L’espansione esoterrestre è un imperativo morale per l’Umanità. Intervista ad Adriano Autino

Possiamo affrontare in modo lungimirante e responsabile le questioni epocali e globali del nostro tempo, da quelle ecologiche a quelle sociali, da quelle tecnologiche a quelle economiche, con una prospettiva unicamente “terrestre”? Per Adriano Autino, autore del saggio “Un Mondo più grande è possibile”, la frontiera spaziale e cosmica non è tanto un’ enorme sfida scientifico-tecnologica quanto la questione morale che riguarda la sopravvivenza, lo sviluppo culturale e materiale, e il destino stesso della civiltà umana.

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TECNOETICA
10 min readMar 2, 2019

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Intervista a cura di Transcendo

Nel tuo saggio si espongono molte argomentazioni a sostegno dell’esplorazione e colonizzazione umana extraterrestre considerate non tanto come una questione tecnologica, quanto soprattutto una questione etica — in altre parole non dovremmo concentrarci sul “se possiamo”, ma sul “perchè dovremmo” espandere la civiltà umana oltre il nostro pianeta madre. Puoi dirci allora qual è la principale ragione morale che dovrebbe spingerci a scommettere con determinazione sull’apertura della frontiera spaziale esoterrestre?

La risposta è relativamente semplice. Siamo quasi otto miliardi di esseri umani, sulla superficie del pianeta che ha allevato la nostra specie fino al punto attuale. Il nostro sviluppo culturale ha spinto lo sviluppo numerico ed industriale ad un livello che non è più sostenibile con le risorse materiali ed energetiche di questo pianeta. Questo stato di cose è alla base della crisi epocale in corso da una quarantina d’anni, con picchi negativi e risalite effimere. Il problema viene generalmente sottovalutato, oppure contrastato mediante strategie superficiali, che attaccano un solo aspetto della crisi, o addirittura solo qualche sintomo. Alcuni esempi: il patetico tentativo di contrasto del supposto global warming, come se fossimo davvero in grado di intervenire — peraltro senza alcuna certezza scientifica — sul loop di controllo della temperatura planetaria, di cui ignoriamo del tutto i parametri, per non parlare dell’algoritmo naturale che lo governa. Oppure il patetico annaspare verso una stabilità demografica, senza renderci conto che la crescita nunerica è funzionale al progresso della civiltà, al buon andamento (crescita) dei mercati e dell’economia, dalla quale dipendono praticamente tutti gli altri indicatori sociali. Il non comprendere che la stabilità demografica è impossibile: la disperazione sociale e la paura del futuro uccidono l’amore… ma anche la democrazia, l’etica e la libertà… Il non comprendere che la decrescita, demografica ed in generale, sarebbe un’ulteriore tragedia, e porterebbe comunque all’implosione della civiltà.

Dunque, sia la continuazione della crescita nel mondo chiuso, sia la decrescita porterebbero all’implosione della civiltà. Stephen Hawking indica saggiamente l’espansione nello spazio esterno come unica soluzione per permettere alla civiltà di continuare a progredire. Gianroberto Casaleggio invece, nel suo delirio, inneggiava a un prossimo conflitto globale, il che consentirebbe al miliardo superstite di creare la democrazia utopica perfetta, mediante la rete (!). Due visioni lucide, comunque: una seria e consapevole, l’altra criminale ed assurda: la rete vive grazie a milioni di server, nodi di rete che la propagano… morti sette miliardi di umani, morirebbero gran parte dei nodi di rete, e la stessa tecnologia che li sostiene!

Dunque, se non diamo inizio ad una vera espansione civile nello spazio esterno, saremo complici di un genocidio dalle dimensioni enormi.

Questa è la questione morale del nostro tempo.

E di tempo non ne rimane molto: i problemi sociali, di risorse, ed ambientali che già sperimentiamo non potranno che aumentare ulteriormente, quando saremo 10 o 12 miliardi… e così le guerre ed i conflitti armati in generale, figli della paura sociale in aumento, e delle spinte alla chiusura ostile che essa genera.

