Cattedrali nella Giungla
Qual è il ruolo del lascito architettonico degli stadi dopo gli eventi sportivi per i quali sono stati concepiti? E quali lezioni si possono imparare dal Brasile in vista del contestatissimo mondiale in Qatar?
Di Tim Abrahams
Sembra ci sia veramente poco da fare per ripristinare il lascito culturale di un evento sportivo come la Coppa del Mondo. Russia, Qatar, corruzione e morti bianche. Dal punto di vista architettonico, che testamento futuro possono lasciare questi edifici privi di moralità? Per capirlo, dobbiamo fare un passo indietro e guardare agli stadi Brasiliani.
Al momento della scrittura dell’articolo Sepp Blatter ha appena rassegnato le dimissioni e il mondo del calcio è in attesa di vedere se le richieste del Federal Bureau of Investigations degli Stati Uniti porteranno la FIFA a dover riconsiderare l’assegnazione della Coppa del Mondo in Russia nel 2018 e Qatar nel 2022. Il problema è che le modalità con cui la FIFA ha assegnato questi due eventi sono state a dir poco dubbie e per nulla trasparenti. C’è persino stata un’investigazione interna che ha evidenziato questi problemi.
In particolar modo, l’edizione del 2022, che ancora non si capisce come si farà a giocare in un paese dalle temperature superiori ai 45 gradi centigradi, desta grandi sospetti. Ma ci sono problemi più gravi. Secondo un reportage della BBC, e altre fonti autorevoli, l’emirato è un paese che praticamente non ha leggi sui diritti dei lavoratori, e secondo alcuni i lavoratori dei cantieri per gli stadi sono tenuti lì in uno stato di semi-schiavitù. Per non parlare dei decessi sul lavoro, che sembrano aver oltrepassato le 1300 unità secondo uno studio della International Trades Union Confederation che risale al 2013.
La situazione è così compromessa, che oramai è un fatto accertato di come — a certi livelli — il calcio sia uno sport completamente corrotto. E forse la cosa peggiore è che sembra ci sia veramente poco da fare per ripristinare il lascito culturale di un evento sportivo come la Coppa del Mondo. La logica morale ed emotiva di Qatar 2022 è indifendibile: un evento assegnato a un candidato immeritevole, che vince il diritto a ospitare attraverso mezzi disonesti, incapace di costruire le strutture necessarie senza la morte dei lavoratori edili. Dal punto di vista architettonico, che testamento futuro possono lasciare questi edifici privi di moralità?
Il Brasile tra Coppe del Mondo
Per capirlo, dobbiamo fare un passo indietro. È necessario abbandonare le preoccupazioni del momento e allontanarsi da Qatar e Russia per andare in Brasile. Analizziamo uno stadio specifico. Uno stadio criticato sin dall’inizio per l’enorme dispendio di risorse, dimensione e posizione da un importante membro del congresso brasiliano. Scopriremo che quando la costruzione procedeva in ritardo, la FIFA fu costretta ad inviare un esperto europeo ad aiutare le autorità di Rio. Questo stadio non fu neanche completato in tempo per la finale. Vi ricorda qualcosa? Non mi riferisco a uno degli stadi nuovi costruiti nel 2014, ma del Maracanã, costruito per il torneo del 1950. Il Maracanã sarebbe diventato il simbolo architettonico dell’abilità calcistica del Brasile e considerato uno dei più grandiosi stadi al mondo. Sarebbe divenuto la casa delle 4 squadre di Rio e un’autentica mecca per gli amanti del calcio. Tuttavia all’epoca, era generalmente considerato un disastro. Completato solamente 14 anni dopo, con grandi sprechi e senza parlare della maledizione che si tirò dietro.
Il Brasile rappresenta un ottimo terreno di studio per analizzare l’eredità del patrimonio architettonico costruito per grandi eventi sportivi, in quanto, considerando le due edizioni (1950, 2014) abbiamo un lasso di tempo storico in cui gli edifici sono stati utilizzati e giudicati. E questi anni sono utili soprattutto a contestualizzare e comprovare se le violente critiche fossero giustificate o meno, e osservare lo sviluppo sul lungo termine dell’eredità architettonica degli stadi e degli usi e abusi degli eventi sportivi nel contesto architettonico e sociale.
