Chilografia — una playlist vorace per Palla

il romanzo d’esordio di Domitilla Pirro tra Cyndi Lauper e Quentin Tarantino.

flora ciccarelli
uonnabi
8 min readDec 3, 2018

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1 — Sono una mina vagante, cosa mi aspetto dal niente?

Avete presente quella sensazione comune un po’ a tutti, specialmente davanti alle opere di arte contemporanea? Quel misto tra ammirazione e frustrazione, quella voglia di sbottare Ma-Questo-Potevo-Farlo-Anch’io!, insomma. Per le storie che racconta e per lo stile in cui è scritto, Chilografia potrebbe farvi quest’effetto, ma non lasciatevi ingannare.

Chilografia è il primo romanzo di Domitilla Pirro ed è uscito il 15 novembre per effequ: 200 pagine da leggere con bulimica voracità per conoscere la storia di Palma, detta Palla dai compagni di scuola e dai boyscout che la bullizzano, e detta Mina come una mina vagante dalla sorella maggiore Clara, che la bullizza a sua volta.

Sfortunata nel nome di battesimo e nei successivi soprannomi, Palma nasce negli anni ’80 da due genitori che non si amano più, o che forse non si sono mai amati. Fin dai primi mesi, il vuoto d’amore di Palma viene compensato dal cibo, strategia quantomai applicata nelle famiglie disfunzionali. Cresce da bambina sovrappeso e diventa una donna obesa. Tradita e umiliata da tutti coloro che dovrebbero amarla, Palma si ritira dalla vita sociale: cerca conforto prima nei giochi online, poi nei forum, dove conosce Angelo, un uomo attratto dalle Big Beatiful Women, come le chiama lui. Con Angelo, Palma si guadagna un ultimo soprannome: porcotta, la porcotta mia, l’unico che sembra andarle a genio, finalmente. Oppure no.

Se l’assioma “ho vissuto questa cosa quindi posso tradurla in arte” fosse vero, tutti avrebbero potuto scrivere tutto, tutti avrebbero potuto realizzare lo strappo nella tela che rivoluziona l’arte. Ma c’è una differenza abissale tra chi fa una cosa per primo e quelli che la rifanno uguale dopo (si chiama idea) e la differenza aumenta a dismisura tra chi fa una cosa e chi invece si limita a pensare che avrebbe potuto farla (si chiama fatto, e i fatti sono la cosa più ostinata al mondo, lo sappiamo). È vero, proprio come Palma molti di noi hanno assassinato i propri Sims dopo una delusione d’amore (per i nati prima dell’’85, i Sims sono i personaggi di un videogioco culto della Maxis); e sì, i nostri genitori si sono umiliati a vicenda pubblicamente e ancora sì, se da piccoli non mangiavamo la minestra… beh, lo sappiamo tutti che fine fanno i bambini del centro Sud se non mangiano la minestra.

Tuttavia, scoprire di avere alcune esperienze di vita, alcuni traumi infantili soprattutto, in comune con la protagonista di Chilografia, non significa che questo romanzo avrebbe potuto scriverlo chiunque. Al contrario, testimonia soltanto la grande capacità dell’autrice nell’innescare un alto grado di immedesimazione nei lettori. Significa che è una storia raccontata bene, tanto da farci dimenticare che è la storia di qualcun altro.

2 — My mother says when you gonna live your life right.

Ma partiamo da dove si deve partire e cioè dall’inizio. Il libro si apre con una donna, scopriamo poi di chi si tratta, che lava via del sangue nero e grumoso dalla vagina. Ha il ciclo, o qualcosa di più? La scena è forte, soprattutto perché ci rende inaspettatamente dei voyeur, spettatori di quello che sembra essere un improbabile esperimento cinematografico: Tarantino incontra Sofia Coppola, e buona fortuna a tutti. Poi, però, il romanzo devia bruscamente verso un’altra direzione. Il lettore resta a quelle prime due pagine, incredulo, a chiedersi se è davvero un inizio quello che ha letto, o se ha avuto una sorta di premonizione: godetevi la storia, da bravi, ma non dimenticate che tutto questo finirà nel sangue.

Capitolo successivo, nuova storia, nuova donna. Nessuna traccia di quella con cui abbiamo appena fatto un bidet.

