La danza dei quattro pianeti di HR 8799

Un sistema planetario di giganti gassosi a 127 anni luce dalla Terra

Michele Diodati
Through the optic glass
7 min readFeb 9, 2017

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Sette anni di spostamenti orbitali dei quattro pianeti scoperti intorno alla stella HR 8799. Credit: J. Wang/C. Marois

Sono ormai migliaia i pianeti extrasolari, o esopianeti, scoperti nel corso degli ultimi vent’anni. La stragrande maggioranza di essi sono stati individuati grazie a due metodi: il transito e la velocità radiale. Il primo metodo consiste nel rilevare minuscole diminuzioni periodiche della luminosità di una stella, causate dal passaggio di un pianeta davanti al suo disco. Il secondo metodo consiste, invece, nel ricavare la presenza di uno o più pianeti in orbita intorno a una stella, misurando attraverso il cosiddetto effetto Doppler il suo periodico avvicinarsi e allontanarsi dalla Terra, prodotto dall’influenza gravitazionale di quei pianeti.

Entrambi i metodi hanno una caratteristica in comune: sono indiretti. Sia con il transito che con la velocità radiale, l’esistenza di un pianeta viene ricavata non dalla sua osservazione diretta, ma da fenomeni fisici che riguardano la stella intorno alla quale orbita. Ciò non vuol dire che l’esistenza di un pianeta desunta per mezzo di questi due metodi sia meno certa: transito e velocità radiale spesso si rinforzano a vicenda; inoltre, quando la scoperta di un esopianeta è confermata ufficialmente, significa che esistono ampie prove a sostegno, ottenute con diversi telescopi e complessi metodi statistici di convalida. Tuttavia catturare un’immagine diretta è un’altra cosa. C’è un altro livello di soddisfazione.

Ma perché è così difficile osservare direttamente i pianeti extrasolari? Per almeno due buone ragioni: sono lontanissimi e sono spesso completamente annegati nella luce soverchiante della loro stella.

Per capire quanto conti la distanza, basta pensare al caso di Plutone. Fino alla metà del 2015, cioè prima che la sonda New Horizons arrivasse a fotografare il pianeta nano da vicino, tutto ciò che potevamo scorgere della sua superficie era una macchia confusa di zone più chiare e più scure: pochi pixel in tutto, visibili dalla Terra grazie alla potenza del telescopio spaziale Hubble. E Plutone, per quanto piccolino, è davvero a un tiro di schioppo in termini astronomici: si trova attualmente a circa 33 unità astronomiche dalla Terra, cioè 4,95 miliardi di km.

Osservare direttamente un ipotetico pianeta in orbita intorno a una stella lontana appena 10 anni luce da noi, cioè una stella relativamente vicina, significa dover guardare circa 20.000 volte più lontano di Plutone (un solo anno luce equivale a ben 9.461 miliardi di km). È facile comprendere che, a distanze così grandi, anche per Hubble l’impresa diventa titanica.

Ma, se non possiamo scorgere direttamente le caratteristiche superficiali di un esopianeta lontano anni luce dalla Terra, possiamo almeno intercettare una parte della radiazione che riceve dalla sua stella, riflessa nella nostra direzione? In linea teorica sì, ma anche questa è, alla prova dei fatti, una sfida terribilmente difficile. La luce che un pianeta riflette è, infatti, una frazione insignificante della luce, miliardi di volte più intensa, che la stella emette in tutte le direzioni. Cercare di vedere un esopianeta nella luce abbagliante della sua stella è un po’ come cercare di captare la fioca luminescenza di una lucciola attaccata a un faro potentissimo.

Gli astronomi però sono gente ingegnosa, che raramente si arrende senza combattere. Già da diversi anni i maggiori telescopi del pianeta sono stati dotati di strumenti chiamati coronografi, la cui funzione è bloccare la luce di una stella, in modo da rendere possibile vedere se ci sono pianeti che le orbitano intorno. Ma anche i coronografi hanno dei limiti: non permettono di vedere nelle immediate vicinanze della stella oscurata (un pianeta alla distanza della Terra dal Sole resta invisibile) e, inoltre, il rapporto segnale/rumore nella zona di visibilità è tale che, almeno con le tecnologie attuali, è possibile scorgere direttamente solo pianeti molto grandi, quelli di taglia gioviana per intenderci. Infine, la stella osservata non deve essere troppo lontana dalla Terra: a migliaia di anni luce di distanza, neppure l’uso di un coronografo e delle più sofisticate ottiche adattive è in grado di consentire l’osservazione diretta di un esopianeta.

Pur con tutti questi limiti, il metodo dell’immagine diretta ha portato a notevoli successi. Esistono ormai alcune decine di esopianeti dei quali, a partire dal 2004, abbiamo ottenuto immagini dirette. Li vediamo come semplici punti luminosi, ma li vediamo. Di alcuni di essi possediamo addirittura più immagini, accumulate nel corso degli anni. Ciò ha permesso di osservare gli spostamenti orbitali di quei pianeti, trovando una prima e approssimativa conferma visuale, peraltro incredibilmente suggestiva, della validità delle leggi di Keplero anche al di fuori del sistema solare.

L’esempio più notevole è per ora il sistema planetario che orbita intorno alla stella HR 8799, formato da quattro giganti gassosi, scoperti a partire dal 2008.

HR 8799 è situata nella costellazione del cavallo alato Pegaso, a una distanza di circa 127 anni luce dalla Terra. È una stella giovane, anzi giovanissima: si pensa che sia approdata sulla sequenza principale da 30 milioni di anni o poco più. È più grande, più massiccia e più luminosa del Sole: il raggio è stimato in 1,34 raggi solari, la massa è una volta e mezzo quella del Sole, la luminosità bolometrica (cioè l’emissione totale, in ogni regione dello spettro) è circa cinque volte quella solare.