Nel 1942, il famoso scrittore Stefan Zweig scrisse il libro Brasile. Terra del futuro. Al tempo della pubblicazione, il libro aveva una prospettiva ottimista e descriveva la costituzione speranzosa dello stato carioca. Purtroppo, il Brasile non confermò le speranze dello scrittore austriaco, alla luce della sua dittatura militare e del costante stato di immobilità economica. Forse, amaramente in questo senso restò la terra del futuro.
L’ottimismo di Zweig (emigrato in Brasile per sfuggire alle persecuzioni naziste) era fondato principalmente su una lettura positiva della politica integrazionista brasiliana rispetto ad un vecchio continente distrutto dalla guerra e dal terrore dell’Olocausto. «Il Brasile ha dimostrato nel modo più semplice l’assurdità del problema razziale che sta distruggendo il nostro continente europeo ignorando la sua presunta validità». Ma in realtà fu un processo per niente semplice. Negli anni antecedenti al 1950, il Governo Brasiliano promosse il calcio — come la samba e il carnevale — come ancore dell’identità brasiliana. In questo si fondava il concetto di ‘ignoranza’ del problema razziale.
il calcio come vettore di sviluppo
Per capire cosa possano simboleggiare gli stadi in costruzione in Qatar, dobbiamo prendere in considerazione il processo di sviluppo del quale sono parte. In Brasile, durante il lasso di tempo tra le due edizioni della Coppa, la lentezza della crescita dell’intero paese ha fatto sì che il calcio fosse visto come mera distrazione piuttosto che parte integrante dello sviluppo della nazione. In Qatar, il calcio è moralmente implicato negli aspetti brutali della crescita di un paese che si sviluppa con mezzi economici senza precedenti. L’uso strumentale del calcio da parte dei politici brasiliani per inculcare un senso di identità nazionale e guidare verso uno sviluppo delle infrastrutture, sembra, dalla nostra confortevole prospettiva storica, un successo a tutto tondo. È bene notare che la storia del Brasile dalla Coppa del Mondo del 1950 ad oggi è stata effettivamente prima una battaglia per rovesciare il regime dittatoriale e per consolidare la democrazia poi. L’identità di una nazione non può essere forgiata solamente dallo sport: un cultura politica, la giustizia e la pace sono molto più importanti. Sotto questo prospettiva, Brasil 2014 può essere vista come una rivisitazione e ripensamento di Brasil 1950.
È questo rivalutazione del passato che ha animato lo spirito della ristrutturazione di molti stadi. Il Maracanã ne è l’esempio modello. Comunemente considerato come uno dei migliori stadi al mondo. È definito ‘o templo sagrado no país do futebol’, il tempio sacro nella terra del calcio. Negli anni tra la sua protratta costruzione e il suo completamento è stato utilizzato più e più volte. Prima della coppa del mondo del 2014 le centine in cemento e le fasce sulla facciata sono state restaurate e, cosa più importante, le rampe e le aree sportive del parco in cui si trova hanno subito un rimodernamento visto che sarà il cuore dei giochi Olimpici di Rio 2016. Jörg Schlaich, già ingegnere del Olympic Stadium delle olimpiadi di Monaco, ha creato un innovativo schema dove le esistenti colonne di cemento sono state rinforzate in modo da supportare una nuova copertura orizzontale a raggio, rivestita da una membrana in fibra di vetro coperta in PTFE. O templo è ora uno splendido edificio, che unisce degli abbellimenti hi-tech all’estetica modernista di metà secolo, cosa che, concettualmente può appunto dirsi di tutto l’evento del 2014.
Questo rinnovamento di quello che effettivamente rappresenta un grosso patrimonio culturale brasiliano potrebbe essere considerato in contrapposizione alle grandi proteste che hanno preso piede prima della coppa del mondo e dirette principalmente alla FIFA e al governo Brasiliano. Bisognerebbe ricordare che il grido comune non era diretto a degradare la costruzione e la ristrutturazione degli stadi ma richiedeva che anche le scuole e gli ospedali fossero a ‘standard FIFA’. Citando Romario, ex-capitano della nazionale brasiliana divenuto senatore, il paese si chiedeva come il Brasile potesse permettersi «stadi da primo mondo senza avere né scuole né ospedali da primo mondo».