Anche il tono della narrazione sembra essere di segno opposto: Stefania, la nuova protagonista, ha una voce esilarante, terrena e diciamolo pure: burina. Siamo in provincia di Roma all’inizio degli anni ’80 e Stefania è una trentenne che ha appena realizzato di essersi fatta fregare, dieci anni prima, con quella storia del matrimonio combinato e l’ansia di metter su famiglia.

L’hanno incastrata e ora si vuole vendicare. Così la vediamo, Stefania, annoiata di quella vita senza allegria, di quel coito interrotto prima che avesse senso, per lei, e determinata a prendersi la rivincita, prendersi la patente, prendersi la casa e infine l’istruttore della scuola guida, Pierpi. Il prezzo da pagare per l’autodeterminazione? Famiglia disfunzionale. In particolare, una figlia minore un po’ problematica. Che poi è Palma, la vera protagonista di questo romanzo. Fin dai primi mesi di vita, la piccola Palma assiste alle litigate dei genitori, agli insulti, alle aggressioni verbali e non. Li sente discutere attraverso i muri sottili della nuova casa finché un giorno, il giorno prima del suo compleanno per la precisione, Palma scopre che il suo papo è andato via di casa e non tornerà più. E che è stata proprio la mamma a cacciarlo, per rifarsi una vita col nuovo compagno.

3 — Some girls are bigger than others.

Anche Clara, la sorella maggiore di Palma, ha le sue colpe in questa storia, ma il rapporto tra le due sorelle merita una riflessione a parte. Domitilla Pirro dipinge una ragazzina tutto sommato “normale” e proprio per questo insensibile, talvolta persino crudele nei confronti della protagonista. Fin dall’inizio, però, prima ancora di mostrarcela nel ruolo di “sorella cattiva”, l’autrice ci fa intravedere le fragilità di Clara, che fin da bambina impara a odiare sua sorella come tutti i fratelli maggiori odiano i minori che rubano loro la scena. Col solo fatto di nascere, Palma condanna Clara a diventare quella grande, quella che non può piangere perché ora è il turno dell’altra. Con questa premessa, per il lettore è più difficile inquadrare Clara: è quella cattiva, che non prende mai le difese della sorellina ma anzi è la prima a prenderla in giro, a insultarla, deriderla; è quella che vieta al proprio fidanzato di dare ripetizioni a Palma, che si è invaghita di lui. Oppure è soltanto la sorella gelosa, insicura, che si sente messa da parte anche al suo matrimonio, quando l’inadeguatezza di Palma ancora una volta le ruba la scena e le attenzioni degli altri.

Lo stesso discorso vale per la figura di Stefania, che nel frattempo ha iniziato una nuova vita aprendo una profumeria: è una madre premurosa e sensibile quando cerca di evitare che sua figlia incroci una cliente in negozio, o il suo tentativo di nascondere la figlia indica che in fondo, ma neanche troppo in fondo, se ne vergogna?

L’autrice è attentissima nel dipingere le sue figure femminili in canti e controcanti che si compensano a vicenda, chiaroscuri minuziosi che lasciano al lettore l’onere (se proprio ci tiene) del giudizio morale sui personaggi.

Così, proprio quando ci sembra sul punto di cadere in uno dei tanti stereotipi al femminile (la madre egoista, la sorella malvagia), Chilografia ci fa subito intravedere il lato nascosto dietro a quelle riduzioni ai minimi termini: dietro ogni madre egoista c’è una ragazza privata della libertà di scegliere; dietro ogni sorella insensibile una figlia messa da parte per l’arrivo della sorellina. Il punto di vista di Domitilla Pirro scivola sornione dalla madre fedifraga alla sorella rimpiazzata fino alla piccola e poi grande Palma, in un crescendo di disagio che fantavalanga, per dirlo con le parole dell’autrice: un malessere che rotola a valle, come una slavina, acquisendo nella caduta strati su strati di dolore, e strati di adipe sul corpo di Palma.

4 — Ho visto la tua mano strapparmi il cuore.

