L’Uomo come singolarità evolutiva e fenomeno planetario

Che posto occupa l’Uomo nel mondo della Natura? Pierre Teilhard de Chardin, scienziato e gesuita, inquadra il “fenomeno umano” in una linea evolutiva che va dalla “previta” alla “supervita” evidenziandone la dirompente portata planetaria e cosmica fino a prevedere un punto futuro di convergenza universale delle coscienze umane.

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TECNOETICA
31 min readJan 13, 2017

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Foto della Terra dallo Spazio (credits by NASA)

Autore: Pierre Teilhard de Chardin

Dal punto di vista puramente positivistico, l’Uomo è il più misterioso e il più sconcertante degli oggetti incontrati dalla Scienza. In realtà dobbiamo confessare che la Scienza non gli ha ancora trovato un posto nelle sue rappresentazioni dell’Universo. La Fisica è riuscita a circoscrivere provvisoriamente il mondo dell’atomo. La Biologia è riuscita a introdurre un certo ordine nelle realizzazioni della Vita. Appoggiata alla Fisica e alla Biologia, l’Antropologia, a sua volta, spiega alla meno peggio la struttura del corpo umano e alcuni suoi meccanismi fisiologici. Ma quando tutti questi elementi sono messi insieme, il ritratto non corrisponde affatto alla realtà. L’Uomo, quale oggi la Scienza lo riproduce, è un animale come gli altri, — così poco separabile, anatomicamente, dagli Antropoidi, che le moderne classificazioni della Zoologia, ritornando alla posizione di Linneo, lo includono nella medesima super-famiglia degli Ominidi. Ora, stando ai risultati biologici della sua comparsa, non è forse egli qualcosa di completamente diverso?

Infimo salto morfologico; e nello stesso tempo, incredibile scossa per le sfere della Vita: ecco il paradosso umano… E successivamente l’evidenza che, nelle sue rielaborazioni attuali del Mondo, la Scienza trascura un fattore essenziale, o per meglio dire, una dimensione intera dell’Universo.

Non riesco a vedere che un solo mezzo per risolvere il problema della “superiorità” dell’Uomo sugli Animali (problema la cui soluzione è necessaria sia per l’Etica che per la conoscenza pura…): eliminare risolutamente dall’insieme dei comportamenti umani tutte le manifestazioni secondarie o ambigue dell’attività interiore, e porsi di fronte al fenomeno centrale della Riflessione.

Dal punto di vista sperimentale che è il nostro, la Riflessione, come lo indica proprio la parola, è la capacità acquisita da una coscienza di ripiegarsi su se stessa e di prendere possesso di sé come di un oggetto dotato di propria consistenza e di valore particolare: non soltanto conoscere, — ma conoscersi; non soltanto sapere, ma sapere di sapere. Individuando se stesso nel fondo di se stesso, l’elemento vivente, sino allora disperso e disgregato in un cerchio impreciso di percezioni e di attività, si trova per la prima volta costituito come un centro puntiforme, in cui tutte le rappresentazioni e le esperienze si legano e si saldano in un insieme cosciente della propria organizzazione.

Ora, quali sono le conseguenze di una simile trasformazione? — Sono immense; e noi le possiamo leggere nella Natura altrettanto chiaramente di un qualsiasi altro fenomeno registrato dalla Fisica o dall’Astronomia. L’essere riflesso, proprio in virtù del ripiegamento su se stesso, diventa d’un tratto suscettibile di svilupparsi in una sfera nuova. E’ in realtà un altro mondo che nasce. Astrazione, logica, scelte e invenzioni ragionate, scienze matematiche, arte, percezione calcolata dello spazio e della durata, ansie e sogni d’amore… Tutte queste attività della vita interiore sono esattamente l’effervescenza del centro, da poco formato, che esplode in se stesso.

Detto questo, chiedo allora: se, come consegue da ciò che precede, è il fatto di trovarsi “riflesso” che definisce l’essere davvero “intelligente”, possiamo forse dubitare seriamente che l’intelligenza non sia proprietà evolutiva soltanto dell’Uomo? E possiamo pertanto esitare a riconoscere, per non so quale falsa modestia, che il fatto di esserne dotato rappresenta per l’Uomo un progresso radicale rispetto a tutta la Vita prima di lui? Senza dubbio, l’animale sa. Ma certamente non sa di sapere: altrimenti avrebbe da tempo moltiplicato invenzioni, e sviluppato un sistema di realizzazioni interne, che non potrebbero sfuggire alla nostra osservazione. Di conseguenza una sfera del Reale gli è preclusa, sfera nella quale noi ci muoviamo, — ma in cui l’animale non può entrare. Un fossato, — o una soglia — insuperabile per l’animale ci separa. Nei suoi confronti, perchè dotati di coscienza riflessa, non siamo soltanto diversi, ma altri. Non si tratta di un semplice cambiamento di grado, — ma cambiamento di natura — che deriva da un cambiamento di stato.

Gli spiritualisti hanno ragione nel difendere così aspramente la sicura trascendenza dell’Uomo sul resto della Natura. E neppure hanno torto i materialisti quando sostengono che l’Uomo è soltanto un nuovo termine nella serie delle forme animali. In questo caso, come in tanti altri, le due evidenze antietiche si risolvono in un movimento, — purché a tale movimento venga attribuita la parte essenziale nel fenomeno, così altamente naturale, di “cambiamento di stato”. Sì, dalla cellula all’animale pensante, come dall’atomo alla cellula, uno stesso processo (sovraeccitazione o concentrazione psichica) si svolge senza interruzione, sempre nel medesimo senso. Ma, per la stessa continuità del processo, è inevitabile, dal punto di vista della Fisica, che certi salti trasformino bruscamente il soggetto sottoposto all’operazione.

Sino a che le nostre prospettive sulla natura psichica dell’evoluzione zoologica avevano come unica base di appoggio l’esame delle stirpi animali, e dei loro sistemi nervosi, il senso di tale evoluzione rimaneva di necessità tanto vago alla nostra conoscenza quanto lo è l’anima stessa di quei lontani fratelli. La coscienza è in ascesa attraverso i viventi: questo è tutto quanto ci era possibile affermare. In compenso, dall’istante in cui, varcata la soglia del Pensiero, la Vita, non soltanto accede al piano sul quale siamo situati noi stessi, ma anche attraverso le sue libere attività comincia a oltrepassare decisamente i limiti in cui la incanalavano fino allora le esigenze della fisiologia, i suoi progressi diventano più facilmente decifrabili. Il messaggio è scritto meglio; e possiamo leggerlo meglio, poiché in esso riconosciamo noi stessi. Più sopra, osservando l’Albero della Vita, notavamo questo carattere fondamentale: lungo ogni ramo zoologico, i cervelli aumentano di volume e si differenziano. Per definire il prolungamento e l’equivalente di questa legge al di là della Riflessione, ci sarà ormai sufficiente dire: “Lungo ogni stirpe antropologica, è l’Umano che si cerca e che cresce”.

“Il cambiamento di stato biologico che porta al destarsi del Pensiero non corrisponde semplicemente a un punto critico attraversato dall’individuo, o anche dalla Specie. In modo ben più ampio, riguarda la Vita stessa nella sua totalità organica, — e di conseguenza segna una trasformazione di stato dell’intero pianeta”.

E’ questa l’evidenza, derivante da tutte le altre evidenze via via accumulate e correlate nel corso della nostra ricerca, che s’impone irresistibilmente alla nostra logica e alla nostra visione.

Nelle pulsazioni della geo-chimica, della geo-tettonica e della geo-biologia, un solo e unico processo di fondo è riconoscibile: quello che, dopo essersi realizzato nelle prime cellule, si prolungava nell’edificazione dei sistemi nervosi. Le Geogenesi, dicevamo, che emigra in una Biogenesi, la quale in definitiva non è altro che una Psicogenesi.

Nella crisi e con la crisi della Riflessione, è lo stesso termine successivo della serie che si scopre. La Psicogenesi ci aveva guidati sino all’Uomo. Ora svanisce per lasciare il posto a una funzione più elevata che la sostituisce e l’assorbe: dapprima la generazione e, successivamente tutti gli sviluppi dello Spirito, — la Noogenesi. Quando, per la prima volta, in un vivente, l’istinto si è osservato nello specchio di se stesso, è stato il Mondo intero a compiere un passo innanzi.

Per le scelte e le responsabilità del nostro agire, le conseguenze di questa scoperta sono enormi.

Per dare all’Uomo il suo vero posto nella Natura, non è sufficiente aggiungere ai quadri della Sistematica una sezione supplementare, — magari un Ordine o una Branca in più. Mediante l’Ominizzazione, e malgrado la scarsa entità del salto anatomico, è un’Età nuova che ha inizio. La Terra assume una “pelle nuova”. Meglio ancora, essa trova la propria anima.

Di conseguenza, il passo storico della Riflessione, risituato in seno alle cose con le sue reali dimensioni, è molto più importante di ogni altra frattura zoologica, anche di quella che segna l’origine dei Tetrapodi, oppure gli stessi Metazoi. Tra i gradini successivamente superati dell’Evoluzione, la nascita del Pensiero segue direttamente la condensazione del chimismo terrestre o la stessa apparizione della Vita, alle quali è soltanto paragonabile in ordine di grandezza.

Il paradosso umano si risolve diventando smisurato!

Questa prospettiva, nonostante il rilievo e l’armonia che introduce nelle cose, ci sconcerta agli inizi perchè contraddice l’illusione e la abitudini che ci inducono ad apprezzare gli eventi in base al loro aspetto materiale. E ci sembra tanto sconfinata perchè, immersi come siamo nell’umano come i pesci nel mare, facciamo fatica a emergere mentalmente per riconoscerne la specificità e l’ampiezza. Ma guardiamoci attorno un po’ più attentamente: questo improvviso diluvio di cerebrazione; questa invasione biologica di un nuovo tipo animale che gradualmente elimina o sottomette a sé ogni forma di vita che non sia umana; questa irresistibile marea di campi e fabbriche; questa immensa edificazione di materia e di idee in continuo sviluppo… Tutte queste manifestazioni che noi contempliamo per giornate intere, senza tentare di capire, non ci gridano forse che, sulla Terra, qualche cosa è “planetariamente” cambiato?

In verità, per un ipotetico geologo che venisse, molto più tardi, a ispezionare il nostro globo fossilizzato, la più sorprendente rivoluzione subìta dalla Terra troverebbe posto, senza equivoci, all’inizio di ciò che si è molto giustamente chiamato lo Psicozoico. Ed in questo stesso momento, per un qualche Marziano in grado di analizzare, sia psichicamente che fisicamente, le radiazioni siderali, la prima caratteristica del nostro pianeta sarebbe certamente quella di apparire, non già azzurra per i suoi mari o verde per le sue foreste, — ma fosforescente di Pensiero.

Per la nostra Scienza moderna la vera rivelazione sta nell’accorgersi che tutto ciò che esisteva inizialmente di prezioso, di attivo, di progressivo nel brandello cosmico dal quale è nato il nostro mondo, si trova ora concentrato nella “corona” di una Noosfera [ da Noos, spirito: con il termine l’Autore allude alla sfera terrestre della sostanza pensante, N.d.R.].

Ed è oltremodo istruttivo constatare (se noi sappiamo vedere) quanto insensibilmente, a forza di essere universalmente e lungamente preparato, si sia prodotto, all’origine di questa Noosfera, il grandioso evento rappresentato dalla sua nascita.

Nel mondo, l’Uomo è entrato senza far rumore…

Più i ritrovamenti di fossili umani si moltiplicano, più i loro caratteri anatomici e la loro successione geologica si chiariscono, più diventa evidente, attraverso una convergenza incessante di tutti gli indizi e di tutte le prove, che la “specie” umana, per quanto unica sia per il livello sostanziale dell’essere cui l’ha portata la Riflessione, non ha creato alcun turbamento nella Natura all’atto della sua apparizione. Infatti, sia che noi la osserviamo nel suo ambiente, — sia che la consideriamo nella morfologia del suo stelo, — sia che la ispezioniamo nella struttura globale del suo gruppo, essa emerge fileticamente ai nostri occhi, esattamente come una qualsiasi altra specie.

L’Uomo è entrato senza far rumore, dicevo. In realtà, ha camminato con passi così leggeri che quando cominciamo a intravederlo, perchè tradito da incancellabili strumenti litici che palesano la sua presenza, — già egli copre tutto il Vecchio Mondo, dal Capo di Buona Speranza a Pechino. Certamente già parla e vive in gruppo. Già accende il fuoco. Ma, in fin dei conti, non era proprio quanto dovevamo attenderci? Non sappiamo forse che ogniqualvolta una nuova forma vivente nasce sotto i nostri occhi dalle profondità della Storia, essa sorge già fatta ed è già legione?…

Ma se vogliamo comprendere la natura specifica dell’Uomo e indovinarne il segreto, l’unico metodo è quello di osservare ciò che la Riflessione ha già prodotto e ciò che essa preannuncia, in avanti.