La finestra favorevole all’espansione dell’umanità in una nicchia ecologica più grande potrebbe chiudersi in pochi decenni.

Chi non si batterà decisamente a favore dell’espansione, sarà complice di quello che sarà un vero e proprio salto indietro di millenni, nella scala evolutiva.

I traumi globali che interessano il mondo odierno sono chiari: esaurimento delle risorse, cambiamento climatico, invecchiamento della popolazione, flussi migratori, etc… Queste dinamiche travolgenti devono indurci a pensare con schemi mentali e culturali innovativi in grado di proporre soluzioni efficaci e radicali che vadano a beneficio di tutti e non solo di oligarchie o élites. Può l’eso-sviluppo spaziale, delineato nel tuo libro, contribuire a risolvere queste grandi sfide del nostro tempo dischiudendo un futuro più equo e sostenibile per tutti? Quali prevedi saranno i maggiori vantaggi materiali e ricadute umanitarie che potranno essere ottenuti con l’espansione della civiltà umana nel sistema solare?

Non possiamo pensare che l’espansione civile nello spazio risolva tutti i problemi nel giro di pochi anni. I problemi ambientali persisteranno, gli scompensi climatici, la piaga dell’inquinamento del mare, non spariranno certo in poco tempo. Tuttavia, fin dai primi passi del processo di industrializzazione orbitale si vedranno due cambiamenti decisivi. In primo luogo l’economia globalizzata tornerà a crescere a due cifre, trainata da quei Paesi che avranno saputo prendere la leadership del processo di sviluppo. Si allevieranno i problemi di risorse, e quelli energetici. In secondo luogo, e questo sarà determinante, si riaccenderà la speranza nel futuro, i giovani avranno nuove potenti motivazioni per intraprendere studi e nuove imprese, in qualsiasi campo. Gli artisti fiuteranno il vento con grande anticipo, e daranno vita a quella nuova fase del Rinascimento, che noi di Space Renaissance stiamo cercando di innescare da tanti anni… Tutto questo soltanto pensando all’economia terrestre. Ma nel frattempo, con l’industrializzazione della regione geo-lunare, avrà inizio un’altra economia, quando la frontiera comincerà a produrre per se stessa, per il proprio mercato in sviluppo, utilizzando le risorse lunari, asteroidee, e l’enorme quantità di energia solare, che si può raccogliere 24/24h, 365/365 giorni l’anno. Fuori dal pozzo gravitazionale terrestre, le comunità orbitali e lagrangiane cominceranno a ragionare in tre dimensioni, ed a concepire nuove idee, nuovi progetti, sfruttando le maggiori facilità offerte dallo spazio: l’assenza di gravità, che consente tecniche di manufactoring impensabili a terra; l’assenza di attrito atmosferico, che consente di viaggiare, data una spinta iniziale, praticamente a costo zero; il vuoto assoluto, che in presenza di atmosfera è molto costoso da produrre; l’assenza di gravità, la possibilità di costruire in volume anziché in superficie, in assenza di usura delle parti meccaniche per attrito; l’abbondanza di luce continua; le temperature bassissime ed altissime praticamente gratuite, sfruttando semplicemente l’esposizione e la non esposizione alla loce solare. Ed ho elencato soltanto le facilità più ovvie.

Secondo gli scienziati siamo entrati nell’Antropocene ossia in una nuova epoca in cui la civilizzazione umano-tecnologica ha raggiunto un livello tale da diventare anche una forza tellurico-geologica predominante che agisce su scala planetaria. Ciò implica che l’Uomo non è più da tempo un animale tra tanti ma è diventato ormai, volente o nolente, responsabile della biosfera e delle sue creature nonché appunto dell’ecosistema terrestre. Ciò rende anche urgente affrontare problemi ecologici dovuti all’impatto delle attività umane sulla biosfera e problemi sociali causati dalla gestione di risorse scarse in un contesto di sovrappopolazione. Possiamo dire che l’Opzione Spaziale rappresenterebbe una risposta intelligente e un motore potente per un Antropocene benevolo tale da rivoluzionare il nostro paradigma economico — industriale e rafforzare una conversione ecologica — sociale sostenibile dello sviluppo tecnoumano?

