Perché un architetto in H-FARM?

Giorgio Renzi
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4 min readNov 10, 2017
Io: foto da architetto (sn), foto da Farmer (dx)

DISCLAIMER: Sono una persona che apre molte parentesi. Non sempre le chiudo.

Mi capita spesso che, incontrando clienti e amici che passano per FARM, mi si chieda: “e tu da quanto lavori in H-FARM?”. Rispondo sempre più o meno a caso perché la percezione del tempo che ho qui è spesso alterata. In effetti succedono sempre tante, troppe cose.

Delle volte capita di cercare progetti in ORCA per ore — fino a poco tempo fa i nostri server avevano tutti nomi di animali, ora hanno dei nomi normali — prima di realizzare di dover spulciare nelle cartelle degli anni precedenti. “Eppure mi sembra di aver lavorato ieri a quel progetto!”. E nonostante ci siamo disegnati e sviluppati uno strumento per gestire il nostro impegno nei progetti (questo), ci sono sempre mesi molto densi che sembrano durare anni ed altri ancora più carichi che passano senza che uno se ne accorga (“a proposito, e le ferie estive?”).

Chiusa parentesi 1.

Ad ogni modo, facendo un calcolo serio, sono ormai 3 anni e 7 mesi che sono in H-FARM. Questa per me diventerà a breve l’esperienza lavorativa più lunga di sempre.

Perchè, anche se di anni ne dimostro 40 e capita che qualche cliente molto molto stanco, la sera, al buio mi scambi per Tomas che, anche se non vuole sentirselo dire, ha l’età di mia madre, in realtà ho da poco 30 anni (anche questo è sempre un calcolo abbastanza difficile da fare).

Chiusa parentesi 2.

Non avrei mai pensato potesse succedere. Lavorare così tanto in un posto, intendo.

“Ma come finisce un architetto a lavorare in H-FARM?”

La risposta è: per caso. Lo è almeno per me.

Mi sono successe molte cose per caso. Per caso mi sono spaccato una mano pulendo un acquario e mi sono cucinato un dito, per caso ho bevuto il succo di un melograno avvelenato, per caso mi sono ritrovato a lavorare in Olanda per una sostituzione, e per caso in Olanda non ci sono poi ritornato, perchè — per caso — sono stato invitato a dare una mano in FARM per chiudere un progetto. Invitato il giorno dopo la mia discussione di laurea. Invito ovviamente dimenticato dopo qualche ora per colpa dei festeggiamenti “alla veneziana”.

Chiusa parentesi 3.

Ad ogni modo a una certa [in qualche modo, ndr] in H-FARM ci sono arrivato. Ma la domanda che più spesso mi fanno ora è “perché un architetto in H-FARM?”. Ci ho messo un po’ a rispondermi. Non è facile spiegarlo.

“Allora ti fai la tua c***o di area architettura e te ne stai da solo” cit.

La prima cosa è che qui si progetta. E lo si fa seriamente, prendendosi tutte le responsabilità che l’impatto delle nostre scelte possono avere sulle persone che vengono in contatto con le nostre soluzioni.

E comunque l’approccio al progetto e la metodologia del Design Thinking così orientato all’analisi qualitativa e all’individuazione di soluzioni efficaci per le persone non è poi così distante dalle prassi di progettazione territoriale o urbanistica.

Lavoriamo in team misti in cui i background si mescolano e si contaminano in continuazione, generando così cose sempre inaspettate. Questa è forse la cosa che mi interessa di più: quei progetti complessi in cui c’è bisogno di coinvolgere persone con competenze molto diverse che in qualsiasi altro contesto non si troverebbero mai a fare un brainstorming nella stessa stanza e mettere poi a fattor comune tutte quelle intuizioni, tutte a loro modo sempre geniali.

Questa cosa dei brainstorming mi ha colpito penso dal primo giorno, ancora prima di capire che cosa si facesse realmente in H-FARM. Non voglio toccare qui la dolente questione, che sembra essere un problema comune: mamma, lo spiegherò anche a te prima o poi.

Tra le prime cose a cui ho lavorato c’è stato il progetto di una piattaforma di Knowledge Management. Nulla di così distante dal mio background alla fine: la definizione di un network e delle sue modalità di fruizione basato su nodi e tracciati. Solo che al posto dei luoghi — nei nodi — c’erano i contenuti ed i tracciati erano percorsi di senso.

Chiusa parentesi x e y.

Tra l’altro, con il tempo, ho scoperto tipo [ad esempio, ndr] che quella strana guida che avevo portato come reference per un laboratorio di progettazione urbanistica all’università non era che la guida WHAIWHAI (per capire di cosa sto parlando andate qui), e che quelli che l’avevano pensata, progettata, disegnata e sviluppata non erano che i miei colleghi quando ancora lavoravano in Log607, prima che diventasse Digital Accademia, prima che diventasse Digital Accademia Corporate Education, prima che diventasse HIC. Una guida che parlava di contenuti, contenuti dei luoghi della città e delle storie che li accomunano come fossero tracciati fisici.

E funziona con gli SMS. Così figo e old school.

Un po’ come siamo noi.

Chiusa parentesi ∞

PS: Michele dopo questo post in cui mi sono dato un tono puoi pubblicare il post su quello strano sogno.

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Giorgio Renzi
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Manager @H-FARM INNOVATION, Maize S.r.l. and a big fan of new adventures and projects. https://www.linkedin.com/in/giorgio-renzi/