In tutte le epoche, l’Uomo ha creduto di trovarsi a una “svolta della Storia”. E, sino a un certo punto, inserito com’è in una spirale ascendente, non si sbagliava. Ma esistono momenti nei quali l’impressione del cambiamento si rafforza, — diventa particolarmente giustificata. E non esageriamo certamente l’importanza delle nostre esistenze attuali quando stimiamo che, su di esse, una svolta profonda del Mondo si stia operando, sino a straziarle.

Quando ha avuto inizio questa svolta? Impossibile certo definirlo con precisione. Come una grande nave, la massa umana modifica la sua corsa solo gradualmente: tanto che le prime vibrazioni, indicanti il cambiamento di rotta, possono essere ravvisate facilmente nel lontano passato — come minimo nel Rinascimento. Una cosa per lo meno è chiara. Precisamente che, alla fine del XVIII secolo, il colpo di timone è decisamente dato in Occidente. E da allora, nonostante la nostra ostinazione nel pretendere talvolta di essere rimasti gli stessi di prima, è in un mondo nuovo che siamo entrati.

Cambiamenti economici, anzitutto. Per quanto evoluta sia stata la nostra civiltà, solo duecento anni fa era sempre modellata, fondamentalmente, sul suolo e sulla divisione del suolo. Il tipo di “bene”, nucleo della famiglia, prototipo dello Stato (e persino dell’Universo!) era ancora, come nei primi tempi della Società, il campo coltivato, la base territoriale. Ora, poco a poco, in questi ultimi tempi, a seguito della “dinamizzazione” del denaro, la proprietà è evaporata in una cosa fluida e impersonale, — così mobile che la stessa ricchezza delle nazioni non ha più nulla in comune con l’estensione del loro territorio.

Cambiamenti industriali, poi. Sino al XVIII secolo, e nonostante i molti perfezionamenti apportati, vi era ancora una sola energia chimica conosciuta: il Fuoco; — e sempre una sola energia meccanica utilizzata: i muscoli, amplificati dalla macchina, degli uomini e degli animali. Ma da allora!…

Cambiamenti sociali, infine. Il risveglio delle masse…

Come non intuire, in base alla sola osservazione, di questi segni esteriori, che il grande smarrimento in cui vive l’Occidente, da quando è scoppiata la bufera della Rivoluzione francese, ha una causa più profonda e più nobile delle difficoltà di un mondo alla ricerca di qualche antico equilibrio perduto? Un naufragio? Niente affatto! Bensì l’intensa mareggiata di un oceano sconosciuto in cui stiamo solo entrando dopo aver doppiato il capo che ci dava riparo. Come mi diceva un giorno Henri Breuil, con la sua solita brusca intuizione, ciò che turba in questo momento, intellettualmente, politicamente, persino spiritualmente, è molto semplice: “Abbiamo solo adesso rotto gli ultimi ormeggi che ci trattenevano ancora al Neolitico”. Formula paradossale, ma chiarificatrice. Da allora, più ho riflettuto su queste parola, più mi è sembrato che Breuil avesse ragione.

In questo stesso momento, stiamo passando attraverso un cambiamento di Età.

Età del’Industria, Età del Petrolio, dell’Elettricità e dell’Atomo. Età della Macchina. Età delle grandi collettività e della Scienza… L’avvenire deciderà quale nome sia il più adatto per definire l’era in cui stiamo entrando. Poco importa il termine. Ciò che conta, invece, è il fatto di poter dire a noi stessi che al prezzo di ciò che sopportiamo, un passo ulteriore, un passo decisivo della Vita, si sta compiendo in noi e attorno a noi. Dopo la lunga maturazione continuata sotto l’apparente immobilità dei secoli agricoli, è finalmente scoccata l’ora degli inevitabili tormenti per un altro cambiamento di condizione. Vi sono stati dei primi Uomini che hanno visto le nostre origini. Ve ne saranno altri per assistere ai grandi scenari della Fine. La fortuna, e l’onore, delle nostre brevi esistenze di oggi stanno nel coincidere con una trasformazione della Noosfera…

Nelle zone confuse e tese in cui il Presente si mescola al Futuro, in un Mondo in ebollizione, proprio noi ci troviamo di fronte a tutta la grandezza, una grandezza mai raggiunta sinora, del Fenomeno Umano. Qui o in nessun’altra parte, ora o mai più, a questo valore massimo e a questa prossimità, noi possiamo sperare, meglio di qualsiasi mente che ci ha preceduti, di valutare l’importanza e di riconoscere il senso dell’Ominizzazione. Osserviamo attentamente, e cerchiamo di capire. E a tal fine tentiamo, abbandonando la superficie, di decifrare la forma particolare di Spirito che sta nascendo in seno alla Terra Moderna.

Terra avvolta dal fumo delle officine. Terra trepidante di affari. Terra percorsa da cento nuove radiazioni. Questo grande organismo non vive in definitiva che per un’anima nuova e mediante un’anima nuova. Con il cambiamento di Età, un cambiamento di Pensiero. Ora, dove cercare, dove situare questa variante rinnovatrice e sottile che, senza modificare sensibilmente i nostri corpi, ha fatto di noi degli esseri nuovi? Solo in una intuizione nuova che trasformi totalmente la fisionomia dell’Universo in cui ci muoviamo; — in un risveglio, per dirla in altro modo.

Ciò che, nel corso di quattro o cinque generazioni, ci ha resi, checché se ne dica, così diversi dai nostri avi, — così ambiziosi, — e anche così ansiosi, non è certo la semplice scoperta e dominio di altre forze della Natura. Se non sbaglio, in definitiva, è l’aver preso coscienza del movimento che ci trascina, — e con ciò l’aver scoperto i temibili problemi posti dall’esercizio ragionato dello Sforzo umano.

Nei nostri spiriti, da un secolo e mezzo a questa parte, si sta realizzando il più prodigioso avvenimento forse mai registrato dalla Storia dopo il passo della Riflessione: l’accesso definitivo della Coscienza a un contesto di dimensioni nuove; e, di conseguenza, la nascita di un Universo interamente rinnovato, senza cambiamento di linee e di pieghe, per semplice trasformazione della sua stoffa intima.

Sino a quel tempo, il Mondo, statico e divisibile, sembrava retto da tre assi della sua geometria. Ora appare come fatto di una sola colata.

Ciò che definisce e classifica un uomo come “moderno” (e in questo senso numerosi contemporanei non sono ancora moderni), è l’essere divenuto capace di vedere, non solo nello Spazio, non solo nel Tempo, ma nella Durata, — o, in altri termini, nello Spazio-Tempo biologico; — e di trovarsi inoltre capace di vedere in modo diverso, — a cominciare da se stesso.