Sì, possiamo dirlo, senza timore di smentite. Il discorso sulla sostenibilità, che nel mondo chiuso rimane un pio desiderio, o peggio una ninna nanna per accompagnare l’eutanasia della nostra specie, in una prospettiva espansionistica diventa invece perfettamente realistico. Non potremo comunque mai pensare che la sostenibilità assuma carattere scientifico, cioè misurabile. Quindi sarà molto difficile sapere se effettivamente ce la stiamo facendo, data la grande aleatorietà delle metriche che finora siamo riusciti a mettere in campo, soprattutto senza sapere se determinati scompensi hanno effettivamente origine antropica, oppure sono da imputare in maggior parte all’attività solare o cosmica. Sappiamo che sul nostro pianeta si alternano glaciazioni e periodi più temperati da ben prima che ospitasse uno sviluppo industriale. Parlando di “Antropocene”, personalmente mi bastano i dati dell’inquinamento, in particolare i rifiuti plastici nel mare, per capire che alla nostra madre Terra, dopo che ci ha cresciuti anche se un po’ rudemente (☺) fin qui, dobbiamo offrire un po’ di sollievo. Sì, i ragazzi sono cresciuti, è ora che si cerchino altre case, e lascino un po’ in pace la mamma! E quindi, ben venga l’attuazione dei piani di Jeff Bezos, per trasferire progressivamente l’industria pesante in orbita. Guardo con grande aspettativa ed interesse ai percorsi geniali di Bezos e di Musk, sperando che i loro profitti crescano ancora, e possano essere reinvestiti in quantità sempre più grande nell’industria spaziale. E penso che i governi dovrebbero sostenere questo sforzo, ma anche l’epica battaglia di Richard Branson e degli altri maker del turismo spaziale, poiché fautori del volo spaziale umano, che deve andare di pari passo con l’industrializzazione… Un’industrializzazione puramente robotica non servirebbe a nulla, se non ad accrescere ulteriormente la pressione sulla superficie del nostro pianeta… un riscaldamento metafisico, ben più pericoloso di quello climatico, perché ulteriormente opprimente e generatore di follia claustrofobica.

A fronte del problema ecologico globale c’è chi predica un ritorno alla società preindustriale, come certe correnti “neoluddiste” e “decresciste”, per cui l’unica soluzione ai mali della mondernità sarebbe rallentare lo sviluppo tecnologico e ritornare praticamente a una preindustriale condizione “autarchica” e “localistica”. L’impostazione culturale alla base di tali ideologie reazionarie è che, dati i limiti dell’ ecosfera terrestre e a causa dell’insostenibilità dello sviluppo capitalistico-industriale, l’Umanità dovrebbe allora autolimitare fortemente se stessa ad esempio riducendo la popolazione mondiale e vietando o tassando le innovazioni tecnologiche. Il tuo modello di eso-sviluppo spaziale sembra porsi come radicale alternativa alla proposta sociale-politica-economica-morale di tali neomalthusiani antiliberali ed ecologisti decrescenti. Pensi che nel XXImo sec. lo spartiacque culturale dominante, sulle questioni cruciali dell’umanità, sia ormai tra chi propone modelli “chiusi”, improntati su una limitazione delle libertà e dello sviluppo umano, e chi propone invece modelli “aperti”, orientati a una crescita umana oltre gli ordinari limiti sociali e naturali?

Anche a questa domanda, che pone in modo così chiaro quella che una volta si sarebbe detta la “contraddizione principale”, non posso che rispondere con un convinto sì. Con il grande sviluppo della piccola imprenditoria diffusa il confine tra le due classi analizzate da Carlo Marx è andato sempre più sfumandosi. Ma di quella contrapposizione di classe è rimasto forse soltanto l’odio, l’antagonismo radicato in quasi due secoli di lotte sociali, nel contesto della civiltà industriale. Negli ultimi cinquant’anni abbiamo assistito alla saldatura tra l’ecologismo radicale, proveniente dalle società eugenetiche statunitensi nate negli anni ’30 del secolo scorso, e dallo stesso nazismo hitleriano e gli orfani della lotta di classe di ispirazione marxista. È questo marasma ideologico, o post-ideologico, che oggi gonfia le vele dei diversi populismi — in Italia sostanziatisi nei movimenti di Grillo e Salvini — che su un solo concetto sembrano concordare: la chiusura di qualsiasi porta, fisica, filosofica e mentale, l’ostilità e la noncuranza verso la vita umana, con frange estreme, ma non per questo meno popolari, di vera e propria idolatria animalista, come critica estrema e negazione ultima della stessa intelligenza umana e della conoscenza, viste come le fonti (demoniache?) di tutti i problemi, da quelli sociali a quelli ambientali. Sia essa la conoscienza intesa come studio della natura, al fine di copiarne, non già i metodi, ma i meccanismi. Sia la conoscenza di esseri umani di altra cultura ed altra etnia, al fine di imparare metodi che non conoscevamo ancora. Nel loro rancore distruttivo costoro ereggono muri e chiusure ideologiche, avendo come obiettivi, non condivisi ma sicuramente convergenti, gli uni la decimazione delle etnie ritenute inferiori, gli altri il colpo di grazia all’odiato sistema capitalista in crisi.

Personalmente ho dato anch’io, a suo tempo, il mio contributo alla critica degli aspetti deteriori del sistema capitalista: lo sfruttamento, l’alienazione, l’inquinamento. Tuttavia, poiché modelli sociali alternativi, che sapessero superare le ingiustizie sociali senza uccidere la libertà e le eccellenze finora non ne sono nati, e poiché comunque tutto ciò che abbiamo, nei paesi industrializzati, lo dobbiamo alla civiltà industriale, non possiamo rischiare di gettare “il bambino con l’acqua sporca”. Oggi la priorità assoluta è aprire la frontiera, e dare inizio all’espansione. I principi della rivoluzione borghese, della libertà di impresa e di ricerca, dell’uguaglianza delle opportunità e della solidarietà e fratellanza umanista, per me sono più che sufficienti. Quindi mi va benissimo se andiamo nello spazio da capitalisti, sia pure con qualche nobile ideale socialista, e fortemente libertario, nel cuore. Se la civiltà potrà continuare, avremo altre competizioni tra modelli sociali nuovi. Se la civiltà dovesse invece essere soffocata nella culla (il nostro pianeta, secondo Konstantin Tsiolkowsky), non si avrebbe più alcun tentativo di evoluzione sociale ed etica. E la nostra specie, se pure sopravvivesse, sarebbe ridotta a pochi decerebrati erranti in uno stato post-umano degenerato. Non quindi nel senso evolutivo inteso dai transumanisti, bensì in uno stato quasi animalesco, senza più alcuna aspirazione evolutiva, essendo stati per la seconda volta cacciati dall’eden, a causa della loro “eccessiva intelligenza”.

Adriano V. Autino, nato a Moncrivello(VC) nel 1949, è co-fondatore e presidente della Space Renaissance Initiative, dal 2010 Space Renaissance International, un’associazione internazionale senza scopo di lucro, la cui missione è l’apertura della frontiera spaziale: accesso allo spazio a basso costo, turismo spaziale, industrializzazione dello spazio geo-lunare, utilizzo degli asteroidi vicini alla Terra, pieno sviluppo della space economy. Diplomato in Elettronica Industriale, dal 1971 progettista di software diagnostico e test engineering, poi project manager ed imprenditore nel settore dei sistemi di automazione real-time. La sua insaziabile curiosità ed il desiderio di impegnarsi in campi di frontiera lo hanno portato ad operare nell’ambiente aerospaziale, e ad ideare e sviluppare un sistema software integrato, di supporto al system engineering ed al project lifecycle management. E’ autore di vari libri tra cui il sopramenzionato “Un Mondo più grande è possibile. L’espansione della civiltà oltre i limiti del nostro pianeta madre è la questione morale del nostro tempo.” (2017)

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