Le questionnaire de Proust: 134 anni di apparente banalità

Susanna Marchini
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Nel 1886, Antoinette Faure, figlia del futuro presidente francese Félix Faure, chiese all’amico allora quattordicenne Marcel Proust di compilare il questionario contenuto nelle pagine del libro “Confessions. An Album to Record Thoughts, Feelings, & c.”.

Questo “album delle confessioni” era un vero e proprio gioco di società che circolava nei ricchi e acculturati salotti vittoriani e presentava su ogni pagina una serie di domande apparentemente banali, ma che avevano un forte impatto sulla definizione della personalità di chi rispondeva.

Sei anni dopo, il giovane Proust compilerà un secondo questionario, quello che si trovava nel libro francese “Les Confidences de Salon” senza immaginare che le sue risposte sarebbero diventate, nel tempo, il modello per uno dei più diffusi quiz sulla personalità della storia.

Nel 1924, lo psicoanalista André Berge, figlio di Antoinette, trovò la raccolta delle confessioni della madre in mezzo a una pila di vecchi volumi impolverati e fece pubblicare la pagina del giovane Proust sulla rivista letteraria francese Les Cahiers du Mois in un articolo intitolato “About a Lucky Find”.

Berge fu il primo a celebrare il documento che sarebbe presto diventato noto come “le questionnaire de Proust”. A partire dagli anni Cinquanta, le versioni del questionario, solitamente rivolte a scrittori e ad altri intellettuali, cominciarono a comparire regolarmente sulle riviste, diventando un punto fermo del giornalismo europeo.

Alcuni esempi significativi sono sicuramente l’intervista risposta da Proust per Proust, mentre una fra le più famose interviste proustiane dell’epoca moderna è quella di David Bowie.

Ma perché questo questionario ha riscosso tanto successo negli anni?

Le domande, che in prima battuta appaiono semplici e quasi banali, sono in realtà estremamente profonde e personali, e la lettura delle risposte è rivelatrice delle peculiarità di una persona.

Le trenta domande nascondono una delle imprese più difficili per chi è impegnato in una conversazione: riuscirai a dare una risposta intelligente ad una domanda semplice?

Nasce così “the proustian series”, il nostro modello di intervista pensato come un flusso di domande dai toni alle volte leggeri, alle volte più profondi e intimi che abbiamo utilizzato per conoscere meglio i nostri colleghi e per entrare in punta di piedi nella loro quotidianità.

Oltre alle domande, abbiamo descritto alcuni lati delle persone intervistate attraverso un visual manifesto, un insieme di immagini che ci restituiscono un ritratto della persona in un modo immediato e accattivante.

Per chi volesse conoscerci un po’ di più, nella sezione People del nostro canale sono raccolte tutte le interviste fatte in questi mesi.

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