La relazione tra sport e sviluppo è stretta ed è sempre il prodotto di decisioni governative. L’investimento pubblico del Brasile nell’educazione è cresciuto tra il 2000 e il 2010 dal 3.5 % al 5.6 %, e la spesa sanitaria pro-capite è raddoppiata tra il 2002 e il 2011 mettendosi al pari con quella del Cile. L’impatto del programma di costruzione degli stadi è stato quello di accrescere sia gli standard che le aspettative della nazione. Senza difendere un’organizzazione palesemente corrotta, bisogna però oggettivamente notare che non ha certamente forzato il Brasile ad ospitare l’evento come hanno fatto alcuni critici di grandi eventi sportivi. Il governo nazionale, eletto democraticamente ha partecipato e vinto il diritto ad organizzare l’evento. La FIFA è stata considerata come la maggiore responsabile dei problemi in Brasile, nonostante questo non sia sempre vero. Viene spontaneo chiedersi: chi è veramente responsabile del destino dei cittadini del Qatar, il suo governo o un’organizzazione che garantisce il diritto ad ospitare un evento sportivo tra più di 10 anni?
FIFA In Fabula
La concorrenza fra le nazioni candidate per l’evento è il motore che mantiene la FIFA in vita, ed è difficile immaginare cambiamenti a questo sistema. È ingiusto anche che la FIFA incassi tutti i profitti dai diritti multimediali e di trasmissione dell’evento. Sotto la (lunghissima) guida di Sepp Blatter, l’organizzazione è sicuramente diventata corrotta e disonesta, ma anche così è stata di uso sufficiente ai governi di tutto il mondo. È vero che il longevo svizzero ha ridistribuito la ricchezza globale della coppa del mondo con una notevole mancanza di trasparenza, ma bisogna dargli il merito di aver aperto il monopolio sulle competizioni internazionali tenuto dalle nazioni europee e sudamericane. Se guardiamo al ventesimo secolo, la coppa del mondo è rimbalzata esclusivamente tra Europa e Sud America. Uno dei meriti più grandi del Brasile nell’ospitare la coppa del mondo è stata la capacità di vedere con occhi nuovi e visione moderna la loro storia nazionale, e il ruolo dello sport in essa, dandoci la possibilità di fare lo stesso in altri contesti.
È sempre più evidente come le nazioni sudamericane utilizzano lo sport, e in particolare il calcio come mezzi per costruire una solidità nazionale; possiamo vedere gli stadi come dei monumenti a questo processo. Uno degli aspetti più felici dell’eredità architettonica di Brasile 2014 è stato vedere la maniera in cui la nazione ha rivisitato gli aspetti più importanti della grandi infrastrutture sportive che furono costruite nel 1950 in un nuovo contesto democratico. Parte del programma del 2014 è stato il tentativo di riscoprire e rinnovare alcuni dei momenti chiave della storia dell’architettura brasiliana.
estetica, funzione, eredità e moralità
Un perfetto esempio è lo stadio Mineirão, a Belo Horizonte, sulle rive del Lagoa da Pampulha, un lago artificiale creato da Juscelino Kubitschek nel 1940. Le costruzioni commissionate nell’area, già culla del modernismo brasiliano, consolidò l’ottimo rapporto tra l’architetto Oscar Niemeyer e Kubitschek. Nonostante sia effettivamente uno dei più grandi esempi di questo stile architettonico a livello mondiale, il Mineirão è spesso omesso nei libri di storia dell’architettura proprio perché si tratta di uno stadio. Costruito nei primi anni ’60 da un progetto di Eduardo Mendes Guimares Jr. e Caspar Garetto e ristrutturato nel 2014, la struttura di paratie di cemento che si innalza sopra le rive coperte di boschi del lago è uno dei punti più alti dell’architettura della città. Ironicamente, lo schema per la modernizzazione dello stadio fu appaltato a un team tedesco: Gerkan, Mark and Partners (GMP) affiancati (ancora una volta) dal veterano Schlaich. GMP erano gli stessi architetti della copertura dell’Olympiastadion di Berlino in occasione di Germania 2006. Il lavoro sul Mineirão è stato sotto molti aspetti una ripresa del progetto nella capitale tedesca: il fine era l’adattamento di un edificio storico ai requisiti necessari di uno stadio da calcio. Il lavoro è stato eseguito con autentica verve architettonica, un perfetto esempio di come il lavoro architettonico ha il potere di contrastare, reinterpretare e sottolineare il carattere di strutture anche già esistenti. In parte per la maggiore bellezza del progetto originario, il lavoro di GMP sul Mineirão supera di molto il lavoro sullo stadio in Berlino.
