Alcune note sul rebranding Juve

La Vecchia Signora + Botox

Uno-Due
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7 min readJan 31, 2017

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di Diego Guevara & Mattia Kessli

Il rebranding della Juve è stato accolto da reazioni molto contrastanti. Analizziamo l’operazione dal punto di vista del design, guardando scoprendo quello che dice delle aspirazioni del club Juventus, non solo come squadra.

La scorsa settimana, con un evento degno del gala degli Oscar, la Juventus Football Club ha svelato loro nuova identità di brand, di Interbrand. Le reazioni sono variate, dall’odio alla derisione alla delusione, ma è una cosa normale nella maggior parte di questi casi. Alcuni hanno visto questa mossa come una ventata d’aria fresca in casa Juve, ma le implicazioni sono molto più profonde della sola immagine. Sia in termini di design che per la sua mancanza di rispetto per la tradizione, questo rebranding non è, a nostro avviso, uno dei migliori, ma in compenso ci dice molto sulla direzione che vuole intraprendere il “brand” Juventus.

I rebranding marcano di solito un segno di cambiamento di direzione — o di gestione in una società. Le grandi squadre si sono da tempo trasformate in imprese con fatturati multi-milionari, e non sono estranee a rebranding o aggiornamenti delle loro identità e scudetti.

Ma queste operazioni sono intrinsecamente rischiose. Ogni piccolo cambio d’immagine cambia la percezione della squadra, e detta dove il brand voglia andare in termini di linea d’affari. Molti non addetti ai lavori sono spesso scandalizzati da quanto denaro viene investito nel semplice “disegno del logo”, ma la realtà è che ogni piccolo cambio deve essere considerato molto in dettaglio, in quanto nasconde potenziali enormi, sia in positivo, che (forse come in questo caso) in negativo.

Eredità
Per cominciare, è bene dire che le squadre di calcio sono diventate dei brand a tutti gli effetti, ma non è così che hanno iniziato. I tifosi di tutto il mondo hanno un particolare attaccamento alle radici, alle tradizioni e agli scudetti delle loro squadre, specialmente se si considera che squadre come la Juve, il Real o il Bayern sono nate quasi due secoli fa. La fedeltà dei supporter è ciò che separa le squadre dalle marche. Ogni tifoso è tale per discendenza familiare, oppure s’innamora della storia, dei trofei vinti, dello stile e del tifo della propria squadra. È molto difficile trovare tifosi ‘tradizionali’ innamorati dell’immagine coordinata della propria squadra.

Ma le cose stanno cambiando. Con la globalizzazione dello sport, milioni di nuovi appassionati si avvicinano alle squadre, magari in posti lontanissimi dall’Europa, e che non hanno alcuna tradizione calcistica. Questi devono affrontare la sfida di ‘scegliere’ una squadra. La dinamica è assolutamente la stessa di quando si sceglie un prodotto. Comportamenti di consumo simili richiedono tecniche di marketing standard, che si applicano anche ad altri prodotti.

Identità
Pensiamo in primo luogo a quello che potrebbe essere stato il motivo per cui la Juventus ha pensato che aveva bisogno di un rebrand. Perché, aggiornando la sua immagine, la Juve ha preso un rischio (ponderato). Come per ogni nuova immagine coordinata, ci sono stati notevoli proteste dei fan. Nonostante quello che sostenga Interbrand, il nuovo logo, perde una parte considerevole di identità e personalità, e ancora più importantemente, la tradizione.

Certo è vero che la Vecchia Signora è la squadra più tifata d’Italia (alcuni dati suggeriscono che quasi il 30% degli appassionati Italiani sono bianconeri), ma fare arrabbiare la propria base non è mai una conseguenza voluta di qualsiasi operazione di rebranding. Solo pochi giorni prima del lancio della nuova identità sul Fatto Quotidiano, Carlo Tecce pubblicava un articolo sulla corposa inchiesta della Procura di Torino sul rapporto fra la società della famiglia Agnelli/Elkann e i gruppi dei tifosi per il bagarinaggio. Vista la lista già lunghissima di scandali, e la delicata situazione con i tifosi perché rischiare ancora?

Ma la Juventus non si è limitata a dare un taglio netto alla sua tradizione visiva, la nuova identità si lascia significativamente alle spalle il resto della Serie A.

Questa strategia può a volte essere vincente in tema di design, ed è chiaro che tutto il campionato ha un disperato bisogno di un intervento di progettazione grafica, se non addirittura di un ripensamento totale dell’immagine e funzionamento della lega. La dirigenza bianconera e Manfredi Ricca di Interbrand ha descritto il rebranding come ‘il più coraggioso di sempre’, mostrando quanto pensiero è andato nel prendere una decisione simile.