Senza raccontare troppo del finale, bisogna riconoscere a Chilografia il merito di prendere la rincorsa nel dark humor, fino a sfondare la porta del grottesco puro, in uno spettacolo al crocevia tra il granguignolesco e la migliore Amélie Nothomb. Per chi non conosce, o finge di non conoscere, la Nothomb, i brevissimi romanzi dell’autrice belga si contraddistinguono per un uso barocco (e autoironico) della lingua e per l’ossessione nei confronti del cibo. Soprattutto nel finale, il romanzo di Domitilla Pirro rallenta e cede volentieri il passo a descrizioni opulente e a un sottile autocompiacimento in puro stile nothombiano, pur mantenendo una lingua che è completamente e indiscutibilmente mimetica rispetto al parlato dei suoi personaggi, una lingua burina. Come quelle persone che alla fine di un pasto vorace passano di dito sul fondo della pentola, per leccare fino all’ultima goccia di condimento: la più gustosa, la più unta di tutte.

Accanto alla golosa sovrabbondanza di Amélie Nothomb, tuttavia, in Chilografia si ritrova anche un po’ di Orfanzia, il romanzo di Athos Zontini che per puro caso (o forse non proprio a caso) condivide con Domitilla l’editing di Oblique Studio. Entrambi i romanzi indagano le complesse relazioni affettive dei protagonisti attraverso il loro rapporto perverso col cibo e col proprio corpo, solo che mentre il bambino di Orfanzia si rifiuta di mangiare perché ha paura di crescere, Palma non riesce a smettere di mangiare nel tentativo di colmare un buco che anni di affetti disfunzionali hanno scavato in lei. Un buco che sta prima di tutto nella sua testa, fin da bambina, da quando gli adulti attorno a lei le hanno insegnato che è normale sentirsi incomplete, inaccettabili, sbagliate.

tutte le foto nel pezzo sono di Jen Davis

5 — Stand in the mirror and wait for the feedback.

Nel saggio XL Love: How the Obesity Crisis is Complicating America’s Love Life, Sarah Varney dimostra come le ragazze grasse siano più propense delle altre a fare sesso non protetto e ad accettare pratiche pericolose o umilianti. Sentirsi non appetibile ti porta ad accettare cose che altrimenti non accetteresti perché pensi di non meritare di meglio, che non puoi permetterti di fare storie, di dettare le tue condizioni. Chi fa sesso con te sa che hai bisogno di quel riconoscimento, di sentirti desiderata, e sa che può approfittarne.
Ovviamente non soltanto le ragazze grasse accettano di fare sesso non protetto e pratiche rischiose o umilianti, lo fanno anche le ragazze normopeso che per milioni di altri motivi sono abituate a sentirsi inadeguate agli standard.

Il fatto che Palma sia una donna obesa non è che un amplificatore, uno strumento di cui l’autrice si serve per mostrare tutti i buchi, le fragilità che accomunano donne obese, donne grasse, donne magre e donne in generale. Anche uomini, a volte, ma soprattutto donne.

Palma vive in maniera più accentuata problemi che appartengono a tutte: la certezza di essere brutte, inadeguate, di non poter essere accettate e tantomeno amate da nessuno. Palma si consegna nelle mani del suo carnefice per questo motivo: perché è convinta che o sarà amata così, o non sarà amata affatto, perché non può ambire a niente di meglio. Nel leggere la storia di Palma è facile pensare che sia anche la nostra storia personale perché è facile, per una donna occidentale dai 13 ai 53 anni, riconoscersi in quella voragine senza autostima che è la protagonista di Chilografia. Un romanzo piccolo, tumultuoso come una valanga e succulento come una lingua alla vaccinara, una storia in cui molte donne si riconosceranno e che altrettante avrebbero voluto scrivere, perché #metoo, perché #losapevanotutti, anche se alla fine tocca sempre a qualcun’altra di dover raccontare. Per questa volta, va a Domitilla Pirro e a effequ il merito di averci donato una storia senza il timore che sembrasse una “banale” storia di umiliazione e violenza, una delle tante. Una storia che avremmo potuto scrivere anche noi ma che abbiamo messo da parte perché ci sembrava di averla già sentita, migliaia di volte, mentre forse non l’abbiamo ancora sentita abbastanza.

Se sei arrivato fin qui ti meriti questa mini-playlist su Spotify: un brano per ogni paragrafo (e purtroppo per Palla, niente metal).

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