Il potere delle storie

Serena Zambon
unbutton
Published in
8 min readDec 10, 2019

Un viaggio a Bucarest. Per scoprire storie che uniscono, rivelano e guariscono.

Lo scorso ottobre si è tenuta a Bucarest la nona edizione della conferenza internazionale “The Power of Storytelling”, che come ogni anno sceglie un tema principale attorno cui far ruotare tutti gli interventi e le attività.
In questa edizione a guidare è stato il concetto di “heal”. Due giorni di racconti in cui abbiamo ascoltato storie che hanno il potere di riparare il mondo, di curare le nostre ferite collettive, di portare conforto nelle nostre menti, corpi e comunità divise.

Qui di seguito i miei personalissimi highlights, i momenti che mi hanno fatto dire “wow” e gli spunti che ho trovato più interessanti.

NB: alla fine comunque trovi anche i link per leggere il riassunto di tutti gli interventi del POS 2019

ROBIN KWONG
Meno info più empatia

Robin Kwong POS 2019

Robin lavora come Head of Digital Delivery presso il Financial Times e durante il suo intervento ha parlato di come il giornalismo dovrebbe ripensare il proprio servizio e andare oltre la semplice offerta di fatti e informazioni, ma dovrebbe invece pensare di fornire un servizio di giornalismo “empatico”.

Un modo diverso di comunicare che ha come obiettivo quello di ricostruire il rapporto fra media e pubblico, sempre più minato dalla mancanza di fiducia delle persone verso i mezzi di comunicazione.

“We need a new form of journalism, journalism that remains very grounded in factual truth, but also that honors and speaks to emotional truths. We need to spark curiosity and encourage exploration and discovery. We need journalism that doesn’t just provide facts as a service, but also that provides empathy as a service. That’s what I’ve been trying to do.”

Un esempio è The Uber Game, un gioco che esplora le sfide quotidiane affrontate da un driver Uber. Robin ha ideato questa esperienza interattiva assieme al suo team, come approfondimento dell’articolo “Uber: The uncomfortable view from the driving seat”, in cui erano presenti interviste ad autisti Uber. Un’inchiesta giornalista che diventa un gioco per cercare in questo modo di sensibilizzare e informare il pubblico su aspetti meno in luce della gig economy. Per approfondire leggi “The Financial Times launches The Uber Game, an interactive look at life as an Uber driver”

Scopri anche l’ultimo game ideato da Robin, The Trade-off, in cui mettersi nei panni di un CEO che deve trovare il giusto equilibrio fra “profit and purpose”.

AARON LAMMER
Hai per caso detto Podcast???

Aaron Lammer POS 2019

Aaron è uno dei fondatori di Longform, piattaforma dedicata alla raccolta dei migliori saggi e articoli presenti online e alla produzione di podcast.
Nel corso del suo intervento (uno dei miei preferiti 😃), Aaron ha raccontato la sua esperienza diretta nel settore della produzione di podcast, elencando alcune regole d’oro da tenere a mente per creare un programma di successo:

1- È compito tuo spiegare come funzionano i podcast, se necessario prendi direttamente il telefono delle persone, installa l’app e obbligali a iscriversi al tuo programma.

2- Devi semplicemente cominciare e poi perseverare, probabilmente non ti sentirai a tuo agio fino alla 50esima puntata, ma è proprio nella fase iniziale (la più difficile) che devi essere testardo, anche se le prime puntate ti fanno schifo.

3- Trova il topic giusto: se la gente ha opinioni confuse rispetto ad determinato argomento vuol dire che c’è una buona opportunità narrativa.
Un esempio: Stoner, programma pensato da Aaron per raccontare, sotto forma di una conversazione informale, il rapporto dell’ospite di turno con la marijuana.

4- Crea una relazione con il tuo pubblico, il podcast permette di creare un legame con chi ti ascolta. Non si tratta però di raccontare i “tuoi fatti personali”, ma di essere veri e intimi con quelle persone che potrebbero finire ad ascoltare per più ore te che i loro amici o i loro famigliari.

MAX LINSKY
Hai per caso detto interviste? e Podcast???

Max Linsky POS 2019

Altro intervento preferito dei due giorni di conferenza (io e il mio amore per i ❤podcast❤). Max è un altro dei fondatori di Longform e co-fondatore di Pineapple Street Media.
Nel corso della sua carriera ha intervistato importanti giornalisti e scrittori, tra cui Cheryl Strayed, Ira Glass e anche esponenti di spicco della politica come Hillary Clinton.

