Del tempo

Valentina Paruzzi
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5 min readJan 16, 2018

Quello che state per leggere si preannuncia un noioso polpettone pseudo-filosofico. Dunque andate via. Avrete di certo di meglio da fare che perdere del tempo nel leggere un polpettone. Che poi il polpettone al limite si mangia, non si legge.

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Siete ancora qui? Va beh, peggio per voi.

Circa una settimana fa, mentre ero sotto la mia doccia mattutina, ho avuto l’idea per questo pezzo, a lungo sollecitato dalla regia. La congiunzione astrale ha voluto che avessi l’illuminazione proprio un paio d’ore prima dell’ennesimo sollecito. Pfiuuu.

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Sì perché non son più capace di scrivere a comando: qualche anno fa mi riusciva, ho studiato come si fa, ne volevo fare il mio lavoro. Poi ho capito che scrivere mi piaceva, ma “a comando” un po’ meno e allora ho cambiato strada.

Ma non voglio parlarvi della mia vita e se vado avanti così rischio di fare come il nostro architetto Renzi.

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Dicevamo del tempo. Ebbene, sotto la doccia mi son messa a pensare a quanto mi stia sulle palle il consulente medio. Attenzione, io sono il consulente medio. Ergo, mi sto sulle palle. Probabile.

Ma qual è la colpa del nostro piccolo eroe? Semplice. L’incapacità di gestire il tempo. Il suo, quello delle risorse e dei progetti che gestisce, quello del cliente che impone scadenze, inopportune come il panettone a ferragosto.

Ma allora, con tutta questa inettitudine, come facciamo ad esser così tanti, in Italia, nel mondo (ma forse lì fuori son più bravi), e a fatturare tanti soldi?

Ah, ecco, è questo. E’ che fa figo dire che di tempo non ne hai mai, perché hai così tanto da fare, da dire, da vendere, da impaginare, da scartare, da quotare, da spalare. Fa molto consulente, non c’è dubbio.

Si è mai visto un consulente che dica: “son perfettamente in tempo per consegnare il progetto senza alcun affanno e con un generale sorriso a 45 denti sul viso di tutto il team, che è riposatissimo e lucido per confezionare la miglior proposta di sempre”. Dico, si è mai visto? No.

Dunque sarà così per sempre, perché le pose son fatte per durare, forse evolvere, tavolta, ma non spariranno mai.

E io, sotto la doccia, ho pensato che tutto questo discorso è un po’ un peccato.

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Faccio un passo indietro (tranquilli, no, l’excursus sulla mia vita dal lontano 82 ad oggi, no, un’altra volta, quando avremo del tempo).

Io sono appena rientrata nel mercato del lavoro dopo un lungo anno di pausa, in cui i mesi, i giorni, le ore, i minuti e così via sono passati lentissimi e veloci al contempo.

Un tempo schizofrenico, fatto di sospensioni interminabili e infinite, mixate a periodi di cui non ricordo nemmeno i giorni da tanto siano fuggiti via.

Il tempo in questo periodo è stato per me un grande nemico.

No, non ho vissuto chissà che trip da droghe pesanti.

Semplicemente son diventata mamma.

E questa nuova me, in mezzo ad un sacco di altre nuove cose, mi ha portato a riflettere sul valore del tempo e sulla mia (in)capacità di gestirne la follia.

Perché un neonato che urla dalla fame è più angosciante di un progetto da deliverare. Devi correre veloce, più veloce di sempre, per farlo smettere, non puoi permetterti di perdere tempo. O quando un cucciolo d’uomo grida per il dolore diventa più insostenibile di qualunque calamità naturale che tu donna-madre possa tollerare nella tua vita. E lì devi armarti di pazienza, ma non quella fatta solo di attesa, bensì quella costruita su tante piccole cose che devi mettere in ordine, in fila, assolvere, puntuale e precisa, per arrivare allo scopo: farlo stare di nuovo bene.

Ho avuto la fortuna di ritornare a lavorare in un’azienda non convenzionale, diversa dalle altre in tutto ciò che fa, anche nella gestione del tempo, anche negli strumenti utilizzati per amministrarlo al meglio (o tentare di farlo, siamo bravi ma mica infallibili, via!). Ma nonostante questo, le difficoltà rimangono sempre evidenti. I consulenti vivono nel ritardo. O forse del ritardo: di aziende, colleghi, clienti, uffici amministrativi e così via. Noi in particolare sul ritardo degli altri ci costruiamo il nostro business, perché dobbiamo aiutare chi è indietro a correre in avanti, a portarsi non solo al pari, ma addirittura un pezzettino oltre.

Così mi son posta il problema e sto provando a riflettere su come io — per prima — debba usare il tempo, oggi che non son più solo un individuo di sesso femminile che lavora. O una consulente con la posa del ritardo, appunto.

Io voglio avere il tempo di assolvere a doveri e compiti, di godere delle soddisfazioni, delle amicizie e del bello di una vita professionale e privata che siano entrambe ricche e positive. Il tempo per far stare tutto.

Così eccomi immersa in un perenne training a me stessa su come imparare a delegare, su come correre in tempo per rispondere alle necessità del bimbo che fu neonato e ora urla pure più forte, su come gestire i miei impegni verso i colleghi, su come assolvere le mie incombenze di gestione della vita privata, quella concreta e casalinga, ma anche quella affettiva ed emotiva.

Gli strumenti sono essenziali, e io sono grata di poter dire di aver vissuto un’evoluzione incredibile da questo punto di vista, dove ogni anno in avanti ci regala un nuovo meccanismo virtuoso fatto di tecnologia e intelligenza umana per aiutarci nella gestione del nostro tempo impazzito.

Ma più di tutto, son felice di aver capito che mi sto sulle palle quando è il tempo che mi domina e mi fa perdere l’obiettivo vero, che è sempre, sempre altro da lui. Insomma quando mi dimentico di togliere i panni del super-eroe ritardatario, che predica in giro “ce la faccio, dammi qualche secondo in più”, “arrivo, solo che mi devi aspettare ancora un paio d’ore”, “oggi no, ma domani di sicuro”.

Ho finito.

Se ripercorrete il post, in corsivo trovate tutto il tempo che c’è nella nostra vita e nel nostro raccontarla. E’ un termine ripetuto alla noia, perché è così tanto pervasivo, che merita attenzione, cura e rispetto, ma anche di non essere sopravvalutato e di poter essere isolato quando serve a mettere a fuoco ciò che conta davvero.

La strada, almeno per me, è ancora lunga, ma ci voglio provare, a lavorare e a vivere ad un passo diverso, convinta che la qualità di quel che ne uscirà sarà immensamente più grande.

p.s. ve l’avevo detto che sarebbe stato un polpettone

p.p.s. ora vado a finire una gara, che sono in ritardo, che non ho avuto tempo, che sonsemprepienadicoseimportantissimechepossofaresoloiouff.

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Valentina Paruzzi
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Head Hunter / Strategy, Innovation & Culture @ H-FARM