La “cookie law” sta uccidendo i blog

Un caso pratico dagli utenti di Blogger (Google)

Tommaso Tani
ttan.org
3 min readJul 27, 2015

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Che la nuova regolamentazione in materia di cookie portasse lo scompiglio tra chi ha a che fare con la pubblicazione di qualsiasi cosa su Internet era decisamente prevedibile. Sia gli addetti ai lavori — per la enorme quantità di cazzate giuridiche ed informatiche presenti nella norma italiana — che gli utenti “normali” che avevano un semplice blog — a causa della difficoltà nel capire cosa fare — si sono ritrovati persi, spaesati e molto spesso senza la minima voglia di dover studiare e confrontare fonti solo per poter lasciare online i pensieri che scrivono la sera prima di andare a letto (oppure di non voler regalare dei soldi al primo che promettere di risolvere la faccenda inserendo un banner sul sito e via).

Ho discusso molto con colleghi e “esperti del settore” su come ci si dovesse porre davanti alla questione cookie, cookie tecnici, di terze parti e di profilazione, senza cavarne tuttavia informazioni ben chiare. C’è chi con buona volontà ha trovato delle soluzioni tecniche soddisfacenti (tra i vari virtuosi, segnalo il Festival Internazionale del Giornalismo) e chi come me ha deciso di risolvere il problema alla radice estirpando l’utilizzo di qualsiasi cookie dal proprio sito.

Ma la gente normale come fa?

Non fa.
L’esempio perfetto giunge dalla mia collega, ottimo avvocato, giovane e tecnologicamente avanzata rispetto alla media; abbastanza da avere da anni un proprio blog sulla piattaforma Blogger, di casa Google. Oggi mi ha chiesto dei suggerimenti dal momento che Google appunto le aveva inviato una mail, facendo riferimento al suo vecchio blog, invitandola ad adottare tutte le misure necessarie per mettersi in regola con la cookie law. E a seguire una serie di spiegazioni più o meno tecniche. Si parla di una informativa da dare — e fin lì, essendo tra avvocati, potevamo uscirne — ma poi si scende sul tecnico dal momento che, in effetti, il succo del problema è bloccare i cookie finché l’utente non ha dato il consenso, espresso o tacito che sia.

Per farla breve, dopo qualche link a cui fare riferimento, nella mail compaiono una serie di blocchi di codice da inserire nel proprio sito per poter adattarsi alle direttive del garante. Addirittura, la mia collega si è trovata davanti un frammento di codice in Objective-C (per chi non lo sapesse, è il linguaggio utilizzato per realizzare applicazioni per iOS, uno dei più complessi in circolazione) che ha gettato una secchiata di disperazione nella stanza.

Tratto da https://www.cookiechoices.org

Subito dopo, qualche paragrafo per spiegare come — ahimé — Google Analytics e Google AdSense fossero il male assoluto per l’uomo moderno. La prima mossa della blogger decisamente afflitta è stata quella di disabilitare appunto i due servizi (in effetti i guadagni di AdSense sono peggiori di quelli di un praticante avvocato…); subito dopo sono stato costretto a spiegarle brevemente come non avesse risolto praticamente nulla e che doveva comunque predisporre un’informativa e mettere mano al codice.

Trenta secondi dopo il suo blog era offline,
presumibilmente per sempre.

Moltiplicate questa scena per ciascun utente della grande galassia di chi pubblica contenuti su internet ma non è abbastanza pratico da mettere mano a del codice: la scelta è rischiare la sanzione o chiudere.
Sentitissimi complimenti.

Ps. Con molta più arguzia rispetto al Garante, la mia collega mi ha prontamente chiesto: “Ma perché non lo fanno fare a Google tutto questo e devo farlo io? Sono loro che usano i dati!”.
La mia risposta, prevedibilmente, è stata ¯\_(ツ)_/¯

Pps. Google ha realizzato una pagina internet con lo stesso contenuto inviato via email nella quale campeggia il titolone “Aiutare i publisher a ottenere il consenso all’uso dei cookie”. Buon divertimento.

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Tommaso Tani
ttan.org

Habeas data: much lawyer, many nerd. Law & digital technologies in Leiden, through L’Aquila and Bologna