Ben quattro pianeti sono stati scoperti con il metodo dell’immagine diretta intorno a HR 8799, grazie a una fortunata serie di circostanze: la distanza tra noi e la stella non è eccessiva, i quattro pianeti sono tutti più grandi e massicci di Giove, sono sufficientemente lontani da HR 8799 da non finire annegati nella sua luce e, inoltre, sono ben distanziati tra loro. Per di più, l’intero sistema planetario è orientato in modo tale che, dalla Terra, possiamo osservarlo non di taglio ma frontalmente, cioè come se lo guardassimo dall’alto (o dal basso, per quello che vale).

L’immagine animata visibile all’inizio del post è un montaggio realizzato da Jason Wang, un giovane astronomo dell’Università della California a Berkeley, che ha messo in sequenza sette diverse osservazioni, avvenute in anni successivi, del sistema planetario di HR 8799, realizzate tutte con lo stesso strumento, il telescopio da 10 metri Keck II alle Hawaii.

Come si può notare, HR 8799, la cui posizione è indicata nell’immagine da una stellina gialla, è oscurata dal coronografo. A partire dalla sua posizione, per un raggio di diverse unità astronomiche il coronografo e il bagliore stellare residuo impediscono di scorgere eventuali altri pianeti: il sistema potrebbe contenere dei pianeti rocciosi interni simili alla Terra o a Venere, ma non possiamo saperlo.

Dei quattro pianeti ripresi con immagini dirette, il più vicino alla stella è HR 8799e, che, come indica la ‘e’ del nome, è anche l’ultimo ad essere stato individuato (il primo pianeta scoperto in un sistema planetario si indica per convenzione con la desinenza ‘b’, il secondo con la ‘c’ e così via). HR 8799e orbita a una distanza di 14,5 unità astronomiche da HR 8799: se si trovasse nel sistema solare, sarebbe circa a metà strada tra Saturno e Urano. La sua massa è stimata in 9 masse gioviane (poco meno di 3.000 masse terrestri) e ha un periodo orbitale di circa 50 anni terrestri.

Il secondo pianeta in ordine di distanza dalla stella è HR 8799d. Dista circa 27 unità astronomiche da HR 8799, “pesa” intorno alle 10 masse gioviane e ha un anno della durata di 112 anni terrestri o giù di lì.

Il terzo pianeta è HR 8799c. Il semiasse maggiore dell’orbita è di 42,9 unità astronomiche (quello di Plutone è di “sole” 39,4 unità astronomiche), stazza 10 masse gioviane come HR 8799d e ha un anno che dura 225 anni terrestri.

Il quarto e ultimo pianeta, HR 8799b, è anche il primo ad essere stato scoperto, nel 2008. Dista 68 unità astronomiche dalla stella (oltre 10 miliardi di km), ha una massa calcolata in circa 7 masse gioviane e un anno della durata di ben 450 anni terrestri.

Di tutti e quattro i pianeti è stato possibile monitorare finora con immagini dirette un arco molto breve delle loro orbite complete, che durano decenni o addirittura secoli. Tuttavia, quello che si vede nell’animazione montata da Jason Wang è sufficiente per scorgere con assoluta chiarezza il moto dei quattro pianeti e per apprezzare le diverse velocità con le quali, in ragione della loro distanza dalla stella, procede il loro moto orbitale.

Il più veloce appare evidentemente HR 8799e, il più interno dei quattro pianeti, mentre il più lento è HR 8799b, che è anche il più esterno: un rapporto di velocità coerente con la terza legge di Keplero, che afferma che il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta attorno al Sole è proporzionale al cubo della sua distanza media dal Sole (in questo sistema planetario la stella HR 8799 fa ovviamente le veci del Sole, nel senso che occupa uno dei due fuochi delle orbite ellittiche percorse dai suoi pianeti).

Gli astronomi che hanno studiato il sistema planetario di HR 8799 ritengono che i quattro pianeti, per ragioni di stabilità orbitale, possano trovarsi su orbite collegate da rapporti di risonanza secondo lo schema 1:2:4:8. In altre parole, la durata dell’anno di ognuno dei tre pianeti più esterni sarebbe doppia di quella del pianeta immediatamente più interno. Questo schema di risonanza non coincide esattamente con i periodi orbitali riportati più sopra, ma va tenuto conto del fatto che i calcoli orbitali sono ancora relativamente imprecisi, a causa del tempo piuttosto breve — pochi anni terrestri — in cui i moti dei quattro pianeti sono stati tenuti sotto controllo.

Oltre ai quattro pianeti ripresi con immagini dirette, il sistema di HR 8799 potrebbe contenere anche un quinto pianeta, finora sfuggito all’osservazione, situato molto più lontano degli altri dalla stella. La possibilità della sua presenza viene desunta dalla posizione di un enorme disco di detriti, ripreso con il radiotelescopio ALMA, che circonda la stella a una distanza compresa tra 145 e 430 unità astronomiche (una sorta di Fascia di Kuiper di HR 8799, ma più grande di quella esistente nel sistema solare). Il bordo interno del disco è troppo lontano dalla posizione del pianeta più esterno del sistema, HR 8799b, per essere compatibile con interazioni avvenute con tale pianeta. È probabile perciò che, in corrispondenza di quel bordo, vi sia un quinto pianeta, ancora da individuare.

Le probabili orbite dei quattro pianeti di HR 8799, calcolate in base ai migliori dati astrometrici disponibili. Fonte:
arXiv:1604.08157
[astro-ph.EP]

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Michele Diodati
Through the optic glass

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.