Un nuovo tipo di mente

Cosa sarà a cambiare radicalmente il mondo nel prossimo futuro? Secondo Kevin Kelly, noto futurologo, l’intelligenza artificiale che emergerà dal web sarà così pervasiva e diffusa, ma anche diversa dall’intelligenza biologica, che trasformerà in modo profondo la nostra vita.

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TECNOETICA
5 min readApr 17, 2017

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Autore: Kevin Kelly

È difficile immaginare qualcosa che potrà cambiare tutto quanto un’intelligenza artificiale diffusa, economica e potente, un tipo di mente sintetica che impara e si migliora.

Una piccola quantità di intelligenza reale inserita in un processo già esistente potrà fargli fare un salto di qualità. Potremmo impiegare la mindfulness [con tale termine l’autore intende la consapevolezza dei propri pensieri e delle proprie azioni, N.d.R.] come adesso impieghiamo l’elettricità. Il cambiamento che ne seguirebbe sarebbe cento volte più dirompente per le nostre vite del potere di trasformazione che ha avuto l’elettricità. Potremmo usare l’intelligenza artificiale così come abbiamo sfruttato altri poteri, sprecandoli in cose apparentemente sciocche. Certo, dovremmo avere un programma per applicare l’intelligenza artificiale ai difficili problemi della ricerca, come la cura del cancro o la soluzione di quesiti matematici intrattabili, ma il vero sconvolgimento verrà dall’inserire una mindfulness scaltra nella vendita di dispositivi, scarpe, libri, automobili, nella restituzione di tasse, nelle e-mail e nei cardiofrequenzimetri.

Questa intelligenza addizionale non dovrà affatto essere sovrumana o similumana. Anzi, i vantaggi maggiori di un’intelligenza artificiale arriverebbero da una mente che pensa in modo diverso dagli umani, visto che di questi ne abbiamo già un sacco intorno. Il fattore chiave non sarà nemmeno la sua furbizia o la sua varietà, ma la sua diffusione. Alan Kay, l’informatico della University of California di Los Angeles, scherza dicendo che negli umani la prospettiva da sola vale ottanta punti di QI, mentre per un’intelligenza artificiale è l’ubiquità che ne vale altrettanti. Un’intelligenza artificiale distribuita (AI), incastonata ovunque ci sia elettricità, diventa un’intelligenza artificiale minuscola (un’ai), cioè un’intelligenza di background di basso livello, che permea il technium [con tale termine l’autore intende il sistema della tecnosfera, N.d.R.] lo modella proprio per questa sua ubiquità.

Idealmente questa intelligenza addizionale non dovrà essere solo economica, ma addirittura gratuita. Un’ai gratuita, come i Creative Commons su web, nutrirebbe il commercio e la scienza come nessun’altra forza che io riesca a immaginare, e si finanzierebbe da sola in un baleno. Fino a poco fa, si pensava che questa mente artificiale sarebbe stata ospitata inizialmente da supercomputer e che poi, forse, ne avremmo avuti di più piccoli a casa o da aggiungere ai cervelli dei nostri personal computer. Sarebbero state entità collegate e avremmo saputo dove finivano i nostri pensieri e cominciavano i loro.

Invece, il successo a valanga che Google ha avuto nell’ultimo decennio suggerisce che l’ai prossima ventura non sarà vincolata in un apparecchio definito. Sarà su web: sarà come il web. Più la gente userà il web, più lei imparerà. Più saprà, più la useremo. Più intelligente diventerà più soldi farà, e più intelligente diventerà più la useremo. L’intelligenza del web è a un punto di non ritorno, in accelerazione tutte le volte che qualcuno clicca su un link o ne crea uno nuovo. Invece di avere dozzine di genietti che provano a programmare un’AI in un laboratorio universitario, ci saranno miliardi di persone che esercitano il loro debole barlume di intelligenza per far crescere quadrilioni di iperlink su web. Molto prima che la capacità computazionale di un computer a batteria sorpassi la presunta capacità computazionale di una mente umana, il web – insieme a tutti i chip connessi e pronti al lavoro – farà sembrare minuscoli i nostri cervelli. In effetti, lo ha già fatto.

Man mano che la vita commerciale, il lavoro scientifico e le attività quotidiane dell’umanità si muovono sul web, si delineano le potenzialità e i benefici di un’ai-web. La prima ai reale probabilmente non vedrà la luce in un supercomputer singolo, ma nel superorganismo di miliardi di CPU conosciuti come web. Avrà dimensioni planetarie, ma sarà sottile, radicata e liberamente connessa. Ogni dispositivo che toccherà questa ai-web condividerà – e contribuirà – alla sua intelligenza.

Le menti che rimarranno isolate saranno probabilmente viste come handicappate, uno svantaggio che si pagherà in termini di mobilità verso posti fisicamente distanti. Un’AI che sia fuori dal web non potrebbe imparare tanto velocemente, in modo tanto ampio o tanto astutamente quanto una che sia connessa con sei miliardi di menti umane, un quintilione di transistor, centinaia di esabyte di dati di vita reale e circoli virtuosi di autocorrezione che coinvolgono l’intera umanità.

Quando arriverà questa ai emergente, non sarà subito riconosciuta come intelligenza. La sua ubiquità sarà anche motivo della sua irriconoscibilità. Useremo la sua crescente furbizia per tutti i nostri lavori di routine, incluse le misure scientifiche e la modellizzazione, ma siccome la furbizia che vive su piccoli bit di codice si diffonde per il pianeta e non ha un corpo che la contenga, sarà senza faccia. Potrai raggiungere questa intelligenza distribuita in milioni di modi, attraverso qualsiasi schermo digitale ovunque sulla Terra, così sarà difficile dire dove si trovi. E siccome questa intelligenza sintetica è una combinazione di intelligenza umana (tutta la cultura acquisita in passato più tutta quella corrente e online) e dell’ambita superveloce memoria zippata di origine aliena e digitale, sarà difficile indicare anche che cosa sia. È la nostra memoria o è un accordo consensuale? La stiamo cercando o è lei che cerca noi?

Anche se sprecheremo l’ai-web per scopi triviali e per atti casuali di intrattenimento, la useremo come nuovo tipo di intelligenza per la scienza. Ancor più importante, un’ai interconnessa cambierà il nostro modo di fare scienza. Strumenti davvero intelligenti accelereranno e modificheranno le nostre misure; enormi set di dati raccolti costantemente e in tempo reale accelereranno e modificheranno il nostro modo di fare modelli. Documenti davvero intelligenti accelereranno e modificheranno la nostra consapevolezza di sapere qualcosa. Il metodo scientifico è un modo di conoscere, ma è stato sempre basato su come ragionano gli esseri umani. Una volta che aggiungeremo a questo metodo un nuovo tipo di intelligenza, sarà costretto a funzionare in modo diverso. A quel punto, cambierà tutto.

Il presente testo è un estratto dal libro: Come cambiera tutto. Le idee che trasformeranno il nostro futuro, a cura di John Brockman, Il Saggiatore, Milano 2010

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