Pitagora V - Ippaso, l’incommensurabile e il crollo della scuola

Dioniso
Through the optic glass
6 min readMay 2, 2016
Ippaso di Metaponto

Nel capitolo precedente dicevamo che i pitagorici giunsero alla conclusione di poter comprendere l’Universo attraverso la decifrazione delle proprietà dei numeri e che tale conclusione spinse i pitagorici a impegnarsi in una ricerca ossessiva di quelle proprietà. La scuola, attraverso derive poco scientifiche, secondo la nostra definizione moderna, assunse quindi lentamente anche le sembianze di una sorta di setta di numerologi ma il risvolto positivo di questa trasformazione fu la scoperta di diverse proprietà dei numeri che quella ricerca ossessiva produsse.

Questo assetto della scuola funzionò senza grosse variazioni fino al giorno in cui un adepto della scuola si accorse della presenza di un grosso problema. E del fatto che quel problema si annidava proprio dentro il teorema del Maestro. Dentro il teorema di Pitagora!

Ma chi era questo adepto? E che cosa trovò di tanto sconvolgente da far vacillare le fondamenta della scuola?

Forse per capirlo meglio dovremmo partire da una storia raccontata da Aristosseno di Taranto (IV secolo a.C.). La storia di Aristosseno si riferisce anch’essa alla più grande scoperta dei pitagorici. Quella narrata nel capitolo precedente. In cui i pitagorici si accorsero che fenomeni acustici percepiti dal nostro orecchio sono correlati al rapporto tra grandezze fisiche dei corpi che producono i suoni; e che tali suoni sono a loro volta descritti attraverso rapporti matematici tra numeri. Abbiamo visto che la tradizione tramandata da Giamblico (245–325 d.C.) ambienta tale scoperta nella bottega di un fabbro di Crotone. E vuole che Pitagora si sia accorto di questa relazione tra suoni e numeri ascoltando le martellate che provenivano dalla bottega. Solo che, come abbiamo visto, per quanto narrativamente efficace, la storia di Giamblico contiene errori oggettivi. La stessa cosa non si può dire invece per la storia di Aristosseno: essa non contiene errori e fornisce una narrazione alternativa in cui il protagonista della scoperta non sarebbe Pitagora, bensì Ippaso di Metaponto.

Dischi di bronzo

Secondo questa storia Ippaso, uno dei migliori allievi della scuola pitagorica, avrebbe costruito uno strumento usando quattro dischi di bronzo di uguale diametro e spessore diverso. E provate a indovinare in che modo fossero correlate le differenze di spessore? Ebbene sì, sempre attraverso loro: i rapporti tra i primi quattro numeri. Lo spessore del primo disco era quindi 4/3 di quello del secondo, 3/2 di quello del terzo e due volte quello del quarto. Ippaso avrebbe quindi appeso i quattro dischi a quattro corde e avrebbe verificato che, se percossi, essi emettevano suoni consonanti. Come dicevamo, questo esperimento è corretto e ripetibile da un punto di vista fisico. Infatti la frequenza di oscillazione di un disco è direttamente proporzionale al suo spessore.
Ma allora chi fu a scoprire che i fenomeni acustici sono descrivibili attraverso rapporti matematici tra numeri? Pitagora nella bottega del fabbro, come riporta Giamblico? Oppure Ippaso con i suoi dischi di bronzo, come racconta Aristosseno?
A voi l’ardua sentenza.
Quello che possiamo dire oggi è che quella correlazione tra dimensioni fisiche e suoni era probabilmente già nota da tempo. Ai costruttori e agli accordatori di lire ad esempio. Essi dovevano avere, se non altro, una conoscenza applicativa di tale correlazione. Altrimenti come avrebbero costruito e accordato quegli strumenti? Ma ciò che probabilmente mancava loro era la consapevolezza della profondità e della vastità di tale correlazione. Un po’ come le antiche civiltà che possedevano una conoscenza applicativa del teorema di Pitagora e di altri risultati senza comprenderne appieno la portata teorica. E così come nel caso del teorema di Pitagora anche per questa correlazione furono i pitagorici che per primi cominciarono a intravedere la profondità e l’ampiezza di tale scoperta.

