Come possono i trattamenti longevisti essere disponibili per tutti?

Quale sarà l’impatto sociale dei farmaci e delle terapie di estensione della vita sana? Christopher Wareham, docente di etica, riflette perchè e come le tecnologie longeviste dovrebbero essere accessibili a tutti al di là delle differenze di reddito.

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TECNOETICA
6 min readAug 23, 2017

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Autore: Christopher Wareham

La ricerca sull’invecchiamento biologico suggerisce che un giorno l’uomo potrebbe essere in grado di prolungare la giovinezza e di posticipare la morte. Quando arriverà quel tempo, l’estensione della giovinezza potrebbe diventare un privilegio dei ricchi, aggiungendo così altra devastante iniquità a un mondo già diviso tra chi ha e chi non ha.

Questa differenza di vita sana è già crudamente presente all’interno e tra le nazioni. Negli Stati Uniti, il divario dell’aspettativa di vita tra le province più ricche e quelle più povere è di circa 15 anni; un divario simile, come speranza di vita sana alla nascita, esiste pure tra i borghi di Londra. Il gap globale della salute è ancora maggiore. Si prevede che un giapponese abbia una prospettiva di circa 30 anni più sani rispetto a un abitante della Sierra Leone. E’ probabile che tali divari aumentino se le tecnologie efficaci di estensione della vita raggiungeranno il mercato.

La capacità di rallentare l’invecchiamento, già dimostrata negli animali, ha probabilmente contribuito alla lunga vita sana nel paese di Okinawa dove c’è una popolazione giapponese con una delle più alte proporzioni di centenari del mondo. In linea con gli studi su altre specie, gli abitanti di Okinawa sembrano seguire una stretta dieta a basso contenuto calorico con una sana assunzione di sostanze nutritive. Alcuni di questi abitanti studiati grazie al Okinawa Centenarian Study consumavano in media circa il 15 per cento in meno di calorie rispetto a un americano ordinario del 1971.

Secondo una stima, estrapolando dagli studi sui topi, la restrizione calorica potrebbe avere una durata media di circa 100 anni e una durata massima di 160 anni. La ricerca sulla restrizione calorica è sufficientemente promettente al punto che la Caloric Restriction Society formata negli Stati Uniti supporta persone impegnate in diete basate sulla restrizione calorica limitando le calorie di ben il 40 per cento.

Ma è improbabile che diete esigenti di questo tipo ottengano un ampio seguito. Non è sorprendente quindi che la ricerca sta indirizzandosi su farmaci che avranno gli stessi o maggiori effetti biologici della restrizione dietetica. GlaxoSmithKline e Google sono aziende che hanno investito somme imponenti nella ricerca sul rallentamento dell’invecchiamento.

Nel flusso di report sensazionalisti su tali sviluppi, le questioni etiche tendono però ad essere spinte al margine. Una delle obiezioni più forti (ma certamente non l’unica) all’utilizzo di tali tecnologie è che peggiorerebbero le disuguaglianze esistenti nella durata di vita sana sulla linea di distribuzione del benessere esistente.

Anche se i farmaci longevisti fossero relativamente economici, è ragionevole supporre che i poveri, con un reddito basso, siano in grado di spendere denaro solamente su bisogni più immediati e urgenti. Un intervento i cui benefici, sebbene sostanziali, siano lunghi e preventivi, è più probabile che sia commercializzabile per gruppi più benestanti che hanno già una più lunga e sana durata di vita sana. Il “ricco in salute” diventerebbe più ricco mentre il povero subirebbe un “peggioramento della salute”. Tutto ciò potrebbe rafforzare una società a due livelli in cui i gruppi più poveri soffrono non solo dalla povertà, ma anche di una giovinezza relativamente più breve e di una maggiore vulnerabilità alle malattie legate all’età.

Il bioetico John Harris dell’Università di Manchester sostiene che questo risultato ingiusto è “il problema etico principale delle tecnologie longeviste”.