Ben più profondamente della carne e delle ossa, per insopprimibili ragioni di omogeneità e di coerenza, esigono di prolungarsi in noi le fibre della Cosmogenesi. No, nella corrente vitale, non è soltanto la superficie materiale del nostro essere che si trova sballottata e trascinata. Ma, come un fluido sottile, lo Spazio-Tempo, dopo aver sommerso i nostri corpi, penetra, sin nella nostra anima. La riempe. L’impregna. S’inserisce nelle sue facoltà, al punto che ben presto essa non sa più come distinguerlo dai propri pensieri. A questo flusso, definibile soltanto in accrescimenti di coscienza, nulla può sfuggire, per chi sa vedere, fosse pure in cima al nostro essere. L’atto stesso con il quale l’apice sottile del nostro spirito penetra nell’assoluto non è forse un fenomeno emergente? Insomma, individuata dapprima in un solo punto delle cose, estesa poi all’intero volume inorganico e organico della Materia, l’Evoluzione sta ora invadendo, piaccia o non piaccia, le zone psichiche del Mondo, trasferendo con ciò, alle realizzazioni spirituali della Vita, non soltanto la stoffa, ma il “primato” cosmico sinora riservati dalla Scienza ai turbinanti intrecci dell’antico “etere”.

Infatti, come incorporare il Pensiero al flusso organico dello Spazio-Tempo senza essere costretti a riconoscergli, nel processo, il primo posto? Come immaginare una Cosmogenesi estesa allo Spirito senza trovarci nello stesso tempo di fronte a una Noogenesi?

Non soltanto il Pensiero partecipe dell’Evoluzione a titolo di anomalia o epifenomeno: ma l’Evoluzione così ben identificabile e riconducibile a un cammino verso il Pensiero, che il moto della nostra anima esprime dando la misura dei progressi stessi dell’Evoluzione. L’Uomo scopre, per usare l’incisiva espressione di Julian Huxley, di non essere nient’altro che l’Evoluzione divenuta cosciente di se stessa. Sino a che non si saranno posti in questa prospettiva, credo che gli spiriti moderni (proprio perchè moderni e in quanto tali) non troveranno riposo. Poiché su quella vetta, e solo su quella vetta, li attendono il riposo e l’illuminazione.

Nella nostra coscienza, in ciascuno di noi, l’Evoluzione si rispecchia e scorge se stessa…

Da questa visione semplicissima, destinata, penso, a diventare altrettanto istintiva e familiare per i nostri discendenti quanto la percezione della terza dimensione dello spazio per un bimbo, una luce nuova, incessantemente ordinata, sorge sul Mondo, — una luce che si irradia da noi.

L’Uomo non più centro dell’universo, come avevamo ingenuamente creduto, — ma, il che è assai più bello, l’Uomo freccia ascendente della grande sintesi biologica. L’Uomo che costituisce, da solo, l’ultimo nato, il più fresco, il più complesso, il più delicato degli Strati successivi della Vita.

“Nulla è mai mutato sotto il sole”, dicono i disperati. Ma allora, Uomo, Uomo pensante, dimmi come è possibile, senza rinnegare il tuo pensiero, che tu sia emerso un giorno dall’animalità? — “In ogni caso, nulla è mutato, nulla muta più dall’origine della Storia”. Ma allora, Uomo del XX secolo, per quale ragione scopri orizzonti, e pertanto timori, che i tuoi padri non hanno mai conosciuto?

In effetti, la metà del disagio presente si trasformerebbe in gioia se soltanto ci decidessimo, docili ai fatti, a situare in una Noogenesi l’essenza e la dimensione delle nostre moderne cosmogonie. Secondo questa direttrice, nessun dubbio è possibile. L’Universo si è sempre mosso, — e in questo stesso momento continua a muoversi.

Ma domani si muoverà ancora?…

Unicamente qui, su questo punto di capovolgimento, in cui il futuro si sostituisce al passato, e dove le constatazioni della Scienza devono cedere il passo alle anticipazioni di una fede, — qui, possono e devono cominciare le nostre legittime perplessità? Domani?… Ma chi potrebbe garantirci un domani? — e senza la certezza che questo domani esiste, possiamo noi davvero continuare a vivere, noi in cui, per la prima volta forse nell’Universo, si è destato il terribile dono di vedere oltre?

Claustrofobia, — angoscia di sentirsi rinchiusi…

Questa volta, infine, abbiamo messo il dito sul punto dolente.

Ciò che rende peculiarmente moderno il Mondo in cui viviamo è, come ho detto, il fatto di aver scoperto attorno a sé e in sé l’Evoluzione. Ora posso aggiungere che il Mondo moderno è radicalmente turbato dal fatto di non essere certo e di non sapere se potrà mai essere certo, che vi sia un esito, — l’esito conveniente — , per questa Evoluzione.

Detto questo, cosa è necessario, come minimo, perchè davanti a noi la via possa essere considerata aperta? — Una sola cosa — , ma che è tutto. La certezza che avremo lo spazio e le possibilità di realizzarci, cioè di arrivare, progredendo, (direttamente o indirettamente, individualmente o collettivamente), sino all’estremo di noi stessi. Richiesta elementare, compenso minimo: i quali soddisfano tuttavia un’enorme esigenza. La sommità del Pensiero, qualunque essa sia: ma non è forse il limite superiore, per ora inimmaginabile, di un susseguirsi di convergenze che si propagano senza fine, sempre più in alto? La sommità del Pensiero non è proprio data dal fatto che non ce n’è alcuna? — Tra tutte le energie dell’universo, la Coscienza è l’unica grandezza della quale è inconcepibile e persino contraddittorio supporre che possa rimanere stazionaria o ripiegarsi su se stessa. Punti critici lungo il cammino, finché si vuole. Ma l’arresto o la regressione, impossibili: e ciò per il semplice motivo che ogni aumento di visione interiore è essenzialmente il germe di una nuova visione che include tutte le altre e porta ancora più lontano.

Donde la situazione singolare che la nostra mente, per il fatto stesso di poter scoprire davanti a sé orizzonti illimitati, non può più avanzare se non mossa dalla speranza di raggiungere, mediante una parte di se stessa, una consumazione suprema, in mancanza della quale essa si sentirebbe giustamente mutilata, fallita — ingannata. Per la natura dell’opera, e correlativamente per esigenza dell’artefice, una Morte totale, un Muro invalicabile, contro il quale la Coscienza venisse a cozzare e sparisse definitivamente, sono quindi “in-compossibili” con il meccanismo dell’attività riflessa (ne spezzerebbero subito la molla).

Più l’Uomo diventerà Uomo, meno accetterà di muoversi eccetto che verso una meta incessantemente e ineliminabilmente nuova. Un qualche “assoluto” si trova implicato nel gioco stesso del suo operare.

