Mind uploading e Doppelgänger, tra ontologia, diritto, reincarnazione

Quali opportunità e questioni aprirebbe il “mind uploading” (caricamento di una mente cosciente in un substrato non-biologico) per coloro che desiderano cambiare il proprio sesso? Raffaele Y. Ladu ci invita a riflettere sul possibile status ontologico e giuridico di coloro che utilizzeranno la tecnologia futura per autodeterminare il proprio genere sessuale.

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TECNOETICA
11 min readDec 9, 2016

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Autore: Raffaele Yona Ladu

Il mind uploading, ovvero il salvare la propria mente nella macchina virtuale di un computer, potrebbe risolvere uno degli spinosi problemi delle persone trans: sperimentare come si sentirebbero vivendo nel sesso in cui vogliono transizionare, prima di iniziare cure mediche e chirurgiche sempre meno reversibili, ed affrontare una costosa causa legale per cambiare sesso anagrafico. La legislazione dei paesi più avanzati (come l’Argentina, Malta, l’Irlanda) consente di cambiare sesso anagrafico con una semplice dichiarazione, senza bisogno di cure mediche e di un difficile processo, ma resta sempre il problema di accertarsi che la transizione sia la cosa giusta da fare.

L’idea sarebbe questa: si esegue il mind uploading della persona che desidera transizionare, e non ci si limita a far funzionare l’upload dentro un computer statico — si inserisce questo upload dentro un androide (se inorganico, biologico o cyborg non ha ora importanza — deve comunque interagire socialmente come il soggetto originario) creato del sesso desiderato dal soggetto originario, e questo androide compirà il “real life test = sperimentazione nella vita reale” necessario per valutare se la transizione di genere sarà un successo.

È vero che il soggetto originario potrebbe concludere, dopo questo test: “L’androide fa esattamente la vita che avrei voluto fare io. Somministratemi l’eutanasia, in modo che l’androide prenda il mio posto in tutto e per tutto”, ma voglio immaginare che il soggetto originario dica invece: “L’androide ha terminato il suo compito. Transizionatemi”, anche perché una società capace di eseguire un mind uploading è con ogni probabilità capace di ristrutturare il corpo ed il ruolo sociale di una persona trans in modo semplice, rapido, economico ed indolore.

Nel frattempo, esistono almeno due esemplari del soggetto originario: la sua versione nata da donna, e l’androide che esegue il real life test; la prudenza impone che ce ne sia un terzo esemplare — l’immagine della mente del soggetto originario, inserita poi nell’androide, che vive sotto forma di macchina virtuale in un server e viene continuamente aggiornata con le esperienze ed i pensieri di entrambi: se l’androide “perisce”, occorre crearne rapidamente un altro esemplare.

Ci troviamo qui perciò alle prese con il famoso problema del “Doppelgänger = doppio”, che vorrei affrontare ricorrendo all’ontologia sociale di Maurizio Ferraris. Questi distingue gli enti (lui li chiama “oggetti”) in tre categorie:

  • oggetti fisici;
  • oggetti ideali;
  • oggetti sociali.

Rimandando alla bibliografia [1, 2, 3] per una trattazione adeguata, riassumo i tratti che distinguono le tre categorie.

Un oggetto fisico è durevole, dalla sua creazione alla sua distruzione occupa una porzione definita dello spazio-tempo, ed esiste indipendentemente dalla nostra opinione: un essere umano esiste anche se non è stato mai registrato all’anagrafe.

Un oggetto ideale è eterno, non occupa una porzione dello spazio tempo, ed esiste indipendentemente dalla nostra opinione; nell’articolo [1] argomento perché Dio non è un oggetto ideale nella religione ebraica, ed un esempio più convincente (criticato però da alcuni matematici) è il teorema: il Teorema di Pitagora esisteva prima che fosse dimostrato, e continuerà ad esistere anche qualora fosse dimenticato.

Un oggetto sociale è durevole, occupa una porzione dello spazio-tempo non determinata a priori, e la sua esistenza dipende dall’accordo delle persone che ne riconoscono l’esistenza e si comportano di conseguenza.

Gli oggetti sociali sono la categoria più importante degli oggetti che trattiamo quotidianamente, come mostra l’esempio più chiaro per descriverli: il denaro.

Una somma di denaro può essere infatti rappresentata da una moneta di metallo prezioso, da una banconota, da un assegno, dal saldo di un conto, da un credito in scadenza da riscuotere, eccetera. Ognuno di essi è una rappresentazione alternativa della medesima somma, non determinata a priori, ed anche se il “credito in scadenza da riscuotere” fosse solo la promessa verbale di un amico di darci dei soldi quando glieli chiediamo, il fatto che sia noi che lui ce ne ricordiamo significa che essa è scritta nella nostra memoria, e la traccia neurale corrispondente è la porzione dello spazio-tempo che la rappresenta.

Gli oggetti sociali dipendono dal riconoscimento sociale: una banconota può finire fuori corso, un conto corrente può essere bloccato, un credito in scadenza impugnato, eccetera. Ma non è il denaro l’esempio di oggetto sociale più adatto per quest’articolo — perché le rappresentazioni di una somma di denaro sono appunto alternative: se io cambio una banconota in monete, mi ritrovo nel portafogli la stessa somma di prima.

L’esempio più adatto è l’opera dell’ingegno: un libro stampato in mille copie è la medesima opera dell’ingegno rappresentata da mille esemplari — ognuno dei quali è un oggetto fisico distinto, ma trova il suo valore come rappresentazione dell’opera. Quand’anche l’opera fosse tramandata solo oralmente (caso ormai raro), essa verrebbe comunque rappresentata dalle tracce neurali in chi la recita e chi l’ascolta.

A livello più elevato, un’opera dell’ingegno può essere rappresentata in diversi modi: allo spartito della Nona di Beethoven corrispondono non solo diverse edizioni a stampa, ma anche migliaia di interpretazioni, dal vivo come registrate; ed un brano biblico non viene solo stampato in lingua originale, non riceve solo traduzioni, ma ispira anche poeti, romanzieri, autori di teatro, registi cinematografici e perfino librettisti d’opera.

Ci avviciniamo così al caso del soggetto trans che, volendo sperimentare realisticamente ma prudentemente la sua nuova vita, fa sì che esistano altre due copie della propria mente, separate da lui: quella nella macchina virtuale del server, e quella nell’androide che sperimenta la vita nel genere desiderato.

Si tratta di soggetti distinti o di diverse istanze del medesimo soggetto? La decisione è per forza di cose sociale; si potrebbe pensare di evitarla con una scelta tecnica, esigendo che codesti tre soggetti abbiano una perenne connessione a larghissima banda che permetta loro di pensare all’unisono — ma se la connessione per un qualsiasi motivo si interrompesse? E magari il soggetto biologico originario stesse guidando su una strada pericolosa? Diventa necessario prevedere la possibilità di agire autonomamente quando offline — ed il problema non si è così risolto.

La mia proposta è di prendere atto del nuovo status ontologico della persona (che da oggetto fisico diventa oggetto sociale) e considerare un siffatto collettivo un caso particolare di persona giuridica, stabilendo delle regole che distinguano i casi in cui ogni istanza può agire autonomamente, e quelli in cui deve agire di concerto con gli altri — e come va manifestato il consenso di tutti.

Non è un problema semplicissimo: se ci sono negozi giuridici (come l’acquisto di una casa) che riguardano tutte le istanze, ed appare perciò ragionevole che il collettivo manifesti il proprio consenso (all’unanimità od a maggioranza, deciderà la legge), ce ne sono altri in cui ogni istanza deve agire indipendentemente.

Se il soggetto biologico originario è coniugato, sono coniugati anche la macchina virtuale e l’androide con la medesima persona? La mia opinione è sì, perché altrimenti non condividerebbero il destino del primo — le diverse istanze devono avere i medesimi rapporti familiari. Pazienza se questo porta ad aggirare il divieto di poligamia (ma credo che avere più coniugi con la medesima personalità sia mortalmente noioso — non capiterà spesso), che ritengo vada comunque abolito (sono poly-friendly).

E se il soggetto biologico originario ha la patente di guida, la licenza di caccia, l’abilitazione all’esercizio di una professione, anche le altre istanze le hanno? Qui credo che sia prudente presumere di no: ogni istanza deve dimostrare la propria idoneità — è facile presumere che una macchina virtuale possa fare l’avvocato, non è garantito che un androide possa fare il chirurgo.

Il chirurgo che vuole sperimentare la possibilità di transizionare può decidere infatti di “risparmiare” (denaro, ma anche tempo) ordinando un androide che non abbia la sua stessa abilità manuale, e sarebbe pericoloso mettere un androide che fatica pure a battere a macchina in sala operatoria.

