro-ph.GA]

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Michele Diodati
Through the optic glass

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.