TC Champions League… e l’abisso esistente tra Barcellona e Inter

Nicola Bonafini
Tribuna Centrale
Published in
7 min readOct 25, 2018
Arthur: ossia la cosa più vicina a Xavi tutt’ora creata (youtube)

Barcellona-Inter di Champions League era un test. Un test per capire a che livello è una squadra che non gioca la Champions League da sei anni e passa e che non affrontava i Blaugrana da otto.

La famosa semifinale nell’anno del triplete. Bei ricordi. Anzi no, indelebili per una tifoseria che ha vissuto nel 2010 l’apice dei successi nella sua storia recente.

Il classico apice, purtroppo, da cui si scende “velocissimamente” e che, per risalirlo, si fa una fatica boia.

Dicevamo appunto che era un test: quello di capire, al di là del risultato finale, a che punto è la crescita — consolidamento? — dei nerazzurri di ritorno sul massimo palcoscenico calcistico europeo e mondiale.

La risposta? Brutale, non edulcorata, assolutamente fuori dalle narrazioni “a là Gazzetta dello Sport”?… c’è un abisso.

Ad essere del tutto onesti, per quello che si è visto ieri, l’abisso c’è tra il Barcellona e tutto il resto della ciurma Champions. Solo la Juventus, il City e, finché regge lo stato di catatonia dei suoi ragazzini terribili (sono inconsapevoli, finché non si “svegliano” e pensano…) del Dortmund, stanno nella scia di quella che è la squadra più bella, intelligente e concreta del calcio europeo.

In terza marcia

Il Barcellona ha giocato con le marce, come si compete ad una squadra consapevole della sua forza e della sua superiorità. Probabilmente, al massimo della velocità di ieri sera, la squadra di Valverde (un allenatore sicuramente pragmatico ma sufficientemente avveduto da non snaturare, anzi, da esaltare ulteriormente le qualità della casata catalana) avrà innestato si e no la terza. Ha giocato forte il primo tempo, dove serenamente ma inesorabilmente, ha acquistato campo metro dopo metro, minuto dopo minuto. Tanto l’Inter gliela regalava, la pelota…

A Busquets e compagni bastava fare un mezzo passa in avanti ogni volta. Nel secondo tempo, dopo venti minuti in cui i padroni di casa si sono messì lì, nella propria metà campo ad aspettare — e rischiando di fare la frittata su una velenosa “banana” di Politano che Ter Stegen (dalle stalle alle stelle al Barcellona, eh?) ha smanacciato in angolo — il Barca ha ripreso in mano il pallino delle operazioni. Arthur (su di lui, dopo) ha accompagnato i compagni fuori dalle secche, Suarez ha deciso che non era più tempo per scherzare e Jordi Alba ha sigillato con un’azione che è l’elogio del calcio moderno.

Basta l’altezza media dove sono avvenuti i recuperi palla per spiegare una differente mentalità tra le due squadre e, soprattutto, la differenza anche negli “uno contro uno” (courtesy of Massimo Montechiesi l’analisi statistica ulteriore della partita)

Inoltre, l’aver perso nettamente alla voce duelli individuali sarà motivo di grossa, enorme, incazzatura da parte di mister Spalletti, che sull’”andare a duello”, “tenere gli uno contro uno” e così via, ne ha fatto un mantra.

Volete due ulteriori definizioni plastiche della differenza tra le squadre in campo? Eccovela:

1.5 di differenza tra le due squadre in expected goals. Un abisso appunto. In una metrica che sostanzialmente da il là a quella che un misto tra efficienza offensiva, qualità dell’attacco e pericolosità, si vede come il Barcellona abbia surclassato l’avversario. Che, per altro, va detto, 1.1 di xG, in trasferta, contro il Barca (squadra non ermetica di sicuro, ma comunque sempre di Barcellona si parla), è un dato più che accettabile. E questo, purtroppo, non fa altro che avvalorare ulteriormente la marcatissima differenza che si è vista sul prato del Nou Camp ieri sera.

E ancora…

L’indice di pericolosità tra le due squadre. Interessante notare come il Barcellona sia stata sotto fino al gol (pur senza darne la sensazione), per poi staccarsi completamente una volta segnato. Uno può dire quello che vuole, ma questa è a conferma della consapevolezza che, prima o poi, il Barca la partita la rompeva in due, e da lì in poi non c’è stato più niente da fare.

Jordi Alba dicevamo…

Questo gol è la sublimazione del calcio moderno. Oltre ad essere l’evoluzione (ripeto E-VO-LU-ZIO-NE — non involuzione — ) del “guardiolismo”. Un esterno di difesa che gioca la palla, “entra” verso il centro del campo diventando prima mezz’ala aggiunta e poi, in base allo sviluppo dell’azione, fa l’uno-due e si butta dentro come un attaccante e conclude a rete. Bisogna avere i giocatori giusti per fare queste cose, ma Guardiola al City con Walker e Mendy — pur fisicamente imponenti e tendenzialmente portati a stare larghi — fa la stessa cosa in determinate situazioni. Ed era ciò che faceva Cancelo l’anno scorso in nerazzurro e fa quest’anno in bianconero. Si accentra, arriva da dietro, spacca la difesa, e pure le partite.

