TC Premier League. E’ Blue il cielo sopra Manchester. Lo United? Solo difesa…

Albert Bertolini
Tribuna Centrale
Published in
6 min readNov 11, 2018
David Silva, ovvero la qualità in persona (youtube)

Il City si prende lo scalpo dello United al termine di un derby a senso unico . Finisce 3–1 per gli uomini di Guardiola. Non può andare sempre bene. Se è vero che nel calcio non sempre vince la squadra che più meritato di farlo, è vero altresì che il più delle volte chi pensa soltanto a difendersi, e per di più lo fa in modo farraginoso, finisce per pagare pegno. Quando poi dall’altra parte del campo c’è un tale concentrato di qualità, intelligenza, movimenti con e senza la palla, colpi dei singoli, beh, si fa notte fonda per chi non sa più come trasformare in proposta calcistica il peso del nome e della tradizione che porta sulla maglia. Non c’è mai stata storia. Nemmeno dopo il rigore che ha temporaneamente riaperto la partita nella ripresa. Troppo evidente il gap tra le due metà di Manchester in questo momento storico. Il cielo è sempre più Blue.

PRIMO TEMPO

Mou perde Pogba che non supera un problema muscolare emerso in settimana, il tecnico portoghese spera nel proverbiale blessing in disguise. Al posto del francese dentro dall’inizio Marouane Fellaini, vero e proprio passepartout per i Red Devils nella prodigiosa rimonta di Champions allo Juventus Stadium. Il City è quello annunciato, super offensivo, Silva David, Silva Bernardo, Mahrez, Aguero e Sterling, qualità a pacchi, da mal di testa solo a leggerli tutti insieme sulla distinta… Salvate il soldato Fernandinho, unico a presidiare la linea difensiva. Uno che è ben capace di salvarsi da solo, comunque.

Derby di Manchester da corsari. Quattro delle ultime cinque edizioni sono infatti andate alla squadra in trasferta. E dalle parti dell’Etihad brucia ancora molto la ferita inferta lo scorso 7 aprile dai Red Devis, capaci di rimontare due gol di svantaggio e imporsi nel giorno che avrebbe potuto laureare i Citizens campioni d’Inghilterra con largo anticipo.

Il plot della gara è chiaro fin dalle prime battute: il City menerà le danze e lo United proverà a rovinarle. Dopo appena un minuto Bernardo Silva va vicino al bersaglio grosso con un sinistro dalla distanza che sibila di poco a lato del palo. Ottanta secondi dopo, triangolazione rinascimentale tra Aguero, Fernandinho e David Silva con il Kun, improponibile con la chioma platinata, che si mangia il cioccolatino dello spagnolo ciccando la sfera.

La proposta offensiva del City nei primi minuti è impressionate per qualità. continuità e variazioni sul tema. Lo United si limita a sgobbare in lungo e in largo, nella speranza che sia solo un temporale e che il sole torni a fare capolino tra le nuvole.

Undici giocatori undici sotto la palla, per Jose Mourinho. Così però ripartire diventa la scalata del K2 in infradito, più o meno.

Il temporale comunque non si placa, anzi, si fa tempesta. Alla quinta variazione di power play il City mette la freccia. Fraseggio a velocità illegale con palla aperta sulla fascia sinistra per Sterling che rientra sul destro, la mette forte sul secondo palo dove Bernardo Silva sorprende alle spalle uno svagato Shaw e serve Silva che non perde l’attimo e scaglia un destro sotto la traversa. Dodici minuti e la parte blu di Manchester fa festa senza che quella rossa abbia potuto vedere i propri beniamini varcare la soglia della metà campo avversaria.

Manchester United in balia degli uomini di Guardiola che si infilano dove vogliono, Red Devils che non riescono a spezzare le trame avversarie e si trovano costantemente a dover fronteggiare situazioni di inferiorità numerica.

Al quattordicesimo minuto lo United mette piede per la prima volta in territorio nemico e porta a casa un angolo. Addirittura.

La naturalezza con cui Laporte si è inserito nei meccanismi difensivi della squadra di Guardiola è inquietante.

L’espressione (ma soprattutto il colore) dell’immortale Sir Alex Ferguson in tribuna beh… ragazzi… speak volumes, come direbbero dall’altra parte della Manica. D’altronde la lunga convalescenza avrà forse offuscato ma non cancellato i suoi ricordi di un centrocampo diciamo… tendenzialmente dominante. Lo scozzese avrà pensato una roba del tipo: “Dunque, vediamo…io avevo i Robson, gli Scholes, i Keane e i Veron”. Avrà anche aggiunto un “bloody hell!”.

United che senza un copione, riesce comunque a raffazzonare qualcosa nell’ultimo terzo di campo. Interessante il cross di Young al 27', ma tra Lingard e Rashford, l’istinto del centravanti è un qualcosa di vagamente alieno.

Il campo per ripartire ce lo avrebbero anche, quelli in maglia rossa. Il City lascia inevitabilmente spazi, perché Fernandinho, pur essendo un professore emerito di tecniche e posizionamento difensivo, non può coprire tutta la fascia centrale del campo. Il problema è che questo United non ce l’ha proprio nelle corde, il calcio propositivo. Ed è un gigantesco ossimoro che prima o poi, proprio a livello concettuale e progettuale, quelli del board di Old Trafford dovranno trovare il modo di risolvere. Questo è un Manchester gagliardo finché volete, che prende pugni e non cade mai veramente al tappeto, che muore e poi si rialza. Una sorta di Jason di Venerdi 13 del calcio internazionale. Ma uno United che pensa quasi ed esclusivamente a contenere gli avversari, per quanto questi siano i più terribili tra gli avversari, fa a cazzotti con la storia e la filosofia del club.

Un clinic di calcio da una parte e di anticalcio dall’altra. Si va al riposo sul punteggio di uno a zero per il City. Per lo United è un vero e proprio affare.

SECONDO TEMPO

Che poi sapete qual è la cosa buffa? Che il game plan di questo United è tutto incentrato sul far perdere la palla agli avversari e poi finisce che la perdono soprattutto loro. E proprio a inizio ripresa, con le metà degli spettatori ancora al bar, la squadra di Mourinho ne perde una sanguinosa che costa il due a zero. De Gea sbaglia il rinvio, Lingard non è abbastanza sul pezzo per assorbire il proiettile a pelo d’erba del numero uno spagnolo, parte il contropiede del City magistralmente orchestrato da Aguero e concluso dallo stesso Kun con un destro sì potente ma centrale, che De Gea lascia inspiegabilmente passare tra i guanti. Notte fonda sulla parte rossa di Manchester.

United alle corde, incapace di reagire. Mentre Mourinho riflette su quali contromisure adottare, ammesso che ne esistano di cosi efficaci da rimettere in discussione un verdetto alle soglie della Cassazione, Sterling si divora il tris per un improvviso (ma piuttosto consueto, nel suo caso) raptus di overdribbling, sprecando così il fantastico assist di Fernandinho. Giocatore surreale, il brasiliano. Sul prosieguo dell’azione è lui a mangiarsi Rashford, che lento proprio non è, stoppando quindi la prima vera potenziale occasione da rete per i Red Devils.

Mourinho toglie l’ectoplasma di Lingard e mette Lukaku. Che se non altro, attaccante lo è sul serio. Ha bisogno di un episodio, il Profeta di Setubal. E l’episodio arriva: Ederson sbaglia nettamente il tempo di uscita su un filtrante e stende Lukaku che arriva per primo sulla palla. E’ rigore, solare. Martial non sbaglia e lo United si ritrova di nuovo back from the dead. Basterà? Intanto gli spettri del 7 aprile 2018 fanno capolino sull’Etihad…

Ora l’inerzia psicologica è dalla parte del Manchester United. Che presumibilmente proverà ad attaccare. Pep Guardiola gioca subito la carta Sanè, devastante negli spazi larghi.

Per quel forcing dello United, prego ripassare più avanti. Non cambia il copione della partita. Il City sa bene che il solo errore che non deve commettere è lasciare anche solo una piccola crepa attraverso la quale si possano infilare i Red Devils, perché quella è la grandezza di Mourinho, raschiare sempre il massimo possibile quando si è sul fondo del barile. Il portoghese si gioca anche Sanchez, ormai confinato al ruolo di riserva extralusso, e Mata. Ultimo quarto d’ora col 4–2–3–1.

Sanè ti chiedi sempre come possa giocare così poche gare da titolare. Con quel motore, quella frequenza, quella innata capacità di saltare l’uomo. Poi leggi bene le scelte che fa, e ti spieghi un po’ di cose. Quattro contro due in transizione a mille all’ora e lui decide di calciare da fuori. Aguero e (soprattutto) Guardiola non la prendono benissimo.

Non c’è più traccia dello United nei pressi dell’area avversaria da quando, piuttosto casualmente, s’è visto assegnare il rigore che ha teoricamente riaperto la partita. Leggermente cambiato il game plan di Guardiola: baricentro più bassa e gestione più conservativa, fare uscire di più gli avversari per infilzarli con le transizioni. Il problema è che quelli in maglia rossa, più o meno, son sempre chiusi in casa.

Game set and match. Il City fa tris con l’ennesima azione spettacolare e lo zampino della linea difensiva dello United, che tiene in gioco il neoentrato Gundogan. Tocco facile a tu per tu con De Gea e cala il sipario su un derby di Manchester a senso unico. Non c’è mai stata storia.

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