Il risvolto positivo è che ogni istanza potrebbe seguire un corso di studi o svolgere una professione indipendente, arricchendo il collettivo; ma sono autorizzate codeste istanze a condividere tra loro i segreti professionali? Credo che sia necessaria una liberatoria caso per caso: se il soggetto originario è un medico, e la macchina virtuale un avvocato, possono costituire insieme uno studio medico legale, e la possibilità di condividere direttamente le informazioni fa risparmiare un sacco di tempo; ma non è detto che chi si rivolge all’avvocato od al medico per altre questioni voglia che il medico conosca i dettagli della sua causa, o l’avvocato della sua salute.

Qui ho voluto solo accennare alla complessità dei problemi sociali e giuridici che nascono dal mind uploading; ce n’è anche uno religioso — spero di non cadere, parlandone, nella “propaganda religiosa”.

Per i cristiani ad ogni corpo umano vivente corrisponde un’anima, ed anche nel caso di mind uploading tale anima rimane unita al soggetto biologico originario — questo permette di trattare le sue ulteriori istanze come semplici estensioni, non meritevoli della tutela che spetta agli esseri umani. Quando ho immaginato che il soggetto biologico originario concludesse l’esperimento dicendo: “L’androide ha terminato il suo compito”, ho assunto una prospettiva cristiana.

Il caso ebraico non è uguale, perché molti ebrei credono alla reincarnazione [4, 5a], non solo in un altro essere umano, ma anche in un animale. Ed è possibile che l’anima (nefesh) di una sola persona (per esempio, un grande personaggio biblico) si reincarni in molte altre persone, che vengono da lei ispirate a compiere grandi cose; e come una persona può dare “scintille” (nitzotzot) d’anima a tante altre persone, una può riceverne da molte altre persone [5b] — e questo anche durante la propria vita terrena [5c], non solo prima di cominciarla.

Le regole della reincarnazione secondo la Qabbalah ebraica sono assai complicate, ammetto di doverle approfondire, ed i cabalisti, da bravi ebrei teisti, sembrano assai riluttanti verso il transumanesimo — le diverse correnti ebraiche teiste tracciano la “linea rossa” in luoghi diversi, ma tutte paventano che il superarla sia un’usurpazione del ruolo creatore dell’Eterno [per esempio, 6a, 6b, 6c]; se però volessero abbracciarlo partirebbero assai avvantaggiati, in quanto potrebbero considerare il mind uploading un caso particolare di “gilgul ha-nefesh = circolazione dell’anima”.

Invece gli ebrei non teisti non hanno problemi con il transumanesimo, lo vedono anzi come la realizzazione di alcune ambizioni dell’ebraismo [6d], derivanti dall’apocalittica e dall’escatologia ebraica e poi cristiana [di nuovo 6c], e vi aderiscono in misura superiore alla popolazione generale.

Resta il problema di garantire l’identità della persona attraverso le diverse reincarnazioni — secondo Gershom Scholem [7], a questo serve il concetto di “tzelem = immagine”, ovvero “guf ha-daq = corpus subtile = corpo astrale” — si può dare di questo tzelem un’interpretazione non antropomorfa e transumanista?

E più serio problema è chiedersi se sia lecito “terminare” un androide od una macchina virtuale una volta che hanno raggiunto lo scopo per cui furono creati — per gli ebrei, il fatto che in un animale possa essersi reincarnata un’anima umana non vieta di ucciderlo e cibarsene, anche perché così si dà a tal anima la possibilità di acquisire meriti (una volta ingerita da un corpo umano) e reincarnarsi in forma superiore [8].

Mi discosterei da questa posizione e darei anche a questi “organismi” cibernetici la medesima tutela degli esseri umani — come da Articolo 10 della Carta dei Princìpi dei Transumanisti Italiani [9]. Chi ordina un androide per il proprio “real life test” deve tenerselo anche dopo il termine del test, e fargli posto nella sua vita.

Non è un atteggiamento diverso da quello di chi prende un animale da compagnia per i suoi figli: anche se i figli sono cresciuti, ed il compito “formativo” dell’animale è terminato, esso continua a far parte della famiglia e va amato per se stesso.

Se ne rammaricheranno probabilmente tutti gli scrittori [10] (e psicoanalisti [11]) che si sono fatti una carriera parlando dell’“Unheimlich = perturbante” e trattando le inquietudini che nascono dall’incontro con il proprio “Doppelgänger = doppio”, ma penso che sarà un’esperienza comune e facilmente gestita.

