Gli “uno-due” di Tribuna Centrale. Champions League: è l’anno della Juve?

Nicola Bonafini
Tribuna Centrale
Published in
17 min readSep 18, 2018

Sarà l’anno della Juve? Oppure una delle inglesi potrebbe tornare sul gradino più alto d’Europa dopo i fasti del Manchester United di Alex Ferguson? Chissà, magari il Bayern se trova un po’ di salute lungo la strada ed evita di incontrare il Real tra quarti e semifinali? Ah già, il Real, certo… e chi se lo dimentica! Per non parlare del Barcellona e quel guastafeste del Cholo Simeone e il suo Atletico Madrid. Signori, oggi inizia la Champions’ League. Non pizza e fichi! La massima rassegna calcistica continentale, la migliore al mondo, la più seguita, e la più ricca. Una figata insomma!

A Tribuna Centrale, questo giro, abbiamo tracciato quattro linee immaginarie, abbiamo messo una rete in mezzo ed abbiamo dato vita ad una bella partita di “calcio tennis”, con Nicola e Albert a palleggiarsela un po’. Quindi: prendetevi una mezza giornata di ferie e venite con noi in questo viaggio al centro della… Champions!

Favoriti veri e sopravvalutati…

Nicola: «Come dice un filosofo nativo di Certaldo… “Inizia il Luna Park”…».

Albert: «Esatto! Ritorna la Champions, se ne sentiva la mancanza. Mai come quest’anno il lotto delle pretendenti alla coppa con le orecchie è bello corposo. Real, Barcellona, un ritrovato Bayern Monaco, City (se non vanno in overload mentale), Liverpool e Juventus. Atletico Madrid che, come sempre, romperà le palle a tutti. La carne al fuoco non manca…».

Nicola: «No, decisamente no. L’attesa è ovviamente alta per tante ragioni. La consapevolezza è data dal fatto che siamo di fronte alla massima espressione calcistica mondiale, al torneo più ricco in assoluto, e quello che “sposta” anche a livello di opinioni su molti versanti del globo…quindi…da dove vuoi partire?».

Albert: «Beh, avrai notato che non ho citato il PSG…».

Nicola: «Sì, ma perché non è favorito, anche se hanno Neymar e Mbappè…».

Albert: «Hanno Neymar e Mbappe’, hanno altri grandi giocatori, il problema è passano i trequarti della stagione regolare ad affrontare squadre che in Premier e in serie A finirebbero sul lettino dello psicanalista all’intervallo. Se la Ligue1 non cresce di livello, la vedo dura anche se hai tutti i soldi del ».

Nicola: «Quello è un punto. Certamente il livello della competizione domestica non è mediamente all’altezza. Poi, credo che non abbiano minimamente risolto i problemi dell’anno scorso. Anzi, alla fine, li hanno aggravati. Hanno creato una concorrenza di cui non se ne sentiva il bisogno in porta (con tutto il rispetto per Buffon, credo che Areola possa essere considerato il presente ed il futuro in porta del PSG) e la profondità sulle fasce difensive e a centrocampo è rimasta uguale… Hanno un allenatore che è molto più cerebrale di quello prima, quindi, almeno inizialmente, secondo me ne trarranno benefici, ma sul lungo periodo, il percorso di Tomas Tuchel ci dice che, a fronte di una bravura indiscutibile, c’è una spiccata incapacità di non rompere col gruppo che allena…. Quindi, per me, il PSG dovrebbe lievitare come la pasta di una pizza per pensare di poter raggiungere le top four di quest’anno in Champions, e la partita d’esordio col Liverpool, è già un test importante».

Albert: «Che poi stai a vedere la stranezza del calcio. Dici che prendi Buffon per dare l’assalto alla Champions, un portiere che è stato a lungo il più forte del mondo ma che quella coppa l’ha vista molti da vicino senza mai riuscire ad alzarla. La Juve invece prova a vincerla ingaggiando Cristiano Ronaldo… ecco non mi sembra esattamente la stessa strategia!».

Nicola: «Secondo me sono due strutture di squadre differenti e con un pregresso differente. La Juve ha dalla sua due finali di Champions (perse, è vero) raggiunte e un gruppo consolidato ad alto livello. Il PSG a livello europeo mi sembra una squadra che ha buttato al vento più opportunità di quelle che ha colto, e una vera e propria stabilità tecnica non c’è stata… Un po’ Ancelotti, un po’ Emery, ora Tuchel… non so. Sono scettico, perché penso che non ottimizzino in modo “razionale” una potenza di fuoco illimitata. Ciò che invece fa il Manchester City…».

