La megafauna terrestre del Permiano e gli antenati dei moderni mammiferi

Michele Diodati
Through the optic glass
12 min readJan 20, 2017
Tre pelicosauri: sulla destra un edafosauro, in primo piano a sinistra un ofiacodonte; in secondo piano, sempre a sinistra, un dimetrodonte. Credit: Julius Csotonyi

Il Mesozoico (o Era secondaria) vide la fioritura e la fine dei dinosauri. Diviso in tre periodi, Triassico, Giurassico e Cretaceo, dura un tempo lunghissimo, compreso tra due grandi estinzioni di massa: quella Permiano-Triassica, avvenuta circa 252 milioni di anni fa, e la più recente, quella del Cretaceo-Paleocene, risalente a poco meno di 66 milioni di anni fa.

Fin dalla scoperta dei primi resti fossili, i dinosauri colpirono potentemente la fantasia di adulti e bambini. La saga cinematografica di Jurassic Park è una grande celebrazione moderna, creata con i più sofisticati mezzi digitali, di questa perenne fantasia umana: vedere dal vivo, con i propri occhi, quelle bestie poderose che dominarono la Terra per quasi duecento milioni di anni; interagire in qualche modo con loro anche a costo della propria vita.

Pochi si chiedono, però, quali animali dominarono il pianeta nei milioni di anni immediatamente precedenti l’era dei dinosauri. Ed è un peccato, perché prima dei dinosauri il pianeta è stato abitato da gruppi di animali almeno altrettanto interessanti. Per di più, di questi antichi e poco noti precursori delle specie odierne facevano parte anche quelli che possono essere considerati i diretti antenati dei mammiferi e, quindi, i nostri più stretti parenti in quell’epoca preistorica.

I pelicosauri

Il Paleozoico (o Era primaria) è l’era che precede il Mesozoico. Cominciato nella notte dei tempi, ben 541 milioni di anni fa, è diviso in sei periodi, l’ultimo dei quali, il più recente, è il Permiano, che comincia circa 299 milioni di anni fa e dura poco meno di 50 milioni di anni. Termina con la più grande estinzione di massa di tutti i tempi, la Permiano-Triassica, che vide la scomparsa di circa il 96% di tutte le specie marine, del 70% di tutti i vertebrati terrestri e toccò persino gli insetti (l’unica estinzione di massa finora nota che abbia coinvolto anche gli insetti).

Quali animali erano in cima alla catena alimentare durante il Permiano? Non i dinosauri, ma animali appartenenti a un gruppo differente, quello dei sinapsidi, così chiamati da una parola greca che significa “arcate fuse”. Il termine si riferisce alla conformazione dei lobi temporali del cranio: i sinapsidi si distinguono, infatti, per la presenza di un foro su ciascuna tempia, detto finestra temporale, che forma un’arcata sulla quale si attaccano i muscoli che servono per la masticazione. Tutti i mammiferi, compresi gli umani, possiedono questo foro post-orbitale: quindi noi siamo tecnicamente dei sinapsidi (i dinosauri erano invece diapsidi, perché — come i moderni uccelli — avevano due finestre temporali su ciascun lato del cranio, invece di una soltanto).

Tra la fine del Carbonifero e l’inizio del Permiano i sinapsidi dominanti furono i pelicosauri. A quest’ordine estinto appartenevano diverse specie di erbivori e di carnivori, con dimensioni che variavano da pochi centimetri ad alcuni metri.

Tra i pelicosauri erbivori, uno dei più diffusi fu l’edafosauro, vissuto tra 300 e 280 milioni di anni fa. Aveva nella bocca, oltre ai normali denti, anche una fitta serie di denti simili a mollette per la biancheria, disposti sul palato e nell’interno della mandibola: questi denti interni servivano per macerare i vegetali di cui si nutriva, che venivano masticati muovendo la mandibola avanti e indietro come una macina.