Non so come la pensino sull’argomento mind uploading induisti e buddisti (che credono nella reincarnazione); i mussulmani sono un caso più complicato: se la maggior parte di loro cita la Sura 23 del Corano, vv. 99–100 [10a], come l’esclusione della reincarnazione, alcune correnti sufi citano invece la Sura 2, v. 28 [10b] e la Sura 18, v. 45 [10c] come prove della reincarnazione — ed è ben noto un inno di Jalāl ad-Dīn Muhammad Rūmī intitolato “Il progresso dell’uomo” [11a] (una simile poesia si può leggere in [11b]) che parla di successive reincarnazioni dall’inanimato all’umano.

Lascio la questione ai dotti mussulmani.

Riferimenti:

[1] Uranus L’osservatore urningo : Ontologia e genere / Raffaele Yona Ladu

[2] Storia dell’ontologia / a cura di Maurizio Ferraris. — Milano : Bompiani, 2008. — ISBN 9788845261404

[3] Documentalità: ontologia del mondo sociale / Maurizio Ferraris

[4] What Judaism Says About Reincarnation / Rabbi Louis Jacobs

[5a] Sha’ar ha-Gilgulim ; Gate of Reincarnations / By Rabbi Yitzchak Luria ; as recorded by Rabbi Chaim Vital ; translation from Sha’ar Hagilgulim by Yitzchok bar Chaim ; commentary by Shabtai Teicher

[5b] Gate of Reincarnations — Chapter Fourteen : Soul Splits

[5c] Gate of Reincarnations — Chapter Three, Section 1 : Ibur While Alive

[6a] Jewish Bioethics of Transhumanism / JAKE MOROSHEK

[6b] Transhumanism and the Body: The World Religions Speak / edited by C. Mercer, D. Maher

[6c] Utopianism and Eschatology: Judaism engages Transhumanism / Hava Tirosh-Samuelson

[6d] Beyond Otaku: Transhumanism and Judaism / Joshua Fox

[7] La figura mistica della divinità : Studi sui concetti fondamentali della Qabbalah / Gershom Scholem. — Milano : Adelphi, 2010 — ISBN 9788845925443

[8] Jewish Vegetarians of North America : What about the Chassidic view that, when one is pious and performs Torah mitzvot, he or she elevates the animal by consuming its flesh, since the energy produced from the animal is used to perform mitzvot which the animal could not perform in any other way?

[9] La Carta dei Princìpi dei Transumanisti Italiani (2015)

[10] Wikipedia (ENG) : Doppelgänger

[11] Società Psicoanalitica Italiana : SpiPedia : Perturbante (Il)

[10a] Il Corano : Sura 23 (Al-Mu’minûn — I Credenti)

[10b] Il Corano : Sura 2 (Al-Baqara — La Giovenca)

[10c] Il Corano : Sura 18 (Al-Kahf — La Caverna)

[11a] Poems by Rumi : The Progress of Man

[11b] Il fuoco dell’Amore Divino / Mevlana Jalaluddin Rumi

Raffaele è il mio nome anagrafico, Yona è il mio nome ebraico; letteralmente vuol dire “colomba”, è il nome originale del profeta Giona, ma è considerato nell’Israele di oggi un nome unisex — me lo terrò anche se decidessi di “transizionare”. Il principale dei miei blog è Bijew Bijou.

Nat* nel 1962, assegnat* alla nascita al sesso maschile, recentemente diagnosticat* come Asperger, programmatore di computer in una banca, laureat* in Psicologia Generale e Sperimentale, ebre* umanista (SHJ: Society for Humanistic Judaism) ma con interessi teistici che approfondisco studiando alla Facoltà Valdese di Teologia (con l’approvazione della mia rabbina di riferimento, Miriam Jerris), sposat* con una donna che per dieci anni ha presieduto l’Arcilesbica di Verona ed ora presiede Lieviti, un’associazione per i diritti delle persone bisessuali e pansessuali affiliata all’Arcigay.

Uno dei possibili sintomi della Sindrome di Asperger è, oltre alla goffaggine nei movimenti (digito con 10 dita, ma non mi fate prendere in mano un martello!), l’identità di genere non binaria (è stato coniato da noi Aspie il termine gendervague, ovvero “persona neurodiversa [perché ritiene la propria patologia una ricchezza] e genderqueer”), che spesso sfocia in disforia di genere, ovvero il volersi di sesso diverso da quello attribuito alla nascita (attenzione: non tutte le persone che hanno tal disforia sono Asperger!), e questo mi ha suggerito il tema dell’articolo.

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