Detto questo, gli spiriti “positivistici e critici” possono anche andar dicendo che la nuova generazione, meno ingenua della precedente, non crede più in un avvenire e in un perfezionamento del Mondo. Coloro che scrivono o ripetono queste cose hanno forse pensato che, se avessero ragione, ogni movimento spirituale sulla Terra virtualmente si bloccherebbe? Sembrano credere che la Vita, priva di luce, di speranza e dell’attrattiva di un futuro inesauribile, possa continuare tranquillamente il suo ciclo. Errore. Forse, ancora per qualche anno, vi sarebbero fiori e frutti, per abitudine. Ma il tronco si troverebbe in realtà separato dalle sue radici. Anche con enormi quantità di energie materiali, anche sotto il pungolo diretto della paura o di un desiderio, l’Umanità, senza il gusto di vivere, cesserebbe ben presto di inventare e di creare un’opera che, in anticipo, saprebbe condannata. E, colpita alla sorgente stessa dello slancio che la sorregge, essa si disgregherebbe e cadrebbe in polvere, per nausea o ribellione.

Come la nostra intelligenza non potrebbe più sfuggire alle prospettive dello Spazio-Tempo che ha intravisto, — allo stesso modo le nostre labbra non potrebbero dimenticare, una volta gustato, il sapore di un Progresso universale e durevole.

Se il Progresso è un mito, se cioè davanti al lavoro noi possiamo dire: “A che serve?”, il nostro sforzo si esaurisce di colpo e trascina nella sua caduta l’intera Evoluzione, poiché siamo noi l’Evoluzione.

Per il fatto stesso di aver valutato la gravità veramente cosmica del male che ci tormenta, eccoci in possesso del rimedio che può guarire la nostra ansia. “Dopo essersi mosso fino all’Uomo, il Mondo non si è forse fermato? O, se ancora ci muoviamo, non è magari per girare a vuoto?”…

La risposta a questa inquietudine del Mondo moderno scaturisce da sola, per semplice formulazione del dilemma in cui l’analisi della nostra Azione ci ha confinati.

“O la Natura è indifferente alle nostre esigenze di futuro: e allora il Pensiero, frutto di milioni di anni di sforzi, soffoca, nato-morto, in un Universo assurdo, destinato al fallimento.

Oppure esiste un’apertura, — una qualche super-anima al di sopra delle nostre anime: ma in questo caso la via d’uscita, purché accettiamo di impegnarci, deve potersi aprire senza restrizioni su spazi psichici senza limiti, in un Universo del quale noi possiamo interamente fidarci”.

Ottimismo o pessimismo assoluto. Tra i due atteggiamenti, nessuna soluzione intermedia, dato che per natura il Progresso è tutto o niente. Due direzioni, e due direzioni soltanto, una verso l’alto, l’altra verso il basso, senza possibilità di restare aggrappati a metà strada.

Né in un senso, né nell’altro, vi sono del resto delle evidenze tangibili. Ma, per sperare, gli inviti razionali a un atto di fede.

A questo bivio ove, sospinti dalla Vita, non possiamo fermarci per attendere, — costretti a prendere posizione se vogliamo continuare ad agire in un modo qualsiasi, — che decideremo liberamente di fare?…

Per determinare la scelta dell’Uomo, Pascal, nella sua famosa scommessa, truccava i dadi con l’attrattiva di tutto guadagnare. Nel nostro caso, quando uno dei due termini dell’alternativa è gravato dalla logica, e in certo modo dalle promesse di un intero Mondo, si può ancora parlare di un semplice gioco di probabilità, e abbiamo il diritto di esitare?

In verità, il Mondo è un’impresa troppo importante. Dalle sue origini, per farci nascere, ha miracolosamente giocato con troppe improbabilità perchè noi corriamo dei rischi nell’impegnarci ad andare avanti, sino alla fine, al suo seguito. Il fatto stesso di aver intrapreso l’opera, significa che è in grado di portarla a termine, con gli stessi metodi, e con la stessa infallibilità con cui l’aveva iniziata.

In fondo, la migliore garanzia che una cosa debba accadere è che ci appaia vitalmente necessaria.

Abbiamo appena constatato che la Vita, giunta a livello pensante, non può proseguire senza esigere, per struttura, di salire sempre più in alto.

E ciò è più che sufficiente per renderci certi di due cose di cui ha direttamente bisogno la nostra azione.

La prima è che esiste per noi, nell’avvenire, una qualche forma, perlomeno collettiva, non solo di sopravvivenza, ma di supervita.

E la seconda è che, per immaginare, scoprire e raggiungere questa forma superiore di esistenza, dobbiamo soltanto pensare e camminare, sempre più oltre, nelle direzioni in cui le precedenti linee dell’Evoluzione assumono il massimo di coerenza.

Evoluzione=Ascesa di coscienza. Ascesa di coscienza=Effetto di unione.

La concentrazione generale, attraverso le azioni congiunte dell’Interno e dell’Esterno della Terra, in cui è impegnata, oggigiorno, la totalità delle forze e delle unità pensanti, — il riavvicinamento in blocco di un’Umanità i cui frammenti si saldano e si compenetrano sotto i nostri occhi a dispetto e nella stessa misura degli sforzi che fanno per separarsi, — tutto ciò assume contorni pienamente intelligibili non appena lo si percepisca come l’esito naturale di un processo cosmico di organizzazione che non è mai mutato dalle remote epoche in cui il nostro pianeta era giovane.

Prima, le molecole carboniche, con le loro migliaia di atomi simmetricamente raggruppati. Successivamente la cellula ove, in un volume minimo, migliaia di molecole si organizzano in un sistema simile a un ingranaggio. Poi il Metazoo di cui la cellula non è che un elemento infinitesimale. E ancora oltre, simili a isolotti, i multiformi tentativi fatti dai Metazoi per entrare in simbiosi ed elevarsi sino a uno stato biologico superiore.

E ora, simile a un germe di dimensioni planetarie, lo strato pensante che, in tutta la sua estensione, sviluppa e incrocia le proprie fibre, non per confonderle e neutralizzarle, ma per rafforzarle nell’unità vivente di un unico tessuto…

Concretamente, non vedo altro modo coerente, e pertanto scientifico, di collegare questa immensa successione di fatti, che quello d’interpretare nel senso di una gigantesca operazione psico-biologica, — quasi una specie di mega-sintesi, — la “super-organizzazione” alla quale tutti gli elementi pensanti della Terra si trovano oggi individualmente e collettivamente sottoposti.

Mega-sintesi nel Tangenziale. E quindi, per questo stesso fatto, rilancio verso l’avanti delle energie Radiali, lungo l’asse principale dell’Evoluzione. Una sempre maggiore Complessità: e pertanto ancor maggiore Coscienza.

Ma se questo è veramente quanto accade, di che altro abbiamo bisogno per riconoscere l’errore vitale inscritto in ogni dottrina di isolamento?

Falso e contro natura, l’ideale egocentrico di un avvenire riservato a coloro che avranno saputo egoisticamente raggiungere l’estremo limite dell’ ”ognuno per sé”. Nessun elemento potrebbe muoversi né crescere se non insieme a tutti gli altri e per loro tramite.

Falso e contro natura l’ideale razzista di un ramo che capta solo per sé tutta la linfa dell’Albero e si innalza sulla morte degli altri rami. Per farsi strada sino al sole, è necessario proprio lo sviluppo combinato dell’intera ramificazione.

L’Esito del Mondo, le porte dell’Avvenire, l’acceso al Super-umano, non si dischiudono in avanti per qualche privilegiato, o per un solo popolo eletto tra tutti i popoli! Non si apriranno che sotto la spinta di tutti insieme, in una direzione in cui tutti insieme possano raggiungersi e compiersi in un rinnovamento spirituale della Terra, — rinnovamento di cui bisogna ora precisare le caratteristiche, riflettendo anche sul suo grado concreto di realtà.

Umanità. E’ questo il primo aspetto con cui l’Uomo moderno, nel preciso istante in cui si apriva all’idea di Progresso, dovette cercare di conciliare le speranze di un futuro illimitato, di cui non poteva più fare a meno, con le prospettive della sua inevitabile morte individuale. Umanità: entità dapprima vaga, sperimentata più che ragionata, in cui un senso oscuro di permanente sviluppo si univa a un bisogno di universale fraternità. Umanità: oggetto di una fede spesso ingenua, ma il cui fascino, più forte di tutte le vicissitudini e di tutte le critiche, continua ad agire con la stessa forza di seduzione sia sull’animo delle masse contemporanee che sui cervelli del’ “intellighenzia”. Si partecipi al suo culto, o lo si ridicolizzi, chi può ancora oggi sfuggire all’ossessione, o addirittura al dominio dell’idea di Umanità?

Allo sguardo dei “profeti” del XVIII secolo, il mondo non presentava in realtà che un insieme di correlazioni confuse e tenui. Ed era veramente necessaria la divinazione di un credente per sentir battere il cuore di questa specie di embrione. Ora, dopo meno di duecento anni, eccoci, quasi senza rendercene conto, inseriti nella realtà, almeno materiale, che i nostri padri si aspettavano. Attorno a noi, nel corso di poche generazioni, si sono stabiliti innumerevoli legami economici e culturali che stanno moltiplicandosi in progressione geometrica. Oggi, oltre al pane che simboleggiava nella sua semplicità il cibo di un uomo nel Neolitico, ciascuno esige, ogni giorno, la sua razione di ferro, di rame e di cotone, — la sua razione di scoperte, di cinema e di notizie internazionali. Non basta più un semplice campo, per quanto esteso sia, — per alimentare ognuno di noi è necessaria la Terra intera. Se le parole hanno un loro significato, non è forse una specie di grande corpo che sta nascendo, — con le sue membra, il suo sistema nervoso, i suoi centri di percezione, la sua memoria — , il corpo stesso della grande Cosa che doveva venire per soddisfare le aspirazioni suscitate nell’essere riflesso della consapevolezza, appena acquisita, che egli era solidale e responsabile di un Tutto in evoluzione?

In realtà, la logica stessa del nostro impegno per predisporre e coordinare le linee direttrici del Mondo, riconduce il nostro pensiero, dopo l’eliminazione delle eresie individualistiche e razziste, propria a delle prospettive che ricordano l’intuizione originaria dei primi filantropi. Nessun avvenire evolutivo può profilarsi per l’Uomo senza la sua associazione con tutti gli altri Uomini. I sognatori di ieri lo avevano intravisto. E, in un certo senso, noi vediamo proprio la stessa cosa che essi vedevano. Ma essendo “saliti sulle loro spalle” noi siamo oggi in grado di scoprire, molto meglio di loro, le radici cosmiche; inoltre la stoffa fisica particolare; infine la natura specifica di quell’Umanità che essi potevano solo presentire, — e che noi, a meno di chiudere gli occhi, non possiamo non vedere.

Sapere per sapere. Ma anche, e forse maggiormente, sapere per potere.

Da quando è nata, la Scienza si è soprattutto sviluppata sotto la spinta di un qualche problema della Vita da risolvere; e le sue più sublimi teorie avrebbero continuato a fluttuare senza radici nel Pensiero umano se non si fossero subito mutate, incorporate, in qualche mezzo per padroneggiare il Mondo. Ne consegue che il cammino dell’Umanità, prolungando quello di tutte le altre forme animate, si sviluppa incontestabilmente nel senso di una conquista della Materia messa a servizio dello Spirito. Potere di più per agire di più. Ma, in definitiva e soprattutto, agire di più per essere di più

Sì: il sogno che alimenta oscuramente la Ricerca umana è, in ultima analisi, quello di riuscire a dominare, al di là di ogni affinità atomica o molecolare, l’Energia fondamentale a cui tutte le altre energie sono asservite: afferrare, tutti uniti, il timone del Mondo, per impadronirsi della stessa Forza propulsiva dell’Evoluzione.

Una collettività armonizzata di coscienze, equivalente a una specie di super-coscienza. La Terra che, non solo si ricopre di granuli di Pensiero a miriadi, ma si avvolge in un solo inviluppo pensante, sino a costituire funzionalmente un solo immenso Granulo di Pensiero, su scala siderale. La pluralità delle riflessioni individuali che si unisce e si rafforza nell’atto di una sola unanime Riflessione.

Per analogia e per simmetria con il passato, siamo indotti scientificamente a raffigurarci l’avvenire dell’Umanità con siffatto scenario, al di fuori del quale nessuna via d’uscita terrestre si apre alle esigenze terrestri della nostra Azione.

Simili prospettive sembrano inverosimili al “buon senso” dell’uomo della strada e a una certa filosofia del Mondo per la quale nulla è possibile all’infuori di ciò che è sempre esistito. Alla mente familiarizzata con le fantastiche dimensioni dell’Universo sembrano invece del tutto naturali, perchè puramente proporzionate alle immensità astrali.

In direzione del Pensiero, come in direzione del Tempo e dello Spazio, potrebbe l’Universo concludersi in qualcosa che non sia caratterizzato dalla Dismisura?

Una cosa è comunque certa ed è che, non appena si adotta una visione pienamente realistica della Noosfera e della natura iper-organica dei legami sociali, la situazione attuale del Mondo si chiarisce: un significato molto semplice si scopre infatti per i profondi turbamenti che sconvolgono in questo momento lo strato umano.