Sono esistite diverse specie di edafosauri, con lunghezze comprese tra mezzo metro e tre metri e mezzo. Il peso, nelle specie più grandi, poteva superare i 300 kg. La caratteristica saliente degli edafosauri era la grande vela dorsale, formata da un tessuto membranoso disteso sui lunghissimi prolungamenti delle vertebre dorsali.

Un altro pelicosauro dotato di vela dorsale fu il dimetrodonte, vissuto tra 295 e 272 milioni di anni fa. A differenza dell’edafosauro, il dimetrodonte era un carnivoro, probabilmente il predatore più potente e pericoloso della sua epoca. Il nome, di origine greca, significa “denti di due misure”. I dimetrodonti possedevano infatti denti simili a incisivi e altri simili a canini. Erano cioè degli eterodonti, come gli umani, con denti specializzati in funzioni diverse: una caratteristica che i rettili in genere (per esempio i coccodrilli) non possiedono, avendo denti di dimensioni diverse ma tutti della stessa forma.

Sono esistite numerose specie di dimetrodonti, con dimensioni che variavano tra un minimo di 60 centimetri e un massimo 4,6 metri. Il peso poteva raggiungere i 250 kg.

Studi recenti sulla conformazione dei prolungamenti spinali delle vertebre dorsali dei dimetrodonti indicano che probabilmente l’estremità ossea non era ricoperta dalla vela. Sicuramente, però, la vela ricopriva buona parte di questi spuntoni ossei, fornendo un primitivo ma efficace sistema di termoregolazione. Secondo la teoria più accreditata, gli animali del Permiano dotati di vela dorsale esponevano un fianco al Sole per innalzare la temperatura corporea, mentre si ponevano di fronte al Sole quando volevano abbassare la temperatura, riducendo così al minimo la superficie della vela esposta ai raggi solari.

Un altro pelicosauro molto diffuso tra il tardo Carbonifero e il Permiano fu l’ofiacodonte, il cui nome vuol dire “denti di serpente”. Gli ofiacodonti avevano lunghezze che variavano tra 1,6 e 3 metri e peso compreso tra 26 e 230 kg. La caratteristica saliente di questi animali era il cranio affusolato che poteva raggiungere anche i 50 cm di lunghezza. La bocca era armata con lunghe file di piccoli denti.

I terapsidi

Verso la metà del Permiano i pelicosauri scomparvero, sostituiti dai terapsidi, che evolsero da un gruppo di pelicosauri chiamato sfenacodonti, dotati di mascelle eccezionalmente potenti.

I terapsidi possedevano caratteristiche più simili a quelle dei mammiferi moderni. La loro finestra temporale era più larga di quella dei pelicosauri. I loro arti inferiori non erano più laterali come quelli dei rettili, ma si sviluppavano in verticale. Erano eterodonti, con tre diversi tipi di denti: incisivi, canini e molari. Alcune specie erano probabilmente ricoperte di pelo e a sangue caldo.

I primi terapsidi a diffondersi largamente a spese dei pelicosauri furono i dinocefali, il cui nome significa “teste terribili”. L’origine del nome si deve al fatto che il cranio di questi animali presentava creste, protuberanze e ispessimenti ossei, che servivano probabilmente per combattimenti testa a testa per il predominio e il corteggiamento.

Tra i dinocefali vi erano specie erbivore e carnivore. Gli erbivori furono tra gli animali più grandi della loro epoca. Potevano arrivare fino a cinque metri di lunghezza e al peso di due tonnellate. I dinocefali carnivori più grandi raggiungevano la stessa lunghezza, ma il peso non superava la mezza tonnellata. I loro crani grossi e pesanti misuravano anche 80 centimetri di lunghezza e la bocche erano armate di lunghi denti appuntiti simili a canini. Gli incisivi superiori avevano la caratteristica di incastrarsi con quelli inferiori, così da lacerare il cibo come delle cesoie.

I dinocefali ebbero il loro periodo di splendore tra 272 e 260 milioni di anni fa. Poi scomparvero più o meno all’improvviso senza lasciare discendenti. La causa della loro estinzione è ignota.

Uno dei dinocefali più rappresentativi fu l’estemmenosuco, il cui nome — anche questo di origine greca — significa “coccodrillo con la corona”. Gli estemmenosuchi avevano infatti un cranio “decorato” da protuberanze simili a corna, di cui due frontali, ramificate, e due laterali (una struttura che ricorda vagamente quella delle moderne alci). Erano animali onnivori che si nutrivano di vegetali ma all’occorrenza anche di carogne. Vissero intorno a 267 milioni di anni fa e se ne conoscono due specie: Estemmenosuchus mirabilis e E. uralensis. Avevano un corpo massiccio e compatto, il che ha fatto supporre agli studiosi che gli estemmenosuchi fossero degli ectotermi (cioè degli animali a sangue freddo) che regolavano la temperatura corporea grazie alla gigantotermia. Con questo termine si intende la capacità di conservare a lungo il calore interno, tipica di ectotermi dotati di corpi voluminosi, ma allo stesso tempo con una superficie ridotta da cui dissipare il calore.

Un branco di estemmenosuchi. L’animale che si trova nel fiume è un eotitanosuco. Credit: Julius Csotonyi

Un’importante famiglia di dinocefali fu quella dei tapinocefalidi, rappresentata da una moltitudine di erbivori, i cui resti sono stati trovati soprattutto in Sudafrica. I tapinocefali, il cui nome significa “testa umile”, erano caratterizzati da un corpo tozzo e massiccio a forma di botte e da un cranio senza protuberanze, ma eccezionalmente spesso. L’ispessimento della volta cranica, che arrivava nei tapinocefali anche a dieci centimetri, è un fenomeno biologico comune anche in animali moderni come i lamantini e i dugonghi e prende il nome di pachiostosi, cioè “ossa spesse”. Tra i tapinocefalidi più rappresentativi vi fu l’ulemosauro, i cui resti furono trovati in Russia. Era una specie di grosso e tozzo erbivoro, che poteva raggiungere i tre metri di lunghezza e i 700 kg di peso. La conformazione degli incisivi suggerisce comunque che potesse cibarsi all’occorrenza anche di carne.

Uno dei più terribili predatori terapsidi fu l’eotitanosuco, il cui nome vuol dire “coccodrillo gigante delle origini”. Fu un animale di grandi dimensioni, ma — a dispetto del nome — non proprio un titano: dai resti di un esemplare giovanile, si desume che un eotitanosuco adulto potesse avere un cranio lungo circa un metro e una lunghezza complessiva massima di sei metri: più o meno come un grande coccodrillo contemporaneo. Era dotato di denti lunghi e affilati come sciabole e probabilmente le sue prede preferite erano gli estemmenosuchi. È probabile che l’eotitanosuco vivesse in zone paludose ed attaccasse le sue prede sbucando improvvisamente dall’acqua. Le sue caratteristiche morfologiche sono uno strano miscuglio di elementi tipici dei rettili ed altri propri dei mammiferi.

Un cranio fossile di ulemosauro. Credit: Gondwana Studios

Gorgonopsidi e listrosauri

I dinocefali furono gradualmente sostituiti dai teriodonti, nome che significa “denti da bestia”. L’appellativo, più che un’offesa, è un riferimento al fatto che i teriodonti, comparsi intorno a 265 milioni di anni fa, furono, tra i terapsidi, i rettili tra tutti più simili ai mammiferi. Deponevano ancora le uova, ma le mascelle, la grandezza dei denti, le ossa dell’orecchio interno, lo sviluppo del cranio, la finestra temporale e il palato assomigliavano molto a quelli dei moderni mammiferi (che sono, in effetti, discendenti dei teriodonti).

Questo sottordine di rettili-mammiferi si differenziò in tre gruppi: gorgonopsi, terocefali e cinodonti.