Albert: «Le stanno provando tutte. D’altronde a Marzo han già vinto il campionato, hanno una stella che ogni 12 ore fa sapere al mondo che vorrebbe giocare in un torneo più competitivo… Non è facile trovare un’identità vincente sul massimo palcoscenico europeo quando il tuo giocatore franchigia, diciamo, è contento si stare lì come un gatto in tangenziale»

Nicola: «Esatto!… Parliamo delle italiane?».

Le italiane. Gioie, dolori, incognite

Luciano Spalletti

Albert: «Parliamo delle italiane. Ho appena letto una dichiarazione del passeggiatore/sibilatore di Certaldo — al secolo Luciano Spalletti — che definisce la Champion’s una droga , che quando la si prova non si può più farne a meno. E che potrebbe anche essere il giusto antidoto a questo inizio di campionato abbastanza shocking dell’Inter».

Nicola: «Tra Spalletti ed Hegel ormai non c’è più nemmeno un grado di separazione, siamo alla filosofia applicata al calcio… probabilmente è anche questo un problema al momento in casa Inter… La frase del “Luna Park” è sua, pure quella. Diciamo, allora, che bisogna provare a tornare a casa con la “bambolina”…. Assieme ai discorsi “alti”, mi pare si annunci un cambio di modulo e l’ennesima operazione di ricostruzione psicologica della squadra. Il che “fa” molto Inter… Mettiamola così: Inter-Tottenham mi sembra la classica gara in cui, entrambe le squadre guardano all’avversaria e pensano “che culo! E’ proprio la squadra che ci serve per rimetterci in carreggiata”… »

Albert: «Esatto. Il girone è duro e sono tenero. Però se non altro l’Inter al debutto ospita un’altra squadra con la febbre bella alta».

Nicola: «Gli Spurs mi pare abbiano questa sinistra tendenza a perdere certe certezze costruite sul campo e nel lavoro di campo nella settimana, così, per essere “fighi” o per stare un passo avanti a tutti… L’Inter è una squadra che denota lacune evidenti di tenuta atletica e di personalità nella capacità di andare a far male all’avversario. Col Parma è stato — per dirla all’inglese — puro showboating: un bel possesso palla, non la si butta via, la si fa ripartire da dietro, ma poi, giunti all’ultimo terzo di campo, chi è che si prende la responsabilità di concretizzare il tutto? Anche lì, si prova a fare i fighi, ma forse le caratteristiche dei giocatori sono quelle di giocare con meno possesso di palla, concedendo un po’ più di campo, per avere più spazio per andare a fare male: Perisic, Politano, lo stesso Nainggolaan, per non parlare di Icardi che se ha l’area tutta per lui è un pashà, mi sembrano più giocatori di “rimessa” che da possesso palla nella metà campo altrui…».

Albert: «Si, beh, ho scritto anche sabato dopo la netta sconfitta con il Liverpool che non si è capito cosa sia scattato nella testa di Pochettino dopo la trionfale vittoria di Old Trafford. Cambi due volte modulo e uomini ed esci con zero punti tra Watford e Liverpool. Però per me tra le due situazioni c’è una bella differenza. E ha a che fare con la capacità di gestire le difficoltà. Quando sei più o meno sempre lo stesso gruppo, uno in più uno in meno, quando i giocatori sono abituati a “riconoscersi” in campo, perché conoscono il sistema, sanno anche che il sistema ti aiuta a restare a galla quando sei finito in mezzo alle onde alte a forza di provare delle barche nuove. Puoi sempre tornare alla barca più sicura, quella di cui conosci ogni angolo. Quella su cui ti sentì più al sicuro. Ti chiedo: l’Inter ce l’ha un posto che può chiamare “casa”, dove ritornare quando le cose vanno male?».

Nicola: «Paradossalmente sì, ed è quel gioco di “rimessa”, ma di qualità, non troppo “spallettiano” dell’ultima ora, ma che nella sua prima Roma (quella con Perrotta trequartista) aveva fatto tanto male agli avversari. Le caratteristiche dei giocatori in rosa, anche se sono quelli voluti dal “filosofo” di Certaldo, si confanno maggiormente per un gioco di attesa e ripartenza, piuttosto che di possesso palla sterile… almeno fino a quando la squadra non avrà un “tipo” alla Modric in campo e una punta centrale che partecipa alla manovra (e due esterni di difesa di qualità) per me il porto “sicuro” dell’Inter è questo… ma non accadrà, vedrai… Spostandoci sulla Milano-Torino, dimmi, secondo te, a che livello può essere considerata una delusione l’uscita della Juve dalla Champions?»

