Yogurt Organization

Dove è previsto che tutto abbia una scadenza

Tomas Barazza
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10 min readApr 10, 2020

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Coverart by Mirko Maderna, multiple sources

Tutti oggi parlano di organizzazioni agili e molti stanno sperimentando modelli organizzativi che si ispirano a principi “agile”, introducendo team interni strutturati in “tribe” e “squad” e copiando modelli di realtà come Spotify. Il tutto, guidati dall’illusione che basti adottare queste metodologie per diventare veloci e avere successo. Quello su cui spesso non si riflette è che la necessità di essere veloci significa rinunciare ad avere controllo su tutto. Mario Andretti, famoso pilota di F1 degli anni Settanta, ha espresso bene il punto dicendo: “If everything seems under control, you’re not going fast enough”. E quando non abbiamo tutto sotto controllo, fare delle scelte e cambiare fa paura.

Mario Andretti

“If everything seems under control, you’re not going fast enough”

Ma perché abbiamo così paura di affrontare il cambiamento? È una domanda banale, e dentro di noi siamo convinti di sapere cosa ci frena dal prendere decisioni che implicano una trasformazione di qualche tipo. È la paura di sbagliare che ci rende timorosi e ci fa dubitare quando dobbiamo fare una scelta. È il timore del giudizio che ci frena. Ma è tutto qui? Semplice paura di perdere la faccia? E il motivo?

Un tempo, quando si scriveva a macchina, sbagliare era una gran seccatura perché bisognava correggere a mano o addirittura ribattere l’intera pagina. Oggi, grazie alla funzione undo, possiamo scrivere senza troppi pensieri e ritornare sui nostri passi con una semplice combinazione di tasti (command+Z), cancellare l’errore e riscrivere correttamente la frase. Ma la maggior parte delle scelte a cui siamo chiamati non ha una funzione undo, e questo rende tutto più complicato. Le scelte parzialmente o completamente irreversibili sono quelle più spinose, perché ci pongono infiniti dubbi, ci costringono a interminabili analisi e a lunghissimi processi decisionali.

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Vale per le persone e vale, a maggior ragione, per le organizzazioni dove persone prendono decisioni sulla forma e la struttura dell’organizzazione stessa. La difficoltà spesso dipende proprio da quanto una certa decisione è percepita come irreversibile.

Assegnare una nuova responsabilità, ridisegnare un processo, spostare risorse e centri di potere, sono tutte decisioni che creano o modificano una struttura organizzativa in profondità, al punto che poi non è più né semplice né indolore fare marcia indietro se la scelta non funziona come dovrebbe. E il fatto che la scelta possa in qualche modo essere sbagliata è molto più probabile di quanto pensiamo. Non si tratta solo dell’eventualità di commettere un errore di giudizio, ma anche di non poter ragionevolmente prevedere tutte le evoluzioni di una situazione, di pretendere che una soluzione funzioni per sempre. Ma in un’organizzazione non esistono processi eternamente adatti al contesto, né è realistico pensare che ad interpretare e affrontare nuove sfide debba essere sempre la stessa persona. Il contesto, le motivazioni e la complessità cambiano col tempo, e anche le persone giuste per una certa fase possono non essere le migliori per gestire la fase successiva.

Non sarebbe allora tutto più semplice se le decisioni avessero un effetto limitato nel tempo? Se avessero una scadenza, come lo Yogurt?

Il risultato sarebbe un’organizzazione dove le scelte, le responsabilità, gli incarichi e i processi nascerebbero per risolvere problemi o cogliere opportunità che esistono nel momento in cui vengono prese le decisioni e che sappiamo potranno evolvere e richiedere revisioni anche molto radicali. Per questo tutto avrebbe una data di scadenza, alla quale potremmo azzerare le decisioni, beneficiando della possibilità di valutare nuovamente l’adeguatezza delle scelte fatte, nell’ottica di proporle nuovamente, calibrarle o cambiarle radicalmente. La scadenza agisce in questo caso come abilitatore di un mindset prototipale e iterativo.

Ma programmare dei momenti in cui valutare con senso critico le scelte fatte e decidere se continuare o cambiare non significa che tutto debba terminare alla scadenza. Come lo Yogurt che, se ci piace, può essere nuovamente acquistato e consumato prima della data di scadenza, così noi possiamo confermare ciò che ci convince e continuiamo a trovare sensato. Ma, di nuovo, questa è una scelta consapevole e non inerziale. Il principio generale è che tutto abbia una fine.

Ma che forma può prendere un’organizzazione con una data di scadenza su tutto? Che caratteristiche ha la Yogurt Organization?