Ai gorgonopsi (“faccia di Gorgone”) appartenevano i più temibili predatori del Permiano superiore. Questi animali avevano sviluppato, oltre alle già citate caratteristiche proprie dei mammiferi, anche il palato a volta, che permetteva loro probabilmente di continuare a respirare mentre tenevano le fauci serrate sulla preda. Un’altra caratteristica saliente dei gorgonopsi erano le potenti zampe posteriori, che consentivano loro di sollevarsi come orsi e di sferrare veloci attacchi con la tecnica dell’agguato, usando le zampe anteriori per afferrare.

Uno scheletro fossile di inostrancevia. Credit: Gondwana Studios

Tra i gorgonopsi, il predatore più grande e pericoloso fu di certo l’inostrancevia, che deve lo strano nome al geologo russo Aleksandr Inostrantsev. Poteva raggiungere i tre metri e mezzo di lunghezza. Aveva il corpo lungo e affusolato, ma zampe corte e tozze, come corta era anche la coda. Il cranio, stretto e lungo, misurava fino a 60 centimetri. La caratteristica più impressionante di questo formidabile predatore erano i canini a sciabola, lunghi anche 15 centimetri (compresa la radice del dente). Tra le prede preferite dell’inostrancevia vi erano grossi erbivori come i pareiasauri.

Un altro predatore del Permiano superiore fu il dinogorgon (“gorgone terribile”), che può essere considerato una versione ridotta dell’inostrancevia. Misurava al massimo due metri di lunghezza e il cranio poteva raggiungere i 32 centimetri. Resti di dinogorgon sono stati trovati soprattutto in Tanzania e Repubblica Sudafricana.

Due dinogorgon si contendono una carcassa. Credit: Julius Csotonyi

Tutti i gorgonopsi scomparvero nella grande estinzione di massa tra il Permiano e il Triassico, ma non tutti i terapsidi. Alcuni sopravvissero, come i listrosauri e i cinodonti.

I listrosauri appartenevano a un grande gruppo di terapsidi, l’infraordine dei dicinodonti (“due denti da cane”), che fiorì tra il medio Permiano e il Triassico superiore, all’incirca tra 265 e 215 milioni di anni fa. Il nome listrosauro significa “lucertola dalla pala” e fa riferimento a una delle caratteristiche anatomiche di questo animale: una sorta di becco ricurvo, simile a quello delle tartarughe, usato probabilmente per strappare le piante di cui si nutriva. Dal muso corto e tozzo del listrosauro spuntavano due grosse zanne: la forma tipica che i canini superiori avevano assunto nei dicinodonti. Tozzo e voluminoso era anche il resto del corpo di questo erbivoro, che per forma e dimensioni poteva ricordare quello di un maiale.

I listrosauri, le cui dimensioni variavano tra 60 centimetri e due metri e mezzo, erano con buona probabilità endotermi, cioè animali a sangue caldo. Ciò per cui sono importanti e meritano di essere ricordati è l’incredibile diffusione che raggiunsero in tutto il pianeta dopo la grande estinzione del Permiano-Triassico. I loro resti fossili, trovati in tutto il mondo e persino in Antartide, sono una delle migliori prove a sostegno della teoria della deriva dei continenti. Nel Triassico vi era, infatti, un unico super-continente, la Pangea, che i listrosauri colonizzarono massicciamente, arrivando a costituire il 95% di tutte le specie di vertebrati terrestri. Mai, in nessun altro periodo della storia della vita sulla Terra, un singolo genere di vertebrato ha raggiunto un simile grado di predominanza su tutti gli altri.

Scheletro fossile di listrosauro. Credit: Ghedoghedo / Staatliches Museum für Naturkunde Stuttgart

Perché proprio i listrosauri siano sopravvissuti con tanto successo alla più grande estinzione mai verificatasi resta un enigma della paleontologia per il quale non esiste ancora una risposta soddisfacente. Occorsero molti milioni di anni all’inizio del Triassico affinché i vari ecosistemi potessero risollevarsi dagli effetti dei cataclismi che avevano causato la grande estinzione (probabilmente innescata da una serie di mega-eruzioni di vulcani in quella che è l’odierna Siberia). Durante quei milioni di anni, in cui i mari avevano raggiunto temperature di 40 °C e l’aria era tossica, con poco ossigeno e moltissima anidride carbonica, i listrosauri trovarono il modo di prosperare. Forse il loro successo dipese da particolarità anatomiche possedute solo da loro, forse dalla mancanza di predatori. O forse fu solo fortuna.