Albert: «Dal girone dici? Beh dal girone sarebbe una catastrofe, con gli investimenti che han fatto. Han chiuso il bilancio in lieve passivo proprio perché dalla Champions scorsa sono usciti prima del “break even”… non credo che la Juve possa pensare di uscire con Valencia, Manchester United e Young Boys, onestamente. Io credo che finirà in testa al proprio raggruppamento e che saranno i Red Devils a dover soffrire fino in fondo…»

Nicola: «No no dicevo a livello di competizione in generale…».

Albert: «Secondo me un’uscita prima della semifinale sarebbe vista come un fallimento a Vinovo».

Nicola: «Sul girone concordo con te. Non credo nemmeno che questo United possa (anche se Mourinho proverà a sporcare il foglio di Allegri) impensierirla più di tanto. E concordo pure sul discorso generale. L’obiettivo “prime quattro in Europa” è quello realistico. Poi, chiaramente, dettagli e momento in cui la squadra arriverà a quell’altezza della competizione (momento inteso come inerzia…), faranno la differenza. Per me, tutto ciò che avviene prima delle semifinali è un “underachievement” per i bianconeri…».

Albert: «Non investi una montagna di soldi per prendere il giocatore più forte del mondo (o al limite il secondo se chi legge è un pro Messi) se non perché stai provando a vincere la Champions League. Anche il ritorno dell’esperto Bonucci col sacrificio del talento di Caldara deve essere letto in quest’ottica. Aggiungo anche che, se Ronaldo ha scelto la Juve, lo avrà fatto per lo stipendio, lo avrà fatto per le tasse, ma lo avrà anche soprattutto fatto perché pensa di poterne vincere un’altra a Torino, di Coppa. Non mi sembra uno a cui piace arrivare secondo. Per me la Juve è legittimamente una delle grandi favorite. Perché sul palcoscenico europeo è abituata a fare bene, perché ha identità, mentalità, è molto ben allenata, ha grandi alternative in tutti i reparti».

Nicola: «No. Infatti, credo che l’aspetto mentale — oltre che tecnico — di questo arrivo abbia fatto fare un ulteriore salto a livello di durezza mentale alla squadra. Posso trovare il difetto? Che secondo me in Champions rischi di pagarlo al massimo livello? un centrocampo un po’ troppo compassato e con pochi che hanno la capacità di saltare l’uomo e creare il “soprannumero”… Sto guardando la pagliuzza?».

Albert: «No, ci sta il tuo ragionamento. Ma poi, però, più si avanza in Champions e più il livello fisico diventa terrificante. Devi essere bravo a giocare la palla, ma devi anche essere grosso e tosto. E devi avere gente capace di far gol partendo da dietro, come Khedira ed Emre Can per esempio».

Nicola: «Infatti, il mio era un voler trovare un pelo nell’uovo. Sicuramente è una Juve strutturata per andare fino in fondo, senza se e senza ma. Parliamo della Roma? L’exploit dell’anno scorso è parso più un caso che una reale conseguenza di … qualcosa? o no?».

Albert: «Mah guarda, c’han pensato loro a rendere questa domanda ininfluente. Han smantellato un impianto che li ha portati fino a un traguardo impensabile. Via Alisson, via il Ninja, via Strootman… dentro tanti bei soldoni ma poi così come lo scorso anno hai stupito l’Europa, stavolta rischi di prendere le torte in faccia. Onestamente? Non ho capito la strategia di mercato della Roma. A meno che non lo dicano chiaramente: siamo diventati un club “develop to sell”».

Nicola: «Se ci pensi lo sono sempre stati anche quando c’era Sabatini. Solo che c’erano dei punti fermi che non venivano toccati. Quest’anno sono andati a toccare le fondamenta della squadra, abbassando drasticamente l’età media (il che è anche bello), ma in Italia, età bassa fa rima con pazienza… che nessuno ha! Specialmente a Roma. Il rischio del fungo atomico è concreto, sia a livello di Champions che a livello di club, visto che Pallotta ha dato l’ultimatum per il nuovo stadio. Almeno la variante al piano regolatore la vorrebbe entro l’anno…. vabeh, divaghiamo…».

Albert: «Diciamo che Roma è l’ultima delle piazze dove vuoi fare una politica del genere?».