Alcuni bioetici sostengono che ciò giustifichi il divieto delle tecnologie di prolungamento della vita, o almeno una deprioritizzazione della ricerca e delle terapie volte sostanzialmente a estendere gli aspetti umani della durata vitale. Ma questa mossa sarebbe troppo pesante. Oltre ai problemi pratici dovuti ai divieti polizieschi e all’impedire prodotti non regolamentati, il proibizionismo ha alcuni evidenti inconvenienti etici.

In primo luogo, la messa al bando di farmaci per la longevità sarebbe un’istanza etica discutibile di “livellamento verso il basso”. Mentre altri divieti, come quello sulle droghe, potrebbero aiutare a ridurre i danni delle sostanze vietate, il divieto di estendere la vita sana mira esplicitamente a impedire che alcune persone si trovino troppo bene. Come dice Harris, ciò sarebbe come rifiutare di curare il cancro a una persona perché ingiusto nei confronti di coloro che sono incurabili.

Un secondo problema etico con il divieto è che gli interventi di estensione della vita sana potrebbero avere una serie di effetti salutari. Gli esseri umani e altri primati che mostrando segni di invecchiamento rallentato tendono ad avere bassa incidenza di malattie cardiovascolari, diabete e cancro. Ciò complica ulteriormente il divieto: negare l’opportunità di ricevere trattamenti longevisti perché potrebbero portare ad un miglioramento troppo elevato di salute appare profondamente deplorevole.

La proibizione sarebbe dunque una cattiva opzione, ma se è una priorità evitare una diseguaglianza radicale nella vita sana, quali politiche sarebbero più efficaci per raggiungere tale obiettivo? C’è un modo per aumentare il benessere senza creare squilibri drastici nella sanità?

I bioetici come Colin Farrelly alla Queen’s University in Ontario e Tom Mackey presso il Georgetown University Law Center hanno sostenuto che devono essere i servizi sanitari pubblici a fornire farmaci longevisti. Ciò dovrebbe, come affermano, favorire una società più equa. Inoltre, c’è una ragione economica per dare priorità al rallentamento dell’invecchiamento: combattere le malattie legate all’età significa liberare le persone da malattie costose per il maggior periodo della loro vita.

Di conseguenza, i biodemografi e gerontologi come S. Jay Olshansky, presso l’Università dell’Illinois, affermano che le tecnologie longeviste ridurranno l’onere sociale dell’invecchiamento. La possibilità di ridurre le malattie legate all’età e la diminuzione della disuguaglianza rende la fornitura pubblica un’assoluta priorità nel mondo sviluppato. Ma le tecnologie che prolungano la vita darebbero vantaggi simili e ridurrebbero la disuguaglianza sanitaria tra le nazioni ricche e il mondo in via di sviluppo? In molti casi no. Ciò è dovuto al fatto che l’impatto di un farmaco che estende la vita dipende da fattori che contribuiscono alla morte precoce. Nello Swaziland , per esempio, le morti premature sono comunemente legate a fattori quali l’HIV / AIDS. Se la gente muore prima dell’età matura, fornire farmaci che rallentano l’invecchiamento non ridurrà le disparità.

D’altra parte, anche nei paesi in via di sviluppo, i metodi per prevenire e curare le malattie legate all’età sono sempre più importanti. Una report del Lancet sottolinea che l’onere delle malattie nelle nazioni a basso e medio reddito è sempre più legato all’età. Con il calo della mortalità infantile, il numero di persone che vivono per diventare più suscettibili alle malattie legate all’età sta crescendo rapidamente. Ciò significa che l’accesso a interventi che rallentino l’invecchiamento biologico beneficerebbe molte persone nel mondo in via di sviluppo. Le disuguaglianze sanitarie potrebbero essere ridotte posticipando e riducendo la frequenza delle malattie legate all’età.

Mentre le priorità sanitarie variano tra nazioni, le preoccupazioni del sistema sanitario sollevate dal rapido invecchiamento sociale sono sempre più condivise. Ciò significa che le nazioni più ricche e più povere possono entrambe beneficiare di tecnologie che rallentino l’invecchiamento. La proibizione di tali tecnologie sarebbe un vero disastro e un’occasione perduta per eliminare le malattie legata all’età e migliorare la salute in tutto il mondo.

L’articolo originale è stato pubblicato su Aeon. Traduzione a cura di Transcendo.

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