La Nascita dei Cocktails

Stefano Franchetto
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5 min readOct 23, 2017
Un frame del film Cocktails, di Roger Donaldson (1988).

Come diceva Brian Flanagan nel film del 1988 Cocktails: “L’America si beve i favolosi cocktails che faccio io.

Ma qual è l’origine di questa parola ormai di uso comune?

La nascita del termine “Cocktail” è incerta, e ancor più incerto è chi sia stato il primo a creare questo tipo di bevanda.

Il primo a cui poter attribuire la paternità è Ippocrate, luminare greco e padre della medicina moderna, che sembra aromatizzasse il vino con l’assenzio. Del resto, l’utilizzo di erbe, bacche e miele a questo scopo era molto comune nei popoli antichi.

Un altro personaggio storico che potrebbe avanzare dei diritti su questa invenzione è Caterina de’ Medici. Nobildonna fiorentina emigrata in Francia per sposare il Duca d’Orleans, portò con sé l’idea di miscelare e combinare diverse bevande per ottenerne delle altre.

Per scoprire l’etimologia del termine “cocktail” ci si deve affidare a racconti dall’ancor più forte sapore di leggenda.

Nella zona del Campeche, sul golfo del Messico, si narra che un giovane Maya per poter conquistare la figlia di un dignitario locale, visti gli insuccessi locali, si affidò a un sacerdote per la preparazione di un filtro propiziatorio d’amicizia da portare in dono ai genitori dell’innamorata.

Bevuto il filtro, questi ne furono entusiasti e concessero la figlia al giovane. La ragazza in questione si chiamava Cochtil, nome da cui potrebbe appunto derivare la parola cocktail.

Come ogni leggenda, anche questa sembra avere un fondo di verità: stando ad alcune storie di marinai inglesi, proprio nella stessa regione di Campeche, gli antichi Maya cercavano di propiziarsi il benestare degli Dei offrendo loro misture nate dalla miscelazione di bevande alcoliche che venivano preparate usando un lungo cucchiaio, denominato “coda di gallo” (cock tail in inglese)

Una versione diversa del racconto ci porta a New York, circa 2 secoli fa, dove le lotte tra galli era uno degli svaghi preferiti degli abitanti della città. Un oste appassionato perse al gioco il proprio gallo migliore e promise quindi di dare in sposa sua figlia a colui che avrebbe ritrovato l’animale.

A trovarlo fu un suo cliente abituale, già innamorato della figlia, ma purtroppo malvisto dal padre.

La ragazza, che ricambiava l’affetto del giovane, preparò un miscuglio di liquori per favorire l’amicizia tra i due, ma nel corso della preparazione una piuma del gallo ritrovato cadde nel bicchiere, dando così origine al nome della bevanda.

Anche in questa tradizione sembra esserci del vero: alla fine dei combattimenti si usava infatti brindare al vincitore, al quale come premio veniva offerta la coda del gallo perdente.

Sempre dal Nuovo Mondo giunge una diversa versione che attribuisce l’origine della parola non ai galli ma alle uova delle galline. Una farmacista di New Orleans avrebbe infatti utilizzato un portauovo (coquetier in francese) per creare delle misture tonificanti. Dalla storpiatura del termine francese sarebbe nato il nome cocktail.

Molto più verosimilmente, queste bevande nacquero per esigenze di mercato: i distillati dell’epoca erano molto grezzi e ruvidi e quindi difficilmente apprezzabili dalla clientela. Per questo alcuni barman cercarono di arrotondarne il sapore aggiungendo piccole dosi di liquori più dolci.

Per normale evoluzione, questa pratica fu poi estesa a molti più prodotti e vennero create molte più miscele con l’aggiunta di un occhio attento anche all’aspetto estetico delle bevande.

La storia del cocktail moderno si può far risalire al XIX secolo e alla figura del più famoso barman americano dell’epoca, Jeremy Thomas, che si distinse per la capacità di saper miscelare tutta una serie di prodotti realizzando cocktail multicolori dal gusto eccellente, diventando una celebrità in questo ambito.

Nato il 1° Novembre a Sacket Harbor, si trasferì nel 1840 a New Haven dove iniziò la sua carriera di Barman.
A 18 anni si imbarcò, come marinaio, sulla ANN SMITH dove ottenne grande successo tra l’equipaggio e i passeggeri modificando la ricetta del “grog” (una bevanda a base di rum, acqua, zucchero e succo di lime).
Nel 1852, tornato a New York, aprì un proprio locale, l’Exchange, che ottenne un grande successo sia per la posizione, che per i drink offerti, tra cui spiccavano il Julep e il Brandy Punch.

Ma fu nel 1858 che la sua fortuna cambiò esponenzialmente, quando accettò una prestigiosa proposta di lavoro come capo barman per il Metropolitan Hotel di New York, il più alla moda della città, raggiungendo un alto livello di popolarità e fama affermandosi come il barman più famoso d’America.

Due anni dopo fondò il proprio locale, il Jerry Thomas’s, diventato famoso tra i personaggi in voga del mondo dello sport, dell’arte, della finanza e nobiliare.

Nel 1862 Thomas raccolse per la prima volta in un volume tutte le ricette e le tecniche di preparazione delle sue bevande miscelate: fu una rivelazione in quanto, fino ad allora, ogni bartender custodiva gelosamente i propri segreti destinati solo alla trasmissione ai propri apprendisti.

Thomas offrì al grande pubblico la possibilità di conoscere non solo le ricette ma anche i metodi di preparazione dei vari sciroppi, bitter e cordiali necessari alla composizione dei cocktail.

La “Bar-Tender’s Guide or How to Mix Drinks” è la prima guida di questo genere mai pubblicata, al cui interno appaiono drinks come il Martinez, considerato l’antenato del celebre Martini, ottenuto dalla miscelazione di tre parti di vermouth rosso dolce e una di gin, con la guarnizione di una ciliegia.

Fu proprio il Martini ad affermarsi come cocktail di successo su entrambe le sponde dell’Atlantico all’inizio del XX secolo.

Negli Stati Uniti, durante il periodo del proibizionismo (1919 -1933), i cocktail venivano consumati negli speakeasy, bar clandestini nascosti solitamente nei retrobottega di attività commerciali. Spesso in questi locali i proprietari assemblavano vermouth, gin e whisky in tinozze o vasche da bagno. I Cocktail ebbero particolare successo perché servivano a mascherare il cattivo gusto dei liquori fai da te. Proprio in questo periodo vennero elaborate numerose ricette che tutt’ora troviamo presenti nella lista ufficiale pubblicata dall’IBA (International Bartenders Association) che comprende più di 60 cocktail divisi in 3 categorie: gli indimenticabili, i classici contemporanei e i drink della nuova era.

La proposta dello scrittore

OLD FASHIONED

Questo aperitivo, nato negli Stati Uniti agli inizi del Novecento, deriva il suo nome dal caratteristico bicchiere in cui viene servito.

INGREDIENTI

Whisky
Angostura
Acqua gassata
Zucchero in zolletta

PREPARAZIONE

Disporre sul fondo di un tumbler basso 1 zolletta di zucchero e inumidirla quanto basta con l’angostura. Aggiungete 3 cl di acqua gasata e colmate il bicchiere con ghiaccio a cubetti. Aggiungete 6 cl di whisky e mescolate il tutto con un cucchiaino a manico lungo. Decorate con una buccia d’arancia e una ciliegina candita.

Da gustare a tutte le ore del giorno ma perfetto come aperitivo!

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