Chapeu.

L’MVP…

Come detto in didascalia: la “cosa” più vicina a Xavi. Uno della covata di fenomeni del Gremio (lui e Luan, per esempio). Ha spiegato calcio ieri sera a tutti i livelli. Col talento. Col pensiero. Con la tecnica. A supporto di Rakitic, e insieme a Rakitic, ad illuminare un gioco bello e, quasi, impossibile.

Honorable mention for…

Luis Suarez detto El Pistolero. Non è accanimento terapeutico, è che è sostanzialmente così: la partita che ha disputato ieri sera l’uruguagio andrebbe presa e fatta vedere al buon Maurito per come dovrebbe muoversi un attaccante moderno. E sia chiaro: lui è una prima punta, tanto quando Icardi. Vive per il gol tanto quanto lui. Tuttavia, concetti come allargare il campo, muoversi, uscire dalla marcatura, offrire linee di passaggio, dare soluzioni ai compagni, dovrebbero essere connaturate ad un attaccante moderno. L’assist di Suarez sul gol di Rafinha è roba per palati finissimi. Un pallone col contagiri di collo esterno, buono solo per l’ex interista che si è buttato in mezzo all’area. Partidazo del Pistolero… altro che.

V’è da dire che il secondo tempo di Maurito è stato più in linea con quello che si sarebbe dovuto fare a questo livello. Però, ragazzi, non è che ogni volta ci deve essere qualcuno che nell’intervallo ti ricorda che il raggio di azione di una punta deve essere più ampio dell’area di rigore e dello stanziare in mezzo ai centrali avversari. Suvvia…

Chi a questo livello?

Mentre guardavo la partita di ieri sera, al di là di un naturale senso di inadeguatezza da parte dei nerazzurri, soprattutto nel primo tempo (e ci sta), la domanda che mi facevo è: chi ci sta a questo livello? Chi sono quelli che poco o tanto hanno dimostrato di… “esserci” davvero?

Quelli che mi sono venuti in mente sono:

  • Handanovic. Peccato che non sia più giovane, ma quando è connesso (e a parte col Torino direi che lo è stato spesso e volentieri), questo è giocatore di livello assoluto che, in effetti, punti alla causa te ne porta.
  • Skriniar. Ieri sera ha sofferto come tutti (ma il Barcellona questo effetto te lo fa, eccome…), però dei quattro dietro è stato il più costante. Soprattutto l’attitudine che mette in ogni partita è una garanzia.
  • Epic Brozo. Basta questa giocata qua…

… da calcio di strada, di uno che ne ha viste abbastanza. Ieri ci ha dato dentro come un matto. Ha lottato, ha sbagliato tanto, ha corso, e ci ha.. ridato! Non è un regista nel vero senso della parola, però è un giocatore di quelli su cui si può e si deve costruire qualcosa di più grande.

  • Vecino. Il migliore dei suoi per distacco. Giocatore che sta crescendo esponenzialmente. Quasi tutte le azioni pericolose sono nate dal suo piede. Se ha campo per giocare — in Europa ne ha molto di più che in Italia — incide sulle partite in modo molto più pronunciato.
  • Politano. Per la personalità (Candreva? ci sei?) con cui si è fatto dare palla quando è entrato, per l’interpretazione decisamente più moderna del ruolo di esterno d’attacco. Perché è un giocatore vivo ed ha quel sinistro velenoso…
  • Lautaro. Per l’età e per come ha avuto voglia di attaccar briga (un pestone a tradimento…) a quel simpaticone di Busquets che gli stava facendo i sombreri in faccia. Una roba da garra argentina, quella vera, quella sana, che è sempre stato un tratto dell’Inter degli ultimi venti anni.

Poi c’è Nainggolan che ha la caviglia infortunata e che per spessore ed esperienza e… cojones, sicuramente ci sta.

Quelli su cui proprio non si può contare? Candreva e Borjawashed. A questo livello non c’entrano nulla e non spostano nulla.

Perisic e Icardi? Arrivasse un’offertina…

Pensieri finali

Si affontavano la prima in Spagna e la quarta in Italia. La differenza si è vista, tutta.

Il pareggio tra PSV e Tottenham lascia sostanzialmente invariate le cose per l’Inter cui basterà non combinare casini in casa con gli olandesi e passare indenni a Wembley (o White Heart Lane, semmai sarà…) per raggiungere qualcosa di bello e non troppo sperato, viste le premesse quando sono stati sorteggiati i gruppi.

Come disse Sam Hinkie, quando i Sixers vincevano 13 partite in un anno: trust the process

Off Topics

  1. Simone: prego per un long read su Arthur. E l’unico che lo può fare sei tu.
  2. Simone e Albert forse è meglio iniziare a parlare di questo Borussia Dortmund…

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Nicola Bonafini
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journalist, blogger, writer, media manager, editor. Sports, mainly… but not only. Italian is my language, English is my passion