La duplice crisi, già seriamente innescata nel Neolitico e che si avvicina al suo massimo sulla Terra moderna, è anzitutto legata, lo abbiamo detto, a una Presa in massa (a una “planetizzazione”, si potrebbe dire) dell’Umanità: Popoli e Civiltà giunti a un tale grado, sia di contatto fisico, sia d’interdipendenza economica, sia di comunione psichica, da non poter più crescere se non interpenetrandosi. Ma essa è anche legata al fatto che, sotto l’influenza combinata della macchina e di una sovraeccitazione del Pensiero, noi assistiamo a un formidabile rigoglio di energie non utilizzate. L’Uomo moderno non sa più cosa fare del tempo e delle forze che, liberate, ha nelle sue mani. Noi ci lamentiamo di questo eccesso di ricchezze. Protestiamo per la “disoccupazione”. Quasi quasi cercheremmo di respingere questa sovrabbondanza nella Materia da cui è uscita, — senza notare quanto di impossibile e di mostruoso avrebbe questo atto contro natura.

Crescente compressione degli elementi in seno a un’energia libera che cresce senza posa.

Come non vedere in questo duplice fenomeno i due sintomi correlati, sempre gli stessi, di un salto nel “Radiale”, cioè di un nuovo passo nella genesi dello Spirito!

Invano, per non dover mutare le nostre abitudini, tentiamo di regolare i conflitti internazionali con rettificazioni di frontiere, — o di trattare come “tempo libero”, per divertirsi, le attività vacanti dell’Umanità. Data la velocità delle trasformazioni in corso, tra poco ci schiacceremo gli uni contro gli altri, e qualche cosa esploderà, se ci ostiniamo a voler assorbire nelle cure prodigate alle nostre vecchie casupole forze materiali e spirituali ormai dimensionate alla grandezza d’un Mondo.

Un nuovo campo di espansione psichica: ecco, ciò che manca e sta proprio davanti a noi, se soltanto alziamo gli occhi.

La pace nella conquista, il lavoro nella gioia: ci aspettano, al di là di ogni impegno opposto ad altri imperi, in una totalizzazione interna del Mondo su se stesso, — nell’edificazione unanime di uno Spirito della Terra.

L’Evoluzione, lo abbiamo riconosciuto ed ammesso, è un’ascesa verso la Coscienza. Il fatto non è ormai contestato dai più materialisti, o per lo meno dai più agnostici seguaci dell’umanitarismo. Essa deve quindi culminare, in futuro, in qualche Coscienza suprema. Ma questa Coscienza, proprio per essere suprema, non deve recare in sé, al massimo grado, ciò che è la perfezione della nostra: il ripiegamento illuminante dell’essere su se stesso? Prolungare verso uno stato diffuso la curva dell’Ominizzazione è un errore manifesto! Si può estrapolare il Pensiero unicamente verso una iper-riflessione, cioè verso una iper-personalizzazione… Altrimenti come potrebbe tesaurizzare le nostre conquiste che si realizzano tutte nel Riflessivo? Indietreggiamo, di primo acchito, di fronte all’associazione di un Ego con ciò che è il Tutto. Tra i due termini, la sproporzione ci sembra enorme, — pressoché risibile. Ma è perchè non abbiamo abbastanza meditato sulla triplice proprietà che possiede ogni coscienza: 1) di tutto centrare parzialmente attorno a sé 2) di potersi centrare sempre di più in se stessa 3) di essere condotta, da questa stessa super-centratura, a raggiungere tutti gli altri centri che la circondano. Non viviamo forse, in ogni istante, l’esperienza di un Universo la cui Immensità, attraverso il funzionamento dei nostri sensi e della nostra ragione, si raccoglie sempre più naturalmente in ognuno di noi? E nell’affermazione in corso, grazie alla Scienza e alle Filosofie, di una “Weltanschauung” umana collettiva, alla quale ognuno di noi coopera e partecipa, non sperimentiamo i primi sintomi di una concentrazione d’ordine ancora più elevato, la nascita di un qualche focolaio unico sotto i fuochi convergenti di milioni di focolai elementari sparsi sulla superficie della Terra pensante?

Tutte le nostre difficoltà ed avversioni relative all’antitesi del Tutto e della Persona sparirebbero di colpo se solo comprendessimo che, per struttura, la Noosfera, e più generalmente il Mondo, costituiscono un insieme, non soltanto chiuso, ma centrato. In quanto, contiene e genera la Coscienza, lo Spazio-Tempo è necessariamente di natura convergente. Di conseguenza, le sue falde smisurate, seguite nel senso giusto, devono raccogliersi, da qualche parte, verso l’avanti, in un Punto, — chiamiamolo Omega — , che le fonde e le consuma integralmente in sé. — Per quanto immensa sia la sfera del Mondo, essa esiste ed è in definitiva percepibile solo nella direzione in cui (sia pure al di là del Tempo e dello Spazio) i suoi raggi si congiungono. Meglio ancora: più questa sfera è immensa, e più ricco, più profondo e pertanto più cosciente si annunzia il punto in cui si concentra il “volume di essere” che essa abbraccia: — poiché lo Spirito, visto dal nostro lato, è essenzialmente potenza di sintesi e d’organizzazione.

Considerato in tale prospettiva, l’Universo, senza nulla perdere in vastità, e quindi senza antropomorfizzarsi, assume decisamente un volto: poiché per pensarlo, subirlo e viverlo, dobbiamo guardare al di là delle nostre anime, e non in senso contrario. Nelle prospettive di una Noosfera, Tempo e Spazio si umanizzano, — o piuttosto si super-umanizzano. Lungi dall’escludersi, Universale e Personale (cioè “Centrato”) crescono nello stesso senso e culminano l’uno nell’altro contemporaneamente.

Errore, dunque, ricercare dal lato dell’Impersonale i prolungamenti del nostro essere e della Noosfera. L’Universale-Futuro non potrebbe essere che una qualche forma di iper-personale, — nel Punto Omega.

In Omega, per definizione, si accumula e si raccoglie, alla sua fioritura e nella sua pienezza, la quantità di coscienza che si è a poco a poco sprigionata sulla Terra, mediante la Noogenesi. Questo punto è scontato. Ma cosa significano, in realtà, e cosa implicano queste parole, in apparenza così semplici: “somma di coscienza”?

Se stiamo a sentire i discepoli di Marx, sembrerebbe che, per crescere e per giustificare le rinunce a noi imposte, fosse sufficiente all’Umanità mettere insieme le conquiste successive che ciascuno di noi, morendo, abbandona: le nostre idee, le nostre scoperte, le nostre creazioni artistiche, il nostro esempio. Tutte queste cose imperiture non rappresentano la parte migliore del nostro essere?