Il nuovo tetto innalzato inizia come una ultra leggera struttura di cavi ad anello al di sotto della copertura esistente. Nonostante il nuovo anello di compressione e relativi formino un sistema separato, essi seguono da vicino la struttura portante originale. Gli architetti non dovrebbero aver paura di assicurare che l’eredità — anche non solo sportiva — di un coppa del mondo sia qualcosa di semplicemente bello.
L’eredità estetica di uno stadio ha poco valore morale di fronte alle morti dei lavoratori. Esso è sintomatico delle condizioni in Qatar in questo momento che è difficile dire quanti siano morti. Secondo il quotidiano The Guardian di Londra, lo studio legale globale DLA Piper ha calcolato che 964 lavoratori provenienti da Nepal, India e Bangladesh sono morti mentre vivevano e lavoravano nello stato del Golfo solo nel 2012 e 2013 . Nessun lavoratore dovrebbe morire. Tuttavia, secondo la BBC, il governo indiano avrebbe confrontato queste cifre con le statistiche riguardanti le morti dei lavoratori nel loro paese: «Considerando le grandi dimensioni della nostra comunità, il numero di morti è del tutto normale». Secondo i funzionari indiani ci sono circa 500.000 cittadini indiani che lavorano in Qatar. Su questa cifra, hanno registrato circa 250 decessi ogni anno. La maggior parte di questi lavoratori non stanno lavorando sugli stadi ma sulle infrastrutture che si stanno costruendo per l’uso continuativo della popolazione del Qatar dopo che la Coppa del Mondo sarà finita. Infatti i dati del governo indiano dati suggeriscono che in India ci si aspetta una percentuale di mortalità di gran lunga superiore ogni anno — e in realtà volte superiore. Nessun lavoratore dovrebbe morire. Ma l’amara verità è che morirono centinaia di migliaia di lavoratori durante lo sviluppo e industrializzazione dell’Europa e delle Americhe: dai grattacieli di New York alla costruzione delle infrastrutture civice e di trasporto e in tutto il Sud America negli anni 1950 e 1960. La cosa più difficile da considerare è che nel 2015 ancora si muore lavorando. Lo sport in Qatar è utilizzato per accelerare lo sviluppo di una nazione ad un ritmo impressionante. È inaccettabile inoltre che le dinamiche per le quali questo sviluppo è stato finanziato (l’assegnazione della Coppa del Mondo) siano torbide e non possano essere messe in discussione davanti a dati così sconcertanti.
La FIFA ha assegnato la Coppa del Mondo 2022 al Qatar, nonostante componenti chiave sia di diritti umani, che di sicurezza sul lavoro, sia di effettiva praticabilità dello sport siano completamente assenti in quel paese. È facile pensare che questo sia il risultato di tangenti a funzionari FIFA se non a Blatter stesso. Tuttavia, questo non deve sminuire le responsabilità del governo del Qatar sull’attuale situazione. Il calcio, come si è visto in Brasile, può concedere a una nazione la possibilità di crescere in una certa maniera e di scegliere un certo percorso di modernizzazione. La FIFA può essere stata carente nel suo dovere di diligenza per assicurare che il Qatar sia in grado di fornire gli aeroporti, le strade, i palazzi e gli stadi per la Coppa del Mondo in maniera etica. Ma in ultima analisi sono gli abitanti del Qatar che devono responsabilizzarsi nei confronti dei diritti umani nel loro paese. Dovrebbero essere loro, aiutati dalla comunita internazionale a muoversi ora affinché un giorno questi stadi in costruzione possano rappresentare qualcosa in più di un macabro dibattito su quante persone sono morte per costruirli.