Il “paradosso di Fermi”

Non è di Fermi e non è un paradosso

Marco Fulvio Barozzi
Through the optic glass
5 min readJun 29, 2016

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Il cosiddetto paradosso di Fermi è spesso citato nei dibattiti sulla ricerca di intelligenze extraterrestri. Una sua tipica definizione potrebbe essere:

Se civiltà tecnologicamente avanzate hanno abitato la nostra Galassia per per tempi dell’ordine un miliardo di anni, e alcune di queste hanno intrapreso viaggi e colonizzazioni interstellari, allora perché non abbiamo mai visto alcuna prova delle loro visite?

Ciò porta a pensare che Enrico Fermi, uno dei più grandi fisici del Novecento, fosse scettico sulla possibile esistenza di vita extraterrestre tecnologicamente avanzata e considerasse l’assenza di sue tracce come un paradosso. In realtà le cose non sono affatto così, perché il cosiddetto paradosso di Fermi non è di Fermi e non è neanche un paradosso.

Non risulta che Fermi abbia mai pubblicato una sola parola riguardo all’esistenza di vita extraterrestre. Si sa che egli ha chiesto “Dove sono tutti?” durante un ricevimento a Los Alamos nel 1950 in cui si stava parlando di viaggi interstellari. Ogni altra versione delle sue parole è fuorviante.

Nel 1984 Eric Jones ha raccolto le testimonianze dei tre unici sopravvissuti a quella cena, Emil Konopinski, Edward Teller e Herbert York (Fermi era morto nel 1954). Essi concordano sul fatto che si parlò di viaggi interstellari e della loro fattibilità, non di alieni intelligenti. York, l’unico che fa riferimento a Fermi, racconta che egli sosteneva che la ragione per la quale non siamo entrati in contatto con gli alieni potrebbe essere che il volo interstellare è impossibile o, se è possibile, esso è troppo dispendioso in termini di energia e di tempo. Nessuno dei testimoni riferisce che Fermi abbia contestato la possibile esistenza degli extraterrestri o abbia sostenuto che il fatto di non vederli sia un paradosso.

La domanda di Fermi comparve per la prima volta per iscritto in una nota a piè di pagina di un articolo del 1963 di Carl Sagan dedicato al dibattito sulla possibilità di contatto con civiltà extraterrestri. Sagan pensava che l’osservazione di Fermi fosse che, se gli extraterrestri hanno visitato la Terra in tempi recenti, dovremmo aver trovato prove del loro passaggio. Siccome queste prove non esistono, allora essi non hanno visitato il nostro pianeta recentemente. Un’altro riferimento precoce alla domanda di Fermi era contenuto nel report del Project Cyclops della NASA (1971) per la ricerca di intelligenze extraterrestri (SETI) tramite la creazione di una rete di radiotelescopi in grado di intercettare segnali fino a 1000 anni luce di distanza.

Allora, come è nato il cosiddetto Paradosso di Fermi? Come mai una domanda nata in una discussione sui viaggi nello spazio è diventata una “paradossale” negazione dell’esistenza di vita intelligente nel cosmo?

La frase “Paradosso di Fermi” si trova per la prima volta nel marzo 1977 (27 anni dopo la cena di Los Alamos!) in un articolo di D. G. Stephenson che riferiva la risposta fornita da Michael Hart due anni prima alla domanda dello scienziato italiano con lo scopo di contestare l’esistenza di civiltà aliene. Secondo Stephenson:

(…) l’umanità è la sola specie intelligente in questa Galassia, e pertanto non ci possono essere state visite di altre civiltà nel nostro sistema solare.

Già nell’aprile del 1977 la locuzione coniata da Stephenson era l’oggetto di una sessione di conferenze e, partire dagli anni ’80 incominciò ad essere usata sempre più frequentemente, fino ad oggi. La frase non si trova in letteratura prima dell’articolo di Stephenson sulle idee di Michael Hart.

Hart in effetti è stato il primo a pubblicare, nel 1975, la tesi “Essi non sono qui, pertanto non esistono”:

“Se (…) ci fossero esseri intelligenti da qualche parte nella nostra Galassia, allora essi dovrebbero essere diventati capaci di viaggi spaziali e dovrebbero aver esplorato la Galassia, come noi abbiamo esplorato e colonizzato la Terra. Tuttavia (…) essi non sono qui, pertanto non esistono”.

Hart sosteneva che tutte le altre possibili spiegazioni per l’assenza di extraterrestri sulla Terra sono false, ragruppandole in quattro categorie: (I) “spiegazioni fisiche”, ad esempio: i viaggi interstellari sono impossibili, (II), “spiegazioni sociologiche”, ad esempio: gli extraterrestri hanno scelto di non visitare la Terra, (III) “spiegazioni temporali”, ad esempio: non hanno ancora avuto il tempo di raggiungerci e (IV) la Terra è già stata raggiunta da loro nel passato, ma noi oggi non li osserviamo. Egli rifiutava tutte le quattro possibili spiegazioni e concludeva che solo la sua spiegazione è corretta, con un corollario politico:

“una massiccia ricerca di messaggi radio di altre civiltà è probabilmente una perdita di tempo e denaro”.

Frank Tipler nel 1980 ampliò le idee di Hart, pensando a macchine intelligenti più che a colonizzatori biologici:

(…) un costruttore universale autoreplicante con intelligenza paragonabile a quella umana, (…) una macchina combinata con la tecnologia missilistica attuale potrebbe rendere possibile esplorare o colonizzare la Galassia in meno di 300 milioni di anni (…)

Il meccanismo di Tipler avrebbe dovuto operare per centinaia di milioni di anni, eseguire gli ordini senza contestazioni o deviazioni o evoluzioni, esplorare o colonizzare miliardi di pianeti, compresi i satelliti più interessanti, operare in luoghi dove la vita non è possibile e risolvere una moltitudine di altri problemi. Troppo complicato e improbabile.

La conclusione di Tipler era ancor più generale di quella di Hart: l’uomo è probabilmente l’unica specie intelligente non solo nella nostra galassia, ma nell’intero universo.

L’argomento di Hart e Tipler pare simile al “paradosso di Fermi”, ma esiste una evidente differenza. Quella di Fermi era una domanda riferita alla possibilità dei viaggi nella galassia, mentre le idee di Hart forniscono anche una chiara risposta a proposito di un’altra questione, non posta da Fermi, quella dell’esistenza di intelligenze extraterrestri: “essi non esistono”.

Sembra che il “Paradosso di Fermi” sia sbucato fuori per conferire autorità alle idee di Hart e Tipler, le quali condussero la NASA ad abbandonare una prima volta il progetto SETI nel 1982 e una seconda volta nel 1993. Il presunto paradosso attribuito allo scienziato italiano continua ancora oggi a essere utilizzato nel dibattito sull’opportunità che il governo americano torni a finanziare la ricerca astrobiologica.

Utilizzare il nome di Fermi per descrivere le posizioni di Hart e Tipler è un errore. Sarebbe più opportuno, casomai, parlare di domanda di Fermi, anche perchè non si tratta neanche di un paradosso né, a rigor di logica, di una antinomia.

Robert H. Gray, The Fermi Paradox is Neither Fermi’s Nor a Paradox, Astrobiology, March 2015, 15(3):195–199, http://arxiv.org/abs/1605.09187v1

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