Anzitutto, la scadenza può essere definita su due livelli: il primo riguarda le responsabilità, il secondo la struttura. Imporre una scadenza alle responsabilità significa assegnare incarichi con una data di inizio, obiettivi, risorse e una data di fine mandato. Definire una scadenza per la struttura ha invece a che fare con la consapevolezza che un’organizzazione ha senso in relazione a un dato contesto e che quest’ultimo è in continua evoluzione. In altre parole, significa comprendere che i processi e la suddivisione delle responsabilità possono variare nel tempo e pertanto meritano di essere messi in discussione con una certa frequenza. È evidente che la scadenza delle responsabilità rende più semplice e leggera la revisione della struttura dell’organizzazione, che può essere riconsiderata a ogni cambio di responsabilità, confermata o modificata senza traumi particolari.

A prima vista, trovare un modello universale per il sistema operativo di un’organizzazione che funziona sulla base di questi principi è un controsenso, considerato che contesto e forma continuano a cambiare. Però è utile ipotizzare quale potrebbe essere una declinazione concreta e operativa della Yogurt Organization. Nella pratica, che forma assumono i processi e come vengono prese le decisioni in un’organizzazione così fluida?

Proviamo a immaginare una situazione oggi comune a molte aziende: da un lato la necessità di esplorare saperi e tecnologie sempre nuovi per essere pronti a cogliere opportunità prima e meglio di altri; dall’altro l’esigenza di creare un ambiente di lavoro fortemente attrattivo per le persone migliori e in grado di integrare esperienze diverse, competenze diverse, interessi diversi e progetti di vita diversi.

Come risponde una Yogurt Organization a queste sfide? Con che processi e con quali logiche?

Organizzazione per progetti e senza organigramma

All’interno di una Yogurt Organization, ogni cosa, ogni singola attività, dalla più minuta alla più grande, viene trattata come un progetto. Possono naturalmente esistere diversi tipi di progetti — interni, esterni, di ricerca e sviluppo -, ma la logica che viene applicata è sempre la stessa: massima autonomia al project manager che definisce il budget delle risorse, sceglie liberamente il team, valuta cosa fare dentro e fuori, negozia autonomamente con i fornitori.

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Il bello di questa organizzazione per progetti è che ha specifici obiettivi e risorse per raggiungerli, ma soprattutto ha un inizio e una fine. Una chiara data di scadenza, al raggiungimento della quale il team e le responsabilità si sciolgono senza residui.

Equipaggi in continua esplorazione dei confini con missioni a tempo

Nelle Yogurt Organization, ricerca e sviluppo sono la chiave per essere costantemente aggiornati sugli ambiti e le modalità più nuove ed efficaci. Per gestirle, ogni anno viene eletto un team, al quale è assegnata la responsabilità di scegliere quali proposte — tra quelle che chiunque può fare — meriti di essere perseguita con tempo e risorse adeguate.

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Governance distribuita e a tempo

Grazie alla sua struttura non tradizionale, la Yogurt Organization consente di attrarre talenti e scegliere le persone giuste senza doversi inventare una nuova casella per inserirle o liberarne una per far posto alla nuova entrata.

Questo non significa che non esista la necessità di governare alcuni ambiti. Business Development, Offering, Controlling, Sviluppo Competenze, Comunicazione interna ed esterna, Knowledge Management, Hiring sono aree gestionali assegnate con il mandato di un anno a chi si propone con un progetto e ha sviluppato un piano di investimenti e gestione risorse. Alla scadenza, chi è in carica potrà proporsi nuovamente o cambiare ambito, essere confermato o passare il testimone ad altri colleghi che hanno presentato un progetto più convincente. A ogni ciclo, potrà essere rivista non solo la responsabilità, ma anche il formato: un singolo responsabile o un piccolo team, ma anche in quali ambiti suddividere la governance in modo da definire i perimetri di responsabilità.

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Sviluppo personale lasciato all’iniziativa del singolo

Un’organizzazione che opera con queste logiche non è semplice e decisamente non è per tutti. In particolare, due aspetti risultano imprescindibili nelle Yogurt Organization: l’automotivazione e la capacità di essere appieno parte di un team che condivide un patto di fiducia. Non solo occorre apprezzarne lo scopo, ma anche desiderare fortemente di farne parte.