Nicola: «Diciamo che devi essere bravo ad accomunare le plusvalenze con risultati di alto livello, altrimenti sei fritto… ed il girone in cui gioca la Roma è abbordabile solo in apparenza. Il CSKA, secondo me, è uno degli sleepers del torneo… sul Real diciamo qualcosa dopo… quindi per me, rischio Europa League presente».

Albert: «Si, anche perché affrontare adesso un’ottima squadra russa con la condizione atletica evidenziata nelle prime uscite… Il problema della Roma, cessioni illustri a parte, mi pare sia che i giallorossi corrono poco e male. Concordi?»

Nicola: «Si sicuramente sì. Ma vedo che è un problema anche dell’Inter e del Napoli… Mi pare che la gestione “post Mondiale” dei top team italiani, Juve a parte, sia per lo meno rivedibile… Chiudiamo col Napoli, la disamina delle italiane. Ancora balbettante e con poca sburla mi pare…».

Albert: «Napoli che vive la transizione tra due ere calcisticamente parlando. Però tra Sarri e Carletto, quando si parla di Champions, credo che Ancelotti abbia una sorta di magic relationship con questa competizione, che ha vinto, rivinto e rivinto ancora. Ora, a Napoli nessuno gli chiede di vincerla. E non la vincerà. Però le pressioni sui partenopei son tutte in campionato, dove devono essere l’anti Juve , mentre in Champions possono essere tra quelli che tu definisci “sleepers”. Il girone è molto duro, ma io il Psg non lo vedo bene al San Paolo, quando ci verrà a giocare. Dipende molto dalla prima giornata, perché se credi di poter eliminare una tra Liverpool (molto difficile) e PSG è chiaro che con la Stella Rossa devi far 6 punti…».

Nicola: «Si assolutamente così…. Quindi, il borsino delle Italiane, alla partenza è Juve al top, poi Napoli e Roma e Inter in terza fila a pari merito… concordi?»

Albert: «Direi che meglio non potevi “disegnarla”».

Le spagnole. Meno Real, più Barca… occhio all’Atleti

Nicola: «Voliamo in Spagna: Real, Barcellona, Atletico e Valencia… qualità altissima, come la competitività. Io vado con una bold prediction subito: la coppa non la vincono nè il Real nè il Barcellona…».

Albert: «Sul Real lo credo anche io, c’andranno vicino senza vincerla, sul Barcellona non sono così sicuro…»

Nicola: «Il Real, che comunque ha dei giovani di altissima qualità, ed ha il miglior Bale di sempre, gli manca, appunto, quello che finalizza il tutto, anche se, quest’anno ha un allenatore che un’identità gliela darà eccome, però, ho come la sensazione che la “finestra” si stia stringendo… e secondo me si stringe anche quella del Barca, che è fortissimo a livello di prestazione di punta, ma che sulla continuità ad altissimo livello secondo me qualche crepa potrà averla… anche se Valverde è un pragmatico e le rughe del Barca sta cercando di coprirle con un maquillage di qualità».

Albert: «Si, però il Barca la Liga l’ha vinta lo scorso anno e quest’anno per me le stelle blaugrana han fatto il patto Champions, vogliono tornare sul gradino più alto del mondo a livello di club e hanno le qualità per riuscirci. Il Real anche senza Ronaldo resta una squadra di marziani, uno spogliatoio che affronta i big match di Champions come bere uno Spritz. Hanno giovani con qualità immense e vecchie volpi che il secondo posto lo considerano un flop. Però … però per me quest’anno non la portano a casa. Sull’Atletico ti ho detto, finché dura il Cholismo questi rompono le scatole a tutti».

Nicola: «Sul Cholo sono di parte, si sa, non mi nascondo dietro un dito… Il ruolino di marcia di Simeone da allenatore è roba da veri grandi, tenuto conto che non ha avuto in mano la stessa potenza di fuoco a livello economico di altri allenatori pluridecorati… L’Atletico è una squadra che ha un’identità ben precisa, che con Lemar e Gelson Fernandes ha aumentato una certa dose di imprevedibilità e di “uscita dagli schemi”… e comunque si son già portati a casa la SuperCoppa Europea, sempre per quel discorso che vincere aiuta a vincere…. Il Valencia mi appare mediamente spacciata, anche se Rodrigo è una signora punta e Carlos Soler (che non è parente col cantante, credo…) è uno dei talenti più promettenti del calcio spagnolo».

Albert: «Il Cholo farebbe bene con l’Ibiza in Champions… parliamo di un fenomeno».

