Quaranteen, tutto quello che abbiamo compreso.

Giulia Carlon
unbutton

--

Negli ultimi due mesi abbiamo collaborato a un’iniziativa interna che ci ha sfidati collettivamente. Nelle prossime righe, tutto quello che ci ha insegnato questa esperienza di Team Building.

Ci siamo.
Si sono aperte un po’ le porte a quella che sarà una semi-normalità. Lentamente ci si prepara a riprendere in mano la socialità: si incontrano parenti, amici e si torna qualche giorno in ufficio.

Negli ultimi giorni abbiamo concluso l’esperienza di Quaranteen, o meglio, abbiamo messo in pausa questa parte di community digitale per capire- per usare un termine ormai noto- quale sarà la fase 2 di questo progetto che ci ha tenuti on air per un po’.

Alla fine dei due mesi di esperienza abbiamo inviato un questionario ai partecipanti per raccogliere feedback e spunti di miglioramento. Questo articolo vuole essere una restituzione sintetica dei feedback raccolti, di ciò che è stata questa esperienza e degli insegnamenti che ne abbiamo tratto sia come singoli che come team.

Quello che state per leggere sono le risposte dei partecipanti riguardo: grado di apprezzamento, sfide più acclamate, risvolti inaspettati dell’esperienza.

Consigli pratici per una migliore lettura:

  • Infila le cuffie e ascolta la nostra playlist, nata da una delle sfide dell’esperienza,
  • Se ti stai chiedendo cosa sia Quaranteen, ma comunque sei arrivato fino a qui, allora ti interessa e vale la pena leggere il primo articolo in cui spiego di cosa si tratta.

Ok, sei pronto per iniziare.

Domanda 1: La parola di Quaranteen
Se dovessi descrivere Quaranteen con una parola, quale sarebbe?

Le risposte raccolte sono state riunite in una serie di cluster che abbiamo sintetizzato in questa mappa:

Scoprire e conoscere persone da punti di vista diversi è la forza di questo progetto. Attraverso le sfide, attività non prettamente lavorative, le persone del nostro team hanno avuto modo di portare alla luce alcuni aspetti del proprio carattere e della propria persona.

Avremmo potuto di arrivare allo stesso risultato con un’altra attività?

Forse sì, ma sicuramente questa è stata una piacevole sorpresa in termini di risultato. Lasciamo stare i pregiudizi del caso sulle attività di teambuilding, Quaranteen al di là della situazione particolare che ci ha costretto ad essere molto più presenti online, è stata un’esperienza che ha fatto emergere molti aspetti nascosti delle persone che hanno partecipato, non per volontà e vedremo perché.

Domanda 2: La sfida preferita
A. Qual è stata la modalità di sfida che ti è piaciuta di più?

Le competizioni amichevoli proposte erano costruite su alcune categorie di base:

  • Storytelling: storie collaborative e haiku per esempio. Sfide che utilizzano il mezzo della scrittura e della narrazione come modalità di espressione
  • Visual: creazione di video, disegni, fotografie, GIFF.
  • A mò di lista: playlist su Spotify, lista di posti visitati e da visitare, le cinque categorie di libri, film, siti preferiti. Quest’ultima categoria in particolare è stata quella preferita. Per redigere una lista non è richiesta nessuna competenza specifica: non serve, infatti, essere particolarmente abili con la scrittura o con il disegno, ma è sufficiente avere la volontà di esprimere un pezzo di sé. Il fatto che questa tipologia di sfida abbia avuto così tanto successo quindi non stupisce, perché si tratta della modalità più inclusiva che si possa immaginare, che non rischia di mettere a disagio nessuna persona a causa dell’impossibilità pratica di svolgere una richiesta.

B. Qual è stata la sfida che ti è piaciuta di più?

cit. partecipante: “Stimolare la mente, mi fa sentire più efficace nelle altre attività.”

I cuori del nostro team si sono decisamente accesi con la sfida della playlist, quella che, se avete seguito i suggerimenti iniziali, state ascoltando ora. La richiesta era quella di creare una playlist di dieci canzoni su Spotify e dedicarla ad un collega per alleviare dalle giornate tutte uguali della quarantena.

Cosa trarre da questa dichiarazione d’amore verso la sfida?

Sicuramente che ci piace la musica e che ci mancheranno molto i concerti in questa stagione.

La conclusione più approfondita di questa prima asserzione è che il nostro team usa la musica come strumento di espressione.

Quali diverse propensioni potrebbero avere altri team di lavoro? Quali mezzi di espressione preferiti? Utilizzare lo strumento della sfida è interessante per capire anche questo aspetto che va ad indagare un’altra questione importante: e se quotidianamente stessimo chiedendo alle persone di esprimersi attraverso modalità con le quali non riescono a tirare fuori il meglio di loro?

Diversi articoli (come questo) e ricerche sostengono la tesi che le persone alle quali viene permesso di esprimersi più liberamente secondo la loro natura espressiva e il loro modo di ragionare, riescono non solo a assumersi più rischi a lavoro, ma anche ad essere più creativi e a risolvere i problemi più facilmente.

Abilitare la creatività personale di ognuno significa quindi far uscire l’inespresso che molto spesso di cela dietro a modalità di lavoro prescritte e definite, per le quali non esiste alternativa di esecuzione a uno specifico task, se non quelle già decise.

Al contempo, provare ad interpellare in maniera sincera e spontanea le menti di un team nella risoluzione di un problema, significa ridare vivacità intellettuale non solo a esecuzioni difficili, ma anche ad attività poco stimate o considerate banali che possono prendere una svolta inedita.

Un’altra sfida molto partecipata, sulla scia della musica, è stata quella di “Sarabanda, detta anche la indovino con un nananannà”.

I partecipanti in questo caso, avrebbero dovuto indovinare una canzone postata sul canale di Quaranteen cercando di interpretare la stessa a suon di sillabe. What is love degli Haddaway sarebbe quindi tananà — tananannà …tananna, tannà!

Sentire la voce dei propri colleghi è stato come averli vicino, dieci secondi alla volta. Forse è stato proprio questo il motivo di tanto successo.

C. E cosa si può pensare, invece, delle sfide non partecipate?

Ci sono state delle attività che in effetti non hanno avuto molto seguito. In parte per il motivo citato prima, ovvero per la difficoltà di esecuzione che alcune persone incontravano, in parte per un motivo che apre una considerazione più ampia sul grado di partecipazione e utenti tipo.

Mi spiego meglio. In questi mesi di Quaranteen è stato possibile osservare e capire che ci sono 3 categorie di “utenti tipo”:

Gli osservatori silenziosi:

Avete presente i follower inattivi su Instagram? Sono quei follower che non interagiscono con i contenuti postati dalle persone che seguono: non mandano reaction, né direct, né commenti, perché principalmente osservano l’operato dell’influencer. I nostri osservatori silenziosi sono così: follower inattivi. Un buon numero di persone appartenenti al gruppo di Quaranteen, infatti, non ha partecipato attivamente, ma ha seguito il canale, godendo dei contributi che venivano restituiti dai partecipanti in risposta alle sfide.

Questo è di fatto un trend: Quaranteen vive grazie ai contributi dei partecipanti, ma le persone sono perlopiù curiose di vedere i risultati altrui.

Gli entusiasti:

Ovvero coloro che hanno partecipato in maniera assidua alle sfide creando contenuti e interagendo in maniera propositiva con la loro platea digitale. Quello che se ne evince è che un team quando si sente libero di scegliere tra il fare o l’osservare, tendenzialmente prova a far qualcosa. L’esercizio di Quaranteen, infatti, ha aiutato anche i più timidi a sentirsi liberi di esprimersi in un luogo protetto. Questi ultimi, si sono dimostrati più propensi ad esprimersi dietro a uno schermo probabilmente perché disintermediati dallo strumento. Se ci si pensa bene, in realtà, questo è un paradosso se si considera che il web è il canale con la più alta capacità di divulgazione e propagazione, eppure sembra che ci si senta più a disagio a parlare con tre persone dal vivo che con sessanta dietro a uno schermo. “People are strange” cantavano, non a caso, i The Doors.

I partecipanti:

Coloro che si sono cimentati solo ed esclusivamente alle attività cui erano interessati, senza però contribuire con il lancio di nuove sfide o proposte. Questa è stata la categoria minoritaria all’interno del gruppo.

Domanda 3: Quali sono i valori di SIC emersi?

cit. partecipante: “Se si tratta di creatività si alzano voci inaspettate. Dovremmo essere più così anche nei progetti dove spesso siamo dentro delle scatole e poco inclusivi”.

Nella routine di lavoro quotidiana è difficile trovare dei momenti per esprimersi e degli spazi dedicati a questi scopi, ma le persone hanno manifestato una grande volontà in tal senso. La creatività, inoltre, è un valore che viene spesso associato all’estrosità o meno di una persona, ma nella realtà questa parola trova molto più senso se associata alla capacità di sfruttare in maniera brillante i propri talenti, alla propensione di esprimersi in maniera personale e caratteristica di ogni individuo. Questa proprietà fa delle persone ciò che sono. Va da sé, quindi, che alimentare questi processi creativi permette di far emergere la parte speciale delle persone.

Domanda 4: Quali sono i contesti in cui può essere utilizzata Quaranteen?

cit. partecipante: “Ho colmato l’assenza fisica”.

Nato da un tentativo di restare più uniti, quest’esperienza ci ha fatto aprire alcuni cassetti inaspettati, che possono essere sfruttati per migliorare alcuni aspetti.

Questi i principali che abbiamo individuato:

  • Comunicazione interna e Teambuilding: Quaranteen è un’esperienza utile per conoscere i propri colleghi, soprattutto se in sedi diverse, per superare i silos e creare maggiore coesione.
  • Hack Creativity: Alimentare la creatività in modo semplice e delineare dei tratti dell’organizzazione più umani, tangibili e reali. Favorire la nascita di progettualità inaspettate e collaborative.
  • Formazione: se le sfide sono pensate per apprendere, Quaranteen può diventare una trovata ingegnosa per fare esperienza pratica e approfondire alcune competenze.
Una delle GIFF create durante Quaranteen. Nessuna differenza tra zona giorno, ufficio e zona notte con lo smartworking.

EXTRA:

La modalità delle sfide e più in generale dell’esecuzione dei task giornalieri è stata indagata con diversi approcci nei mesi di quarantena. Abbiamo raccolto i casi che ci sono piaciuti di più in questa lista:

  • Bored Solutions: stilisticamente la soluzione che ci sembra più bella. Disegnato da Marc Leonard (ex-Google Creative Lab & Construct London) e sviluppato da Daniel Griffin (simpler Mortgages), il sito è ricco di spunti per imparare a fare diverse attività durante il periodo di lockdown.
  • Una lunga lista di 100 cose da fare by Vice: tutto quello che una persona si può immaginare di poter fare, dalle cose più semplici a quelle meno.
  • #25giorniacasa by BeUnsocial: una delle prime iniziative a partire a Marzo nei primi giorni di lockdown.

PRONTI? VIA!

Siamo pronti ora a capire quale sarà l’evoluzione di questo progetto, che dovrà convivere, come noi, a nuove dinamiche di vita e di lavoro ancora poco definite.

Ci auguriamo che qualsiasi cosa faremo in questo periodo nebuloso, possa da oggi in poi, necessitare della nostra espressività.

Se vuoi condividere con noi il tuo pensiero e sapere di più riguardo alle nostre ricerche su questo tema, scrivici a info@h-farm.com

My LinkedIn

--

--

Giulia Carlon
unbutton

🌫ice🌫 Senior Project Manager @H-FARM Innovation