I cinodonti

E la fortuna non mancò neppure ai cinodonti, anch’essi terapsidi e, per noi mammiferi moderni, ancora più importanti dei listrosauri. Il sottordine dei cinodonti (“denti da cane”) si affermò con alcune specie alla fine del Permiano e riuscì a sopravvivere alla terribile estinzione di massa tra il Permiano e il Triassico.

Un branco di listrosauri. Il piccolo animale sullo spuntone di roccia a sinistra è un cinodonte, l’antenato più prossimo dei mammiferi. Credit: Julius Csotonyi

In un mondo che stentava a riprendersi dopo l’immane catastrofe, i cinodonti si diffusero quasi ovunque, producendo un numero molto elevato di specie, a testimonianza del loro successo evolutivo. Diedero origine a due gruppi principali: i cinognati e i probainognati.

I cinognati (“mascella da cane”) erano temibili predatori, lunghi fino a 1,2 metri, con un corpo forte e massiccio, testa grande e larga e denti affilati. Avevano denti ben differenziati ed erano in grado di respirare e tener ferma la preda nelle fauci contemporaneamente. Le zampe posteriori erano poste verticalmente sotto il corpo come quelle dei mammiferi, ma la zampe anteriori erano divaricate, dando loro un’andatura ancora simile a quella dei rettili.

Il probainognato (“mascella progressiva”), vissuto tra 247 e 200 milioni di anni fa, era anch’esso un predatore carnivoro, ma molto più piccolo dei cinognati. Nei suoi pochi centimetri di lunghezza racchiudeva però molte delle caratteristiche peculiari dei mammiferi moderni. Aveva bulbi olfattivi ben sviluppati e denti ben differenziati. Alcune ossa della mandibola erano ormai migrate posteriormente, formando il martello, l’incudine e la staffa, i tre ossicini tipici della struttura dell’orecchio interno dei mammiferi. Possedeva probabilmente baffi intorno alle narici ed era ricoperto di peli. Alcuni indizi anatomici indicano infine che fosse un animale a sangue caldo.

Il probainognato era insomma quanto di più simile ci fosse, nell’epoca dei rettili-mammiferi, a un mammifero vero e proprio. Studi recenti hanno dimostrato, in effetti, che le differenze tra i cinodonti e i primi mammiferi completi, evolutisi intorno a 225 milioni di anni fa, sono davvero ridotte.

Ricostruzione di un cranio di Probainognathus jenseni. Credit: Glenn T. Drewes

In conclusione, anche noi umani siamo discendenti dei cinodonti. Come mammiferi moderni, possiamo così vantarci di provenire da una linea evolutiva che, a partire dai rettili-mammiferi del Permiano, grazie a una straordinaria capacità di adattamento e a una dose non trascurabile di fortuna, è sopravvissuta a ben due estinzioni di massa: quella del Permiano-Triassico e quella del Cretaceo-Paleocene, che cancellò i dinosauri dalla faccia della Terra.

Sembra, addirittura, che le estinzioni di massa abbiano fatto bene ai cinodonti e ai loro lontani discendenti: se quella del Permiano-Triassico permise ai cinodonti di prosperare in un mondo in cui non c’erano più concorrenti, la successiva grande estinzione permise ai mammiferi moderni di subentrare ai dinosauri al vertice della catena alimentare, occupando una posizione di privilegio che detengono ancora oggi saldamente e che difficilmente perderanno. Almeno fino alla prossima estinzione di massa.

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Michele Diodati
Through the optic glass

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.