La scienza eroica

Riccardo Agnoletto
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5 min readNov 17, 2017

Il contatto che la maggior parte di noi ha con la fisica, con la scienza in generale, avviene tra i banchi di scuola.

Quello che trovo incredibile, a volte anche avvilente, è quanto poco gli insegnanti di materie scientifiche si soffermino sulle vite dei personaggi trasformandoli presto in questa maniera in leggende, miti che al pari di altre creature fiabesche popolano un mondo diverso, distante.

L’immaginario comune conferma questa visione, con signori barbuti ammantati di bianco che operano in caverne sotterranee o in luoghi sperduti della terra, per poi riunirsi al popolo quando vi è da annunciare una Lieta Novella.

Il popolo subito esorcizza il Verbo cercando di fargli assumere connotati nazionalpopolari: non (solo) per ignoranza, sia chiaro, ma anche e soprattutto per paura. Come bambini che leggano una storia sui draghi e senza comprenderla appieno non sappiano bene decidere se doversene preoccupare o meno.

Questa distanza, la percezione della scienza come un’entità algida e “diversa” è sempre esistita, ma credo abbia raggiunto l’intollerabile livello attuale soprattutto per via dell’incredibile accelerazione impressa alla conoscenza umana dalle rivoluzionarie teorie delle scienze del ‘900, Fisica in testa.

Chi, come il sottoscritto, ha avuto la fortuna di leggere i pensieri di alcuni dei protagonisti di questa storia non può rimanere indifferente a questa ingiustizia: imbracciato il mezzo informatico, sente il dovere di raccontare.

Raccontare di quei personaggi che erano prima di tutto uomini mossi dall’irresistibile attrazione per “ciò che è bello”.

Prendiamo un esempio noto a tutti: Albert Einstein. Spesso ci viene raccontato che la relatività speciale sia nata per spiegare l’esperimento di Michelson e Morley. In realtà Einstein era mosso da una ben diversa convinzione, del tutto estetica.

“Le leggi della fisica devono essere le stesse in ogni sistema di riferimento inerziale”

Da questa esigenza, dalla costanza della velocità della luce e dalle leggi di Maxwell dell’elettromagnetismo, segue inevitabilmente la teoria della relatività.

Ma l’eroismo è l’unione del sacro, del divino, con l’umano. E in questa storia scopriamo anche che benché Poincaré fosse probabilmente giunto alla stessa conclusione qualche tempo prima, decise di pubblicare le sue scoperte nel “Rendiconto del Circolo dei Matematici di Palermo” laddove il caro vecchio Albert scelse la prestigiosa “Annalen der Physik”.

Avere un miglior ufficio stampa, pare, paghi.

E come si fa a non raccontare dei pionieri della Fisica Sovietica come Gamow o Landau, che a dispetto di un governo totalitario che avrebbe voluto anteporre il Marxismo ad ogni evidenza e che imponeva la chiusura dei laboratori si trovavano a scavalcare recinzioni e cancelli pur di raggiungere i luoghi della ricerca.

Per darvi un’idea di questi personaggi il primo fu capace di firmare un lavoro di grande importanza svolto in collaborazione con Alpher aggiungendo anche l’amico fisico Bethe, solo per poter usare come nome della teoria “Alpher-Bethe-Gamow” o αßγ.

George Gamow

La storia di Landau è invece molto meno allegra, anche se altrettanto incredibile.

Lev Landau

Nella sua vita venne arrestato come “nemico del popolo”, servo della fisica borghese, e in seguito ad un incidente fu dichiarato morto clinicamente, salvo poi riprendersi.

In quell’occasione, durante la convalescenza, accadde che i medici avessero bisogno di un macchinario particolare per eseguire un esame. Non essendo disponibile, l’intera comunità scientifica si mobilitò nel tentativo di costruirlo. L’idea era ingenua, ma il gesto rimane un simbolo di profonda umanità.

I due sono anche protagonisti di un episodio politico molto particolare: il governo dell’URSS ripudiava qualunque teoria scientifica che non fosse considerata conforme al materialismo dialettico di Hegel. Anche in materia di Fisica si arrivò a riesumare teorie ormai morte e sepolte, e così i due (Gamow e Landau), insieme ad altri fisici risposero a tale Gessen, un esponente della scienza “di stato” con questa lettera:

“Ispirati dal suo articolo sull’etere luminifero, ci stiamo dando dentro per dimostrarne l’esistenza. Albert non era altro che uno stupido idealista!

Contiamo sulla sua guida per la ricerca del fluido calorico, luminifero e del flogisto.”

Gessen, il cui volto assomigliava a quello del gatto nel disegno, non la prese proprio benissimo e molti dei firmatari vennero condannati a pene di varia gravità tra carcere e Siberia, oltre a venir ovviamente radiati dall’insegnamento.

Anche e soprattutto questa è la scienza, fatta di corsi e ricorsi di esistenze che a volte portano a conclusioni inaspettate.

Prendete la matematica, che elegge a “formula più bella” l’identità di Eulero

O pensate all’incredibile storia dell’ultimo teorema di Fermat, che nella sua formulazione semplicissima nasconde una complessità demoniaca

“non esistono terne di valori per cui aⁿ+ bⁿ = cⁿ se n > 2”

Il simpatico Fermat scrive a margine della formulazione del teorema:

“Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina”.

generazioni di matematici tenteranno di dimostrare questo teorema, con colpi di scena e tragedie — lo sfortunato matematico Yutaka Taniyama arrivò a suicidarsi — riuscendoci solo nel 1993 ad opera di Andrew Wiles.

Insomma, sembra quasi tautologico ma a volte ce ne scordiamo: l’essere umano, l’uomo fatto di sangue e carne è la forza motrice di ogni opera umana, e la scienza non è un’eccezione.
Leggere per credere!

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