I tifosi parlano di “storia svilita”? Era in conto: un brand rappresenta la passione oltre all’ossatura commerciale di un club, per questo la diffidenza è comprensibile. Nel lungo periodo cambieranno idea.

Sicuramente, distaccarsi dal resto è stata una delle motivazioni principali. Ma lo stesso risultato poteva essere ottenuto senza stravolgimenti…ci devono essere ulteriori motivi. Come si può chiamare una squadra con questo logo “Vecchia Signora”? Sembra qualcosa uscita da un libro di testo di un master alla Bocconi.

Tradotto liberamente: “Quando i Bocconiani si prendono l’azienda di famiglia”

Alienazione
Una delle caratteristiche peggiori (e rischiose) del rebranding è la completa alienazione dalla tradizione non solo della squadra, ma dell’ calcio stesso. Naturalmente, questo non significa che ci dovrebbe essere un pallone sul logo di ogni squadra, ma il nuovo semi-scudo “JJ” appare generico e sembra un tentativo zoppo di coinvolgere i tifosi millenials (solo questa frase mi fa venire voglia di darmi un pugno in faccia) attraverso ‘lifestyle rebranding’ e il marketing per i cosiddetti ‘hispter’.

Il comunicato stampa di Interbrand recita:

La Juventus ha realizzato un piano di crescita rivoluzionaria — lanciato durante l’evento lancio “Black and White and More” e sostenuto da una nuova strategia e identità di brand. La Juventus ha lo scopo di distillare l’essenza in esperienze di vasta portata, che possono ricorrere alla tifoso pur essendo molto importanti per gli appassionati di intrattenimento che sono più lontani dal calcio come uno sport. Il nuovo logo è iconico e universale. È coraggioso, ma flessibile per apparire accanto ad una vasta gamma di nuove esperienze — allo stadio e oltre.

More” e “Flessibile” sono le parole chiave e “vasta gamma di nuove esperienze — nello stadio e oltre” sono comune gergo marketing per marchi lifestyle a grande raggio.

Tutte le prove puntano al fatto che il brief ricevuto da Interbrand per il rebranding era concentrato sul trasformare la squadra non in un marchio, di calcio, ma in un marchio lifestyle. E se questa è l’intenzione, la dice lunga sulla strategia della Juventus per entrare in nuovi mercati e soprattutto su ciò che pensa di essere.

Una delle caratteristiche peggiori (e rischiose) del rebranding è la completa alienazione dalla tradizione non solo della squadra, ma del calcio stesso.

Analizziamo gli asset (per lo più rendering) che sono stati presentati al pomposo evento di lancio. Il nuovo logo è visualizzato e/o utilizzato su tutto, eccetto il calcio o qualsiasi altra cosa associata con la storia del club. Ci sono occhiali da sole, gioielli, dischi, sci, caffè … e anche un canale Spotify.

Gli sci Juve. Come quando fuori nevica.
IKEA + JUVE cafe
Packaging Behance per tifosi innamorati
JUVE shades
Perché non avevano fatto abbastanza render
Chissà cosa hanno pensato i millenial di un DJ quarant’enne.

E se volete rivolgervi così tanto ai più giovani..perché non copiare un video della Ducati?

Foto © Interbrand and UnderConsideration

Designwise
La logica alla base del progetto è chiara. Si punta a linee pulite, semplici e iconiche, pur mantenendo lo scudo e alcuni punti salienti del look mantenendo le strisce bianche e nere. Tuttavia, teoricamente, anche se il “JJ” potrebbe funzionare, è banale e molto generico. Ricorda qualsiasi logo pre-fabbricato e icona gratis che si trova su internet.
Il concetto di una identità ‘aperta’ è un’arma a doppio taglio. Il nuovo scudetto “JJ” è così non-descrittivo da essere facilmente adattato ad una grande varietà di prodotti di merchandising. Sfortunatamente però, questo significa che può anche essere confuso con qualsiasi altra marca.
A titolo di esempio, (e non ce ne voglia Interbrand) l’abbiamo provato come logo di una marca di caffè, di una società informatica, un produttore di pneumatici, e … il nuovo Jumanji!

In conclusione, il mercato è in forte espansione e la Juventus si prepara ad affrontare nuove sfide. C’è sempre una logica necessaria dietro ogni (buon) lavoro di progettazione, e questo non è stato da meno. Ma è evidente che la nuova gestione vede la Juve come un marchio non si limita al calcio. La speranza è che almeno potrà rimanerne radicato.

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