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Questa impostazione richiede un grosso sforzo di autodeterminazione: saper immaginare un progetto personale di crescita e provare a realizzarlo. Non avendo persone che gestiscono persone, viene meno anche la possibilità di un confronto diretto su questi temi con il proprio capo, ed è quindi necessario introdurre una figura alternativa che svolga questa funzione: lo sponsor. Nelle Yogurt Organization, ciascuno può scegliere uno sponsor personale con cui affrontare la messa a fuoco del proprio percorso di crescita e la definizione degli obiettivi che si intendono realizzare nel corso dell’anno, stabilendo metriche e target opportuni (OKR, Objectives and Key Results) su base trimestrale. Qui il tempo gioca addirittura su due livelli: lo sponsor, scelto perché riconosciuto come figura capace di trasferire ispirazione e sfide, può essere cambiato in ogni momento, mentre gli obiettivi a scadenza trimestrale offrono la possibilità di correggere in tempi rapidi l’azione. Target e metriche non seguono il classico sistema di MBO (Management by Objectives): non ci sono premi associati al raggiungimento o al superamento degli obiettivi individuali, dal momento che le Yogurt Organization preferiscono team-player a solisti in competizione tra loro in un gioco a somma zero. Gli obiettivi indicano invece la direzione verso cui procedere e servono a dare concretezza e tracciabilità al percorso desiderato in modo da poter riflettere sui progressi.

Legittimazione del processo di valutazione

Rinunciare agli MBO non significa che non ci siano riconoscimenti del lavoro fatto: crescita della retribuzione, bonus e promozioni sono elementi chiave per valorizzare l’impegno e le qualità. Però il processo utilizzato per definirli è diverso da quello tradizionalmente utilizzato. Nelle Yogurt Organization la performance viene letta e premiata alla luce del contributo che il lavoro individuale ha dato all’intero team, e il processo di compensation è disegnato di conseguenza per tenerne conto. Tutto parte dallo sponsor, che a fine anno raccoglie feedback su come la persona ha lavorato nei vari progetti in cui è stato inserito. In seguito, lo sponsor integra il giudizio dei colleghi con una serie di considerazioni personali che tengono conto del lavoro svolto insieme nel corso dell’anno ed elabora una proposta di retribuzione e bonus, proponendo eventualmente anche passaggi di livello.

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A questo punto, le proposte finali degli sponsor vengono inviate a un piccolo board con il compito di valutare e validare le proposte ricevute. Questo board viene eletto una volta all’anno e rimane in carica per un mese, giusto il tempo di chiudere il ciclo di valutazione. Entro la fine dell’anno, lo sponsor completa il processo comunicando agli sponsoree eventuali aumenti e bonus.

Informazioni real-time e trasparenti

In un’organizzazione agile non scadono solo le responsabilità. Anche i problemi e le situazioni richiedono decisioni distribuite, coordinate e tempestive. Tutto questo non è compatibile con i tradizionali sistemi gestionali, che necessitano di lunghe analisi per avere un quadro su cui basare le decisioni. In una Yogurt Organization le informazioni devono essere real-time, sempre accessibili, trasparenti e visibili a tutti. I membri di un team che condividono una visione, che si fidano l’uno dell’altro e hanno accesso alle stesse informazioni finiranno col prendere decisioni giuste e allineate il più delle volte. In questo caso, trasparenza e accessibilità diventano un meccanismo di coordinamento fondamentale.

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Ma è tutto così semplice e basta far scadere e ridefinire le responsabilità periodicamente per diventare un’organizzazione agile? Ovviamente no, il punto non è solo legato a chi fa le cose ma anche a come vengono fatte e al perché un’organizzazione esiste.

Ripensare con una certa frequenza al “chi” aiuta a rendere meno rigido anche il “come”.

E per quanto attiene al “perché”? Perché un’organizzazione esiste? Qual è il suo scopo? Deve scadere di continuo anche quello?

Io credo di no. Il “perché”, lo scopo, con la fiducia sono alla base di tutto e devono dare la direzione. Sono gli elementi di base che consentono di agire anche senza una pianificazione di dettaglio.

La scopo da un senso a chi siamo e perché esistiamo come organizzazione.

La fiducia definisce la base del funzionamento di un team che opera con queste logiche: e cioè che ti fidi dell’operato dei tuoi colleghi; che ti fidi dell’etica dell’azienda di cui fai parte; che ti fidi che gli altri ti considerino parte fondamentale del progetto a prescindere da titoli altisonanti e responsabilità roboanti.

Quelle possono non esistere, o scadere. Scopo e fiducia no.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Maize con il titolo: “Expiring Decisions”

https://www.maize.io/en/content/expiring-decision-project-based-organization

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Tomas Barazza
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Founder and Managing Partner at H-Farm Innovation / Maize, Founder at WETHOD