Una congettura che doveva essere vera

Riccardo Agnoletto
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4 min readMar 28, 2018

In questo articolo vorrei parlarvi di uno dei miei personali eroi. Forse potrebbe non averne molto l’aspetto, ma questo simpatico vecchietto con la balbuzie, a cui verrebbe voglia di stringere immediatamente un abbraccione, è un vero gigante: Donald Knuth, ideatore e creatore di Tex. No, non il personaggio Bonelliano, ma l’editor di scrittura WYSIWYM (What You See Is What You Mean) più diffuso al mondo.
Un software che è stato descritto da varie autorità nel campo della programmazione come “afflitto da un numero di bug approssimabile a 0”.

Don è tradizionalmente incaricato di tenere una lezione di matematica di Natale all’università di Stanford, momento che già di per sé mostra un lato estremamente umano della scienza: in queste lezioni infatti si respira un senso di raccoglimento e di comunione che trascende il normale rituale accademico.

La lezione di quest’anno è stata ancor più significativa, fin dal suo titolo che io ho, senza alcun ritegno o vergogna, rubato per il mio articolo: “Una congettura che doveva essere vera”.

Vorrei fermarmi un momento prima di parlarne per sottolineare un fatto, un messaggio che ho goffamente tentato di trasmettere anche in varie altre occasioni: cosa spinge esseri umani come Don nella loro ricerca? La risposta più classica porterebbe a pensare a un freddo calcolo, la convinzione statistica che ci sia una miniera da scoprire in una direzione piuttosto che in un’altra. E a volte questo sicuramente accade. Ma la vera magia è altrove, ed il titolo della lezione lo dimostra: provare una congettura, un’ipotesi, perché “è impensabile un mondo in cui questo teorema, con la sua bellezza, non possa venir provato”.

Quante cose ci dice questa convinzione! C’è bellezza nella pura idea matematica, ed è proprio la ricerca del bello a portare all’ossessione di arrivare alla sua dimostrazione.

Non voglio dilungarmi troppo nella spiegazione della congettura, che lascio allo stesso Donald. L’idea in generale riguarda quello che il professore descrive come “tight pavings”, ovvero un modo di tassellare un rettangolo di m righe ed n colonne seguendo una regola semplice: ogni linea orizzontale e ogni riga verticale deve essere usata una sola volta, usando m+n-1 rettangoli. Un po’ come nei quadri di Mondrian.

Don a quanto pare si è imbattuto nel problema mentre stava lavorando su delle strutture dati che definisce “dancing links”, e ha notato immediatamente l’ovvia (?) correlazione con i suoi rettangoli.

Ha quindi cercato di risolvere numericamente per valori crescenti di m e n il seguente problema: quanti “tight paving” esistono per un rettangolo m x n ?

Le soluzioni calcolate dal programma mostravano un andamento che non poteva (non poteva!) essere casuale. Così Don si è messo alla ricerca di una dimostrazione della soluzione del peculiare coefficiente — che infatti è arrivata, anche se ad opera del suo altrettanto brillante collega matematico Walter Stromquist.

Congetture di questo tipo vengono studiate continuamente, a partire dai problemi più disparati. Prendiamo un altro esempio eclatante: il “problema delle infinite regine”.

Immaginate di avere una scacchiera infinita verso i lati destro e superiore e di cominciare a posizionare regine a partire dall’angolo in basso a sinistra facendo in modo che nessuna delle regine stia dando scacco ad un’altra.

Cerchiamo inoltre di posizionare quante più regine possibile, secondo una variante del problema detta “greedy”.

Osservate la figura che ne risulta. Si nota subito che ci sono due classi di risultati che sembrano disporsi intorno a delle rette ben precise. Il fatto straordinario è che queste due rette hanno una pendenza, un coefficiente angolare molto preciso: si tratta della sezione aurea in un caso, e del suo inverso (1/sezione) nell’altro.

Nessuno è ancora riuscito a dimostrare questo fatto empirico, ma schiere di matematici affrontano il problema convinti dalla bellezza di un risultato che riporta a uno dei numeri più magici della matematica: la sezione aurea infatti è anche lo stesso numero che si ottiene dal rapporto tra le dimensioni di due spire consecutive di molte specie di gasteropodi, e ritorna anche nella disposizione di foglie e rami di moltissime piante, nelle proporzioni del corpo umano, nella traiettoria che un falco percorre quando cattura in picchiata una preda…

Quella sensazione di infinito stupore, di trovarsi di fronte a qualcosa che domanda una spiegazione, è ciò che spinge queste persone alla ricerca. Di sicuro non la prospettiva di ricavarne un guadagno, come sottolinea Donald: questi problemi non hanno alcun qualsivoglia legame con questioni pratiche o economiche.

Spesso il lavoro di sviluppatore viene associato ad ovvie immagini di routine, grigiume e assenza di creatività. Nonostante questo stereotipo sia ormai largamente superato, sono convinto che sempre troppo pochi conoscano o si rendano conto che come in ogni attività umana anche scrivere codice è un atto di creazione che come tale accende, deve accendere, entrambi gli emisferi del nostro cervello. O almeno è ciò che cerco di ricordarmi, e lezioni come quella di Donald aiutano sempre.

Vi lascio quindi certo che stiate andando a cercare il più vicino negozio di giochi in cerca di una scacchiera infinita, e molto più abili nel piastrellare un pavimento con rettangoli perfetti.

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