Ma tornando alla domanda su Ippaso e l’altra scoperta, quella del grande problema che citavamo all'inizio: che cosa scoprì esattamente questo giovane adepto? Ecco, parrebbe che Ippaso sia stato il primo ad accorgersi dell’esistenza di un oggetto non misurabile attraverso un numero.
E allora? - direte.
Be’, alla base della dottrina e del motto dei pitagorici, Tutto è Numero, c’era proprio l’idea che qualsiasi oggetto esistente in natura potesse essere misurato e quindi espresso attraverso un numero. Ma se un giorno qualcuno ti mostra un oggetto non misurabile attraverso un numero allora tutta la tua teoria crolla. Perché non è più vero che qualsiasi oggetto esistente in natura può essere misurato.

E allora che fai? Chiudi scuola e dici: scusate, tutta la nostra teoria era sbagliata? (Un po’ come fece Gottlob Frege più di due millenni dopo cestinando anni e anni di lavoro quando il giovane Bertrand Russell gli mostrò un semplice paradosso che evidenziava un buco nella sua teoria). Certo, ci vuole un bel coraggio e tanta onestà intellettuale. E sembra che i pitagorici non ne ebbero abbastanza di coraggio e onestà. La tradizione ci racconta infatti che decisero di mantenere segreta la scoperta.
Be’, non è una sorpresa - direte. Visto che tutte le attività e gli insegnamenti che occorrevano all’interno della scuola erano mantenuti strettamente segreti e chi infrangeva la regola veniva dichiarato addirittura morto. Ma pare che in questo caso i pitagorici si spinsero un po’ oltre facendo sconfinare dall'ambito virtuale quella dichiarazione di morte. Sempre il solito Giamblico infatti ci racconta che Ippaso, dopo la scoperta dell’oggetto incommensurabile e dopo il suo rifiuto di mantenere la segretezza di tale scoperta, venne condannato a morte per annegamento.
Prendendo per vera questa versione si può concludere che i pitagorici reagirono in modo poco scientifico — almeno secondo l’accezione moderna del termine — in quanto imposero il silenzio di fronte a una scoperta che avrebbe falsificato la loro teoria, ma allo stesso tempo la loro reazione non sconfinò troppo nella “ascientificità”, in quanto non si misero a inventare una spiegazione ad hoc per risolvere il problema come spesso succede in ambiti non scientifici. Ad ogni modo, visto il rifiuto di Ippaso nel mantenere la segretezza, la teoria del Tutto è Numero, che era poi un vero e proprio culto, ne uscì fuori totalmente demolita. Probabilmente questo è il prezzo che si paga quando, forse unico caso nella storia dell’umanità, si fonda una mistica solo su elementi razionali.

Ma ora vi chiederete sicuramente qual era l’oggetto non misurabile attraverso un numero che Ippaso scovò.

Diciamo che anche questa è una domanda ancora aperta. Ho scritto che quel problema si annidava proprio dentro il teorema del Maestro. E questo è vero. Ma in realtà quello che non sappiamo è se Ippaso trovò quell'oggetto proprio lì tra i triangoli rettangoli o da qualche altra parte. Esistono infatti diverse narrazioni e ipotesi in merito. Ma questo lo vedremo nella seconda parte.

… continua …

Se poi qualcuno volesse leggere l’episodio, tratto da un frammento del libro che il giovane pitagorico Fulivao scrisse basandosi sulle memorie narrategli dal maestro pochi giorni prima della sua dipartita verso i Campi Elisi, in cui Ippaso con i suoi dischi di bronzo e Teano con delle corde approfondiscono la relazione tra musica e numeri non ha che da cliccare qui.

Oppure, chi volesse invece conoscere la versione più approfondita e sapere come andarono le cose direttamente dalla voce di Pitagora, può leggere Il mistero del suono senza numero oppure La Musica dei Numeri e La musica dell’irrazionale.

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Dioniso
Through the optic glass

Che cosa siamo se non le brutte copie delle nostre storie?