Nicola: «“Amo” il Cholo… quindi, per me, qualsiasi cosa va bene!».

Albert: «Il Valencia darà filo da torcere nel proprio infuocato catino di casa. Previsione realistica è l’Europa League, comunque. E sì, auguro a Carlos Soler di non essere parente con il cantante».

Le Tedesche. Il Bayern avrebbe bisogno di “culo” e salute

Nicola: «facciamo un salto in Germania, prima del gran finale oltre Manica?».

Albert: «Vai!».

Nicola: «Beh, altro “bold statement”: il Bayern, per me, adesso, sarebbe la più seria candidata ad andare fino in fondo, non fosse una delle squadre più sfigate del mondo… in realtà esagero, però non ricordo una dicotomia tanto forte tra una squadra che vince in modo così autoritario (oltre che autorevole) le partite e contestualmente perde tanto facilmente pezzi chiave della propria rosa… Kingsley Koman, che si è ri-operato alla caviglia già infortunata l’anno scorso e dovrà stare fuori un po’, Corentin Tolisso cui è saltato un crociato, e Rafinha che ha avuto i legamenti danneggiati da un intervento — sconsiderato — di Bellarabi sabato contro il Leverkusen… in tutto questo però, quello che vedo è una squadra che ti mette nella tua metà campo e non ti fa praticamente uscire per lunghi tratti della partita. Kovac mi sembra un allenatore… poi, sono consapevole che Ribery e Robben sono in una forma stratosferica ma la carta d’identità non si cancella e se viene un mal di testa a Lewandowski il suo sostituto è Sandro Wagner…».

Albert: «Eh… ma senza questi fai poi fatica a vincere la Champions. Cioè il Bayern come undici titolare, se nel calcio fossero vietati gli infortuni, le sfighe e se la Bundesliga non stesse prendendo una piega che rischia di trasformarla in una Ligue1 con più soldi e spettatori — dico a livello di competitività generale- potrebbe tranquillamente dominare anche in Europa. Perché il Bayern Monaco ha comunque sempre un “peso specifico” diverso, quell’ X factor intangibile che alla fine ti permette di battere la maggior parte degli avversari già nel tunnel degli spogliatoi. E perché, come dici tu, gioca un calcio totale, votato all’occupazione militare (sempre tedeschi sono …) della metà campo avversaria. E sì, Kovac sembra un allenatore serio, altrimenti avrebbero già messo in preallarme il settantenne phonato, nel suo buen retiro di Monchengladbach (Jupp Heynckess). Bayern potenzialmente da gradino più alto. Però nel calcio esistono gli infortuni, le sfighe, le riserve. E quelle bavaresi non so se possono competere con quelle della Juve ad esempio, o del Real, o del City».

Nicola: «No quella è l’incognita. Ammesso e non concesso che c’è sempre il mercato di gennaio… anche se è irrituale, per i bavaresi intervenire in quel periodo, pesantemente. Guardando alle altre. Il Dortmund è una squadra che sta cambiando pelle ma che continua ad essere di una pericolosità molto accentuata. Al di là dei soliti noti e di grande qualità (Reus, Kagawa, Gotze se sta bene, Weigl quando torna dall’infortunio e altri), c’è da sottolineare questo flirt abbastanza fruttuoso con la Liga e il Barcellona in particolare… Bartra qualche anno fa, adesso Paco Alcacer, che è una punta pericolosa….Non sono da corsa, però davanti a 80 mila persone sono capaci di fare qualsiasi cosa…quindi, andare a vincere a casa dei “gialli” è e sarà un’impresa. L’Hoffenheim non è una squadra, ma un oggetto di culto, solo per vedere come il genio trentenne che li allena — Julian Nagelsmann — affronterà la massima competizione continentale… Ti dico, siamo al culto vero… sullo Schalke, poco da dire… secondo me hanno smantellato con troppa facilità e l’anno scorso hanno ottenuto troppo in troppo poco tempo. Ed ora annaspano in acque pericolose».

Albert: «Sono d’accordo ma credo anche che le ambizioni europee del Dortmund, intese come ambizioni da podio, si siano ridimensionate da quando è finito il ciclo di Jurgen Klopp. Intendiamoci, il Borussia resta una buona squadra, che in casa può fare andare a sbattere tante avversarie contro il muro giallo, ma a livello di identità, riconoscibilità e stile di gioco non è più la stessa cosa. Quello era il Borussia di Klopp, questo è semplicemente il Borussia».