Riflettiamo un poco. E vedremo che, per un Universo considerato, per ipotesi, come un “collettore e conservatore di Coscienza”, l’operazione, se si limitasse a raccogliere delle spoglie, rappresenterebbe uno sperpero spaventoso. Ciò che mediante le invenzioni, l’educazione e ogni tipo di espressione, emana da ciascuno di noi e viene trasferito alla massa umana ha importanza vitale: ho sufficientemente tentato di metterne in luce il valore filetico per non essere sospettato di minimizzarlo. Ma, detto questo, mi è anche giocoforza riconoscere che, in questo apporto alla collettività, lungi dal comunicare la parte più preziosa di noi stessi, riusciamo appena a trasmettere agli altri, nei casi più favorevoli, solo l’ombra di noi stessi. Le nostre opere? Ma qual è, nell’interesse stesso della Vita generale, l’opera delle opere umane, se non la costituzione, operata da ciascuno di noi in se stesso, di un centro assolutamente originale, in cui l’Universo si riflette in modo unico, inimitabile: il nostro Io, la nostra personalità, precisamente? Il focolaio stesso della nostra coscienza, più profondo di tutti i suoi raggi: ecco l’essenziale che Omega deve ricuperare per essere veramente Omega. Ora, noi non possiamo evidentemente spogliarci di questa parte essenziale a favore degli altri, così come doneremmo un cappotto o trasmetteremmo una fiaccola: poiché siamo noi la fiamma. Il mio io, per potersi comunicare, deve sussistere nell’abbandono che fa di sé: altrimenti il dono svanisce. — Donde la conclusione invitabile che la concentrazione di un Universo cosciente sarebbe impensabile se, assieme a tutto il Cosciente, non riunisse in sé tutte le coscienze: ciascuna di queste deve rimanere cosciente di sé al termine dell’operazione, — anzi, bisogna che lo comprendiamo bene, deve divenire tanto più se stessa, e quindi tanti più distinta dalle altre, quanto maggiormente si avvicina ad esse in Omega.

Non solamente conservazione, ma esaltazione degli elementi attraverso la convergenza!

Cosa vi è di più semplice, in verità, e di più conforme a tutto ciò che sappiamo?

In qualunque campo, — si tratti delle cellule di un corpo, o dei membri di una società, o degli elementi di una sintesi spirituale — , l’Unione differenzia. In ogni sistema organizzato le parti si perfezionano e si compiono. Proprio per aver trascurato questa regola universale, molti panteismi ci hanno fatto smarrire la via nel culto di un Gran Tutto in cui gli individui erano tenuti a perdersi come gocce d’acqua, o a dissolversi come granelli di sale, nel mare. Applicata al caso della somma delle coscienze, la Legge dell’Unione ci libera da questa pericolosa e sempre rinascente illusione. No, nel confluire secondo la linea dei loro centri, i granuli di coscienza non tendono a perdere i loro contorni e a mescolarsi. Accentuano, invece, la profondità e l’incomunicabilità del loro ego. Più essi diventano, tutti assieme, l’Altro, più individualmente divengono “sé”. Come potrebbe essere diversamente se penetrano in Omega? — Un Centro potrebbe davvero dissolvere? O piuttosto, il suo modo particolare di dissolvere non è proprio di supercentrare?

Così, sotto l’influenza combinata di due fattori: il carattere essenzialmente non mescolabile delle coscienze e il meccanismo naturale di ogni unificazione, l’unica immagine mediante cui possiamo correttamente esprimere lo stato finale di un Mondo in via di concentrazione psichica è rappresentata da un sistema la cui unità coincide con un massimo di complessità armonizzata. Sarebbe dunque inesatto rappresentarci semplicemente Omega come un Centro originante dalla fusione degli elementi che riunisce o che annulla in sé. Per struttura, Omega, considerato nel suo principio ultimo, non può essere che un Centro distinto irradiante nel cuore di un sistema di centri. Un raggruppamento in cui la personalizzazione del Tutto e la personsalizzazione degli elementi raggiungono, senza mescolanza e simultaneamente, il massimo grado, sotto l’influsso di un focolaio d’unione sommamente autonomo.

E’ questa l’unica immagine che si delinea quando tentiamo di applicare logicamente, sino in fondo, a un insieme granulare di pensieri, la nozione di Collettività.

E qui appaiono i motivi del fervore e, al tempo stesso, dell’impotenza che accompagnano una qualsiasi soluzione egoistica della Vita. L’egoismo, sia privato che razziale, ha ragione di esaltarsi all’idea dell’elemento che si eleva, per fedeltà alla Vita sino ai valori massimi di ciò che cela in se stesso di un unico e d’incomunicabile. Sente giusto, dunque. Il suo solo errore, ma che gli fa del tutto voltare le spalle alla retta via, consiste nel confondere individualità e personalità. Quando cerca di separarsi il più possibile dagli altri, l’elemento si individualizza; ma, così facendo, ricade e cerca di trascinare il Mondo all’indietro verso la pluralità, nella Materia. Diminuisce e, in realtà, si perde. Per essere pienamente noi stessi, dobbiamo avanzare nella direzione opposta, nel senso di una convergenza con tutto il resto, e cioè verso l’Altro. Il compimento di noi stessi, il culmine della nostra originalità, non è la nostra individualità, — è la nostra persona; e questa, data la struttura evolutiva del Mondo, non possiamo scoprirla che attraverso l’unione. Non vi è spirito senza sintesi. Sempre la stessa legge, da cima a fondo. Il vero Ego cresce in ragione inversa dell’ ”Ego-tismo”. A immagine di Omega che lo attrae, l’elemento non diviene personale che per universalizzazione.

…Questo, tuttavia, a una condizione evidente ed essenziale. Risulta dall’analisi precedente che, per personalizzarsi realmente sotto l’influenza dell’Unione, le particelle umane non devono congiungersi in modo qualunque. Poiché si tratta, in realtà, di attuare una sintesi dei centri, esse debbono entrare in reciproco contatto centro a centro, e non altrimenti. Tra le varie forme di interazioni psichiche che animano la Noosfera sono quindi le energie di natura “intercentrica” che dobbiamo concorrere efficacemente ai progressi dell’Evoluzione in noi. Ed eccoci perciò stesso ricondotti al problema di amare.

L’amore, nelle sue svariate sfumature, non è altro, e non è nulla di meno, della traccia più o meno diretta segnata nel cuore dell’elemento dalla Convergenza psichica dell’Universo in se stesso.

Un amore universale: non soltanto è una cosa psicologicamente possibile, ma è per di più il solo modo completo e definitivo con cui si possa amare.

I passi scelti sono tratti da “Il Fenomeno Umano” di Pierre Theilhard de Chardin, Queriniana edizioni , 2010, Brescia

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