Una questione di centimetri

Andrea Cardoni
Tutti romani tutti romanisti
6 min readJul 9, 2017

Oggi vi presentiamo un libro ironico, appassionante e soprattutto con la voglia d raccontare uno spaccato della vita di tutti i tifosi Giallorossi che nei loro anni di grande passione hanno sempre amato i propri colori anche quando in campo c’erano calciatori del calibro di Cesar Gomez. Un indimenticato difensore famoso per aver giocato solo 81 minuti e aver avuto un autografo da un tifoso giallorosso. Questo libro si propone di raccogliere storie e soprattutto trovare il “famoso tifoso”.

Ciao Andrea, ti chiedo subito una curiosità: come nasce il tuo “amore” per Cesar Gomez?
Nasce da quella leggenda cha ha iniziato a girare venti anni fa a Roma di quel tifoso che andò a Trigoria al campo di allenamento della Roma, fermò la macchina di Cesar Gomez e gli disse: “A Cesar Gomez se ciai na penna te faccio l’autografo”. E poi dal fatto che Cesar Gomez è stato l’uomo sbagliato, al momento sbagliato, ma nel posto giusto perché solo a Roma potevano nascere tante leggende sul suo conto: dal mistero sul suo acquisto fino a ciò che ha fatto per tutto il resto della carriera in cui non ha più giocato a calcio nonostante un contratto altrettanto misterioso. Iniziando a fare ricerche su tutti questi misteri ho pensato che potesse essere un’occasione per poter entrare in una serie di storie sulla Roma e su Roma partendo da un personaggio considerato uno dei migliori nel suo ruolo fino a quando era in Spagna e che poi, uno arrivato a Roma, è diventato addirittura un personaggio da dimenticare al punto tale che su di lui sono state create leggende che lo fanno ricordare come simbolo degli acquisti sbagliati della Roma. E poi mi hanno sempre interessato questo tipo di leggende, il modo in cui le più persone le raccontano e soprattutto andare a vedere come poi queste siano diverse dai fatti veri, anche se non è detto che siano meno attendibili.

Dalle pagine del libro sembra chiaro: il Calcio a Roma non è un semplice sport. Come descriveresti ad un non Romano il calcio della capitale?
Non so se questa cosa vale solo per Roma. Ho visto che ci sono tanti posti nel mondo dove per molte persone “il calcio è una religione alla ricerca del suo Dio” come ha scritto Manuel Vàsquez Montalbàn. Anche se Dino Viola diceva che “chi tifa Roma non perde mai”, forse essere della Roma, a Roma, non essendo un qualcosa che che nasce dalla conquista di titoli o risultati, è più una forma appartenenza che una modo di fare il tifo. E poi forse è un po’ come ha scritto Daniele Manusia su Rivista 11 che forse, a differenza di altre squadre, “ogni romanista è tutti i romanisti” e si sente unico per questo. Riguardo al giocare a pallone, invece, penso che lo riassuma al meglio quello che ha scritto nel suo “Manuale del calcio” Agostino Di Bartolomei, capitano romano e romanista: “Si può giocare in una piazza, per strada, su di un prato, basta avere quattro sassi per fare due porte e un pallone ben gonfiato (o anche un po’ sgonfio)”.

Il protagonista fantasma nel libro ha avuto tanto tempo per pensare a bordo campo, tanto che è riuscito ad aprire una concessionaria, fare il procuratore e ha provato a diventare il proprietario del Tenerife. Nelle tue interviste quale aneddoto ti ha colpito di più?
Mi hanno colpito tutti gli aneddoti in cui i personaggi hanno iniziato raccontando di Cesar Gomez e poi, presi dal racconto, si sono persi in digressioni fino a raccontare le foto appese alle pareti di casa loro, i loro riti scaramantici, i racconti dei propri nonni e della loro infanzia. Forse l’aneddoto che mi ha divertito di più è stato quello di quei tifosi che andarono fino a Trigoria e uno di loro, Claudio, che adesso fa il farmacista, prese da una parte Carlos Bianchi, l’allenatore della Roma, e gli iniziò a spiegare lo schema a rombo a centrocampo. Sono questi aneddoti, in cui sono i tifosi a ribaltare i ruoli, a firmare loro gli autografi ai calciatori o a spiegare tattiche agli allenatori, quelli che mi divertono di più. Un mio amico di Firenze mi ha raccontato una storia simile a quella da cui nasce il romanzo in cui un tifoso che è andato al campo di allenamento della Fiorentina e ha fatto lui l’autografo al difensore Comotto. Ma, come è scritto nella nota iniziale, non è detto che quello che c’è scritto nel romanzo sia successo o che qualcuno me lo abbia raccontato per davvero.

Il libro è un vero spaccato tra i tifosi, attraverso le storie, i ricordi e anche la loro fantasia si può ancora ritrovare un antico sprazzo di calcio romantico. Come si potrebbe riportare alla luce?
Non so se c’è un calcio romantico, forse lo siamo noi che lo andiamo a cercare perché lo colleghiamo a ricordi a cui siamo legati. Piuttosto se si parla del mito, forse nostalgico, del calcio come una volta mi viene in mente quello che ha detto Paolo Sollier l’anno scorso a Bologna in un evento che si intitolava “Parole e pallone” quando disse: “Non è vero che il calcio di prima era più raccontabile: è solo che oggi tutti sanno tutto di tutti e non c’è più il mistero intorno al giocatore”. Forse di diverso c’è il modo di raccontarlo e se oggi da una parte i calciatori sono diventati sempre meno avvicinabili rispetto al passato, dall’altra le loro storie oggi sono accessibili a tutti i tifosi perché ogni giocatore ha un suo canale social e lì racconta la sua vita togliendo un po’ spazio per il mistero e quindi toglie quei vuoti che prima venivano riempiti dalle voci, vere o inventate, che giravano tra i tifosi e nelle città. Forse è questo che toglie un po’ di spazio alla fantasia. Ma nonostante questo oggi ci sono altri modi per raccontare quel tipo di passione e quel tipo di emozioni: dagli Zoom di Simone Conte su Roma Tv a blog di storie come Crampi Sportivi. Tornando a Sollier ricordo fece l’esempio della storia di Wardy, una figura inattesa che ha permesso però la nascita del mito romantico del calciatore che esce da un passato oscuro e poi diventa l’eroe che si riscatta vincendo la Premier League con il Leicester.

Uno dei tuoi intervistati racconta: “Dice che cià avuto più spettatori l’addio al calcio di Cesar Gomez che quello di Baresi”. Una iperbole tutta romana o una vera e propria dichiarazione romantica capace di far intuire la vera passione della capitale?
Ce n’è un’altro che dice la stessa cosa, ma rapportando gli spettatori dell’addio al calcio di Cesar Gomez all’addio al calcio di Bruno Conti, uno dei primi addii al calcio che riempirono l’Olimpico. La cosa interessante è che queste voci sono state attribuite a due diversi giornalisti del Messaggero: Mimmo Ferretti e Piero Torri e il già dubbio su chi possa essere stato a dire questa cosa penso faccia parte del modo in cui circolano le voci a Roma. Pensando alla battuta in sé poi penso sia un certo modo di essere di certi romani.

Tra tutti i calciatori che hai visto sfilare sui rettangoli verdi, quale di questi hai maggiormente apprezzato da avversario e soprattutto che ricordo hai del “Cesar Gomez” della Lazio, Paolo Negro?
Di Paolo Negro ricordo la sera dell’autogol al derby: era il 17 dicembre 2000 e dalla curva sud non avevamo capito granché di quello che era successo perché l’autogol lo fece sotto la curva nord, dall’altra parte dello stadio. Sì, si era capito che la palla era andata dentro, ma in tanti pensavamo che l’autogol l’avesse fatto addirittura Nesta, ma avrebbe tolto una parte fondamentale della drammaturgia di quell’autogol con Nesta che nel tentativo di rinviare, calciò la palla su Negro che fece autogol. Di quella sera ricordo che dalla curva sud avevamo visto invece benissimo e distintamente la serie di sombreri che Cafù fece su Nedved. Su Paolo Negro, che comunque ha fatto una lunga carriera in serie A e che giocò in Under 21 e in nazionale A, ricordo che quell’anno, che poi era l’anno dello scudetto della Roma, gli fu intitolata una via che faceva angolo con via Gabriel Batistuta in un quartiere di Roma che si chiama Colli Aniene. A distanza di anni c’è ancora qualcuno che se uno vuole fare un complimento a una bella ragazza e gli dice: “Sei bella come l’autogol de Paolo Negro”. L’avversario che ho apprezzato e con il quale mi sono arrabbiato di più forse è stata la Roma stessa.

Chiudiamo con un’ultima curiosità legata al calcio giocato: cosa ti aspetti per la prossima stagione della tua Roma, chi potrebbe raccogliere il testimone di Totti e soprattutto a chi auguri il prossimo Cesar Gomez?
Sono contento che il primo capitano dal prossimo anno sarà Daniele De Rossi e spero che saranno tanti i ragazzi che si faranno ispirare del suo modo di essere capitano e calciatore. E poi dopo di lui Florenzi ,che quest’anno è stato tanto sfortunato, e poi ci sarà qualcun altro dopo di loro, spero sempre romano e romanista. Il prossimo Cesar Gomez lo auguro chiunque voglia di scrivere su una passione e su una città.


Ringraziamo l’autore Andrea Cardoni e a casa editrice Marcos Y Marcos che ha reso possibile questa bella chiacchierata. Se avete voglia di scoprire qualcosa in più su questo splendido libro vi basta semplicemente cliccare qui.

Intervista di Mario Bocchetti, 06 Luglio 2017

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