Le Inglesi: tempo di portare a casa il “silverware”

Nicola: «Chiudiamo con le inglesi (esclusi gli Spurs di cui abbiamo parlato all’inizio). Pensi possa essere l’anno in cui una di loro torna a casa con la coppa?».

Albert: «Secondo me si, per me una tra City e Liverpool la alza. Propendo per i primi , perché i secondi bruceranno tante, troppe energie per tallonare i citizens fino a maggio in Premier League. Per me questo sarà l’anno del City. Sempre che le due inglesi non si affrontino in un doppio scontro diretto…»

Nicola: «Anche secondo me. Io credo che la bulimia da vittorie di Guardiola possa portare questa squadra ad un livello ancora più alto. Concordo col rischio di burn out, ma credo che l’aumentata profondità d’organico della squadra li renda competitivi anche in Europa… Il Liverpool è una squadra di una completezza quest’anno impressionante. Ha colmato le lacune che aveva l’anno scorso senza perdere nulla delle sue caratteristiche peculiari… Spero non si incontrino come l’anno scorso, perché potrebbe essere una di quelle partite in cui scegliere una parte è assai doloroso».

Albert: «Io credo che lo speri soprattutto Pep, Nick…»

Nicola: «Secondo me, Berto, lo spera tutta la parte azzurra di Manchester… e pure l’Emirato del Quatar!».

Albert: «Ma non ce lo vedo il Liverpool competere fino alla fine su entrambi i fronti, per quanto il roster sia stato portato al livello delle più grandi. Non tanto perché non possa riuscirci sulla carta, quanto perché non ci sono giocatori abituati a farlo. Sono tutti grandi giocatori, alcuni veramente top, che però la Champions lo scorso anno l’han persa proprio perché non sapevano come prendersela, oltre al fatto di giocare la finale senza il portiere».

Nicola: «Beh il portiere quest’anno ce l’hanno… ed hanno un anno in più d’esperienza, che comunque serve sempre. Non dico che vinceranno, dico che saranno più pronti e quadrati ad affrontare la situazione, nel caso ci si ritrovino».

Albert: «Sicuramente. Ma io parlavo del doppio fronte. O vincono la Premier, o la Champions. Il City invece ha in canna anche il double».

Nicola: «Si, il City in canna ce l’ha eccome… Sul Liverpool concordo. Credo fermamente nella gradualità delle vittorie, per dare continuità a queste sul medio periodo. La Champions League può essere l’exploit di un anno e di essere stato in forma al momento giusto, ma vincere la Premier vuol dire che devi stare sul pezzo da agosto a maggio senza un attimo di sosta… Lo United è un gradino e mezzo sotto. Ne abbiamo parlato qualche settimana fa, quando eravamo ad un tanto così dal “fungo atomico”… ha vinto due partite di fila, con una qualità di gioco migliorata… Ma le “viscere” mi dicono che non ce la faranno ad andare troppo “dentro” le fasi eliminatorie…».

Albert: «Sullo United non so più cosa pensare. Io l’era Mourinho l’avevo data per morta, finita, terminata. Ma forse avevo sottovalutato l’ultima arma rimasta nella valigetta del Profeta. Il “noi contro tutti”. Attaccano me quindi attaccano anche voi. O state con me o state con Woodward. Mourinho è molto più uno shamano che un tactician. Tocca corde che vede solo lui. Se la squadra sposerà questa sua ultima campagna militare contro il mondo e la galassia, può succedere di tutto. Non che la vincano, questo no. Ma che vadano un bel po’ avanti».

Nicola: «Non me la sento ancora di considerarli da oltre i quarti… voglio avere prove più consistenti che a Old Trafford si è svoltato di nuovo… Segni di rinascita ci sono, il Profeta di Setubal ha riacquisito lo sguardo truce di sempre, il che dà speranza… però la squadra deve darmi una qualche prova in più…».

The end

Nicola: «Concludiamo il pamphlet con le “solite robe”… C’è un outsider secondo te?… quella che può far saltare il banco (si fa per dire…)».

Albert: «Non la vedo. Per me una tra Barca, City e Juve vince la Coppa. Se proprio devo, metto il Tottenham».

Nicola: «Io dico Atletico, se si allineano gli astri… al terzetto da te citato, aggiungo il Bayern se ritrova un po’ di salute al momento decisivo (e non incontra il Real in semifinale o ai quarti…)»

--

--

Nicola Bonafini
Tribuna Centrale

journalist, blogger, writer, media manager, editor. Sports, mainly… but not only. Italian is my language, English is my passion