Qui i suoi consigli per realizzare interviste podcast efficaci:

  • Give a shit
    Il podcast è un mezzo spietato e non perdona le stronzate. Non si può fingere. Se non ti interessa quello di cui stai parlando, la gente lo riesce a sentire.
  • Be prepared
    Preparati, ma non serve creare una lista infinita di domande da leggere senza mai guardare negli occhi il tuo interlocutore. Devi sapere dove devi andare con l’intervista, ma devi anche essere libero di seguire gli input che nascono dallo sviluppo della conversazione.
  • Set your ground rules
    Definisci delle regole prima di cominciare, come per esempio “Se ti chiedo qualcosa di troppo personale, dimmelo così passiamo oltre” oppure metti da subito le cose in chiaro “Ti farò delle domande davvero personali”.
  • Be game to sound dumb
    L’intervista non è su di te, ma sul tuo ospite! Il tuo compito è quello di ottenere il meglio dalla conversazione. Fai domande semplici e dirette, a nessuno interessa quanto sei intelligente e quanto contesto puoi inserire in una domanda.
  • Listen, listen, listen
    Per raggiungere il tuo obiettivo, cioè convincere la gente a pensare ad alta voce davanti è te, è indispensabile essere presenti a se stessi e non perdersi negli appunti. Sembra facile, ma non lo è.

Leggi anche “Mastering the awkward art of the interview”

EVAN RATLIFF
I like bad guys too…

Evan Ratliff POS 2019

Evan, terzo co-fondatore di Longform assieme ad Aaron e Max, è un giornalista che con i suoi colleghi condivide la passione per le storie intense… particolarmente intense.
Autore del libro “ The Mastermind: Drugs. Empire. Murder. Betrayal” in cui racconta le storie di alcuni criminali legati al traffico di armi e droga.
Storie di “uomini cattivi”, ma anche di essere umani fatti di un’insieme di cause e motivazioni che li hanno portati a compiere azioni estremamente malvagie.
“I really kind of love bad people. I love scammers, hackers, thieves, people who fake their death and leave their families behind, drug dealers. I am fascinated with them, I spend time thinking about them, I leave my family and fly across the world to meet these mostly terrible men. I hear their stories without judgement and go home to spend more time thinking about them”.

Raccontare le storie di questi uomini per Even vuol dire rispondere a due esigenze precise. La prima è quella di parlare non solo di criminali, ma anche di sistemi malati e corrotti e delle conseguenze che generano.
La seconda ragione è che questo tipo di persone, con le loro azioni, permettono di evidenziare e definire un concetto comune di morale.
“They can be conveyance mechanisms for morality. It’s not like we’re all one step away from becoming assassins, but they can give us a window into understanding human motivations. […] When you look at any sort of evil act from a distance you can describe it like that, just evil, and you might be right. But if you look closer, you can see the steps and little compromises people made that landed them into that place to do something terrible”.

Guarda l’intervista di Evan Ratliff:

JENNIFER BRANDEL
Sistemi da aggiustare vs. sistemi per guarire

Jennifer Brandel POS 2019

Chiudiamo la carrellata dei miei interventi preferiti con Jennifer Brandel, giornalista americana che meriterebbe un approfondimento tutto suo.
La carriera di Jennifer è composta da un insieme di esperienze molto diverse, da studiosa della fede Bahá’í a co-fondatrice di imprese dedicate a diffondere un modello etico come Hearken o come Zebras Unite, caso particolarmente interessante quest’ultimo, perché ha come obiettivo quello di ripensare e sostituire il paradigma dell’azienda “unicorno” tipico della digital economy, con un modello più realistico. Leggi Zebra manifesto”.

Durante il suo intervento Jennifer si è chiesta se oggi è più necessario e importante concentrarsi sulla guarigione di sistemi rotti o sulla creazione di nuovi sistemi che guariscono. Sistemi che partono dai singoli organismi, per passare alle comunità di persone, fino ad arrivare a sistemi più complessi all’interno delle organizzazioni.
Leggi anche “Jennifer Brandel and the radical act of listening”

Segue una selezione delle slide che accompagnavano il suo intervento:

Le slide di Jennifer

Come promesso sopra, qui il riassunto di tutti gli interventi dei due giorni:
Takeaways from #Story19: Day 1
Takeaways from #Story19: Day 2

The Power of Storytelling su Facebook

Qui invece un po’ delle nostre foto ricordo:

--

--