Cinque libri che mi hanno salvata nel 2016

consigli letterari per ricordarsi di cercare il bello anche quando sembra che tutto faccia molto schifo.

Federica Guglietta
uonnabi
6 min readJan 5, 2017

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Ragazzi è finita.

Siamo nel 2017 da più di quarantotto ore, ormai, e chi è ancora su questa Terra può rivendicarlo con orgoglio: noi siamo Quelli Che Ce L’Hanno Fatta.

Ce l’abbiamo fatta nonostante i superalcolici scadenti, i guanti spaiati e gli auguri degli sconosciuti su WhatsApp. E ce l’abbiamo fatta nonostante le classifiche di fine anno, quelle che ci causano malessere perché è come le figurine da piccoli: celo, celo, mi manca, il nuovo album di Tizio proprio non l’ho sentito, ