UX Writing: un’esperienza di crew

Andrea
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Come un progetto di R&D sullo UX Writing si è trasformato in un metaprogetto per divulgare questa disciplina.

Giulia Logo è una persona esuberante, che una ne fa e cento ne pensa. E probabilmente non l’ho realizzato appieno fino a quando, intorno al lancio del ciclo 2019–2020 delle crew, mi sono fatto coinvolgere da lei insieme ad Alice, Frankie e Serena nell’esplorazione di una disciplina che allora non avevo neanche mai sentito nominare, ma che mi ha incuriosito fin da subito: lo UX Writing.

Che cosa sia lo UX Writing è presto detto: si tratta della scrittura del microcopy nei prodotti digitali, quali applicazioni, web app, sistemi operativi e chi più ne ha più ne metta. Per chi non lo sapesse, i microcopy sono quei testi che si trovano in giro per un’interfaccia e che aiutano l’utente a leggerla e utilizzarla; per esempio è un microcopy il pulsante “Iscriviti alla newsletter”, o “Chiudi e non mostrare più”, oppure la label “Ultima modifica: 9 marzo 2008 da Giuseppe Verdi”. È tuttavia una parte così poco prominente del design del prodotto che è naturale chiedersi se si meriti in effetti un investimento di diverse giornate e cinque persone — tre UX designer e due copywriter, nella fattispecie.

Slack è un prodotto con uno UX Writing di buona qualità. Oltre al messaggio al centro, anche tutte le altre voci sono curate.

Nonostante quindi i dubbi iniziali, eravamo tuttavia incoraggiati da alcuni casi studio eclatanti, in cui pochi aggiustamenti di microcopy avevano portato a roboanti aumenti di conversioni di qua e fatturati di là; e così ci siamo proposti, riuscendo a convincere anche i Tipi che potesse essere il caso di approfondire la questione.

Ricerca: la parte più difficile è iniziare

Come ogni progetto che riguarda una disciplina ancora ignota, lo scoglio più difficile da superare è all’inizio; e noi, nei primi mesi, abbiamo in effetti concluso ben poco.
Quali saranno i canali giusti dove informarsi? Come si riconosce un contenuto di qualità, da un contenuto innovativo, da un contenuto scontato o superato? Quanta letteratura esiste? E seppure la mancanza assoluta di riferimenti possa disorientare, non è stata tuttavia l’unico fattore della nostra falsa partenza. Il ciclo di crew è iniziato in un momento concitato e impegnativo, con molti progetti già in corso: alcuni di noi stavano organizzando eventi, altri stavano lavorando alla ristrutturazione di maize; io stesso sono andato all’estero per due mesi seguendo un progetto in Spagna, dove a un certo punto mi ha raggiunto pure Frankie. Si aggiunga che tre di noi fanno base a Roncade e due a Milano, e diventa facile capire perché ci abbiamo messo un po’ a coordinarci per avviare il progetto in modo organizzato.

Il bello delle crew è poter decidere come investire il tempo in totale autonomia; il limite è solo il budget condiviso in avvio

Se non altro, questo ritardo è servito a farci sentire un po’ di pressione; e così abbiamo iniziato a pianificarci con abbondanza sulla crew, sfruttando dei momenti di tranquillità come l’ultima settimana di agosto, ma anche bloccandoci delle finestre di tempo con grande anticipo. Questa soluzione si è rivelata un autentico toccasana, soprattutto visto il tempo abbondante che avevamo messo a budget per la ricerca, poiché ci siamo concessi la rara occasione di utilizzare intere giornate lavorative per studiare; la letteratura presente non è ancora molta, ma è già possibile trovare libri, conferenze, articoli e professionisti da intervistare. E il bello delle crew è poter decidere come investire il tempo in totale autonomia; il limite è solo il budget condiviso in avvio.

Entrando via via in contatto con nuove fonti abbiamo compreso come lo UX Writing sia una disciplina ricchissima di potenziale inesplorato, e ancora abbondantemente sottovalutata dai designer del prodotto. Aumentare le conversioni attraverso una Call To Action più rassicurante è infatti solo la punta di un iceberg che sotto la superficie nasconde aspetti quali l’identità di un brand, la fiducia degli utenti (mi fido a lasciare qui i miei dati personali? Siamo sicuri che, proseguendo oltre, non verrò bombardato di email? Se salta la connessione ora potrò recuperare il lavoro?), l’ansia di dover imparare a usare uno strumento nuovo, e tanto altro.

Generazione di concept

Dalla ricerca abbiamo imparato come si progetta una brand voice e come si declina, di situazione in situazione, in diversi tone of voice. Abbiamo compreso perché sia importante progettarla e quale impatto abbia nella psicologia dell’utente che usa un prodotto. Ci siamo lasciati ispirare dai principi degli attori più importanti e ne abbiamo rielaborati dei nostri; ed è infine giunto il momento di riordinare questa nuova conoscenza e darle una forma tangibile.

Per farlo abbiamo deciso di vederci e di fare quello che facciamo anche nel lavoro con i clienti: abbiamo organizzato un workshop per noi stessi al fine di condividere internamente la nostra conoscenza, metterla a sistema, esprimerla e trovare il modo di comunicarne il valore. Il primo risultato è stato elaborare le nostre sei regole per un buon UX Writing: sii conciso, funzionale, colloquiale (ma non necessariamente informale), sperimenta, sii coerente, sii te stesso.

I nostri bagagli professionali si sono certamente arricchiti di una competenza nuova, ma c’era bisogno di estendere questi benefici oltre i nostri orizzonti personali.

A valle di questo bellissimo e faticoso lavoro, però, mancava ancora un pezzo. Che cosa avremmo fatto di tutta questa nuova conoscenza? I nostri bagagli professionali si sono certamente arricchiti di una competenza nuova, ma c’era bisogno di estendere questi benefici oltre i nostri orizzonti personali; uno degli obiettivi principali delle crew è infatti studiare qualcosa per poterlo condividere con tutti per trarne beneficio insieme. Inoltre, in SIC crediamo molto nell’apprendimento tramite esperienza pratica, e di esperienza pratica ancora non ne avevamo fatta.

Nella seconda metà del workshop ci siamo dunque interrogati su come mettere a sistema queste due necessità sfruttando le nostre abilità, che, come dicevo più su, sono di design del prodotto e copywriting. Il risultato è stato quello che si dice un metaprogetto: abbiamo deciso di creare un prodotto digitale che sfidasse noi per primi a svolgere un ampio lavoro di UX Writing e il cui contenuto fosse di fatto la nostra interpretazione della disciplina, di modo che potesse essere appresa in modo pratico.

Si tratta di un sito divulgativo suddiviso in tre parti:

  • un gioco introduttivo
  • i nostri principi per un buon UX Writing
  • sperimentare diverse brand voice

Serena, tra le mille cose che sa fare, ha una formazione in ambito educativo molto forte. È lei che ci ha indirizzati su questa suddivisione dei contenuti: ci ha spiegato che tendiamo a essere molto più inclini a studiare e a desiderare di imparare qualcosa dopo che ne abbiamo avuto un’esperienza pratica, piuttosto che iniziando da zero. Per questo motivo questa esperienza di apprendimento si apre con un breve gioco: senza menzionare lo UX Writing, introduciamo all’utente la disciplina della ricerca delle parole adatte per comunicare con una schermata. Dopodiché, lo accompagniamo attraverso i principi menzionati sopra. Infine, gli lasciamo la possibilità di sperimentare in prima persona che cosa significhi modificare il linguaggio dei componenti di un prodotto per migliorarne l’affordance e allo stesso tempo assecondare armoniosamente la personalità del brand.

Io e Frankie, cui spettava la progettazione del sito, abbiamo addirittura deciso di abbracciare completamente la filosofia sperimentale delle crew e di provare a cavarcela da soli anche con lo “sviluppo” del prodotto grazie a quelle piattaforme che permettono di farlo senza scrivere codice, ma utilizzando processi intuitivi, trascinando i componenti qua e là e collegandone i comportamenti. Senza dubbio una pessima pratica, ma, con un budget limitato e il desiderio di iniziare il prima possibile, non abbiamo perso tempo. E siamo anche partiti forte, smarcando subito la funzionalità più complessa di far modificare il testo dei componenti al trascinamento degli slider.

La scritta sul pulsante mantiene la stessa funzionalità, ma cambia al cambiare della personalità, governata dagli slider. Abbiamo realizzato questo prototipo grazie a bubble.io.

Tuttavia le voci sul nostro progetto hanno iniziato a diffondersi per l’ufficio, l’iniziativa accoglieva i primi commenti positivi, e così abbiamo deciso di alzare il livello coinvolgendo Federico, che — evento ultimamente più unico che raro per uno sviluppatore — si è trovato con del tempo a disposizione per aiutarci. Ne è valsa sicuramente la pena, poiché abbiamo sviluppato un vero e proprio prodotto che potete trovare qui:

UX Writing

Ma non ci siamo fermati, poiché l’appetito vien mangiando ed è stato naturale per noi pensare subito a un collegamento con maize.PLUS, la nostra piattaforma di apprendimento. Alice, che spazia con gran disinvoltura lungo l’intero universo maize, ne ha quindi arricchito il portfolio creando anche il corso di UX Writing, che oggi è visibile a tutti i membri della piattaforma ed è tradotto in cinque lingue. Non male, no?

E quindi com’è andata questa crew?

Quest’anno le crew sono andate veramente bene, e la nostra non ha fatto eccezione: i risultati sono stati qualitativamente molto alti, migliori degli anni precedenti, e questo significa che anche il processo ha funzionato bene, compresi i momenti di lancio, l’approvazione dei budget, le revisioni coi Tipi.

Ma, soprattutto, su di noi ho visto un impatto notevole in termini di ricerca. Abbiamo imparato una disciplina nuova con grande profondità investendo relativamente poco tempo (siamo stati ancora lontani dal famigerato “20% del tempo” di Google X) ma, soprattutto, costruendo insieme un prodotto che ci piacesse e che fosse digeribile da tutti i nostri colleghi per diffondere al massimo che cosa significhi, e perché sia importantissimo, fare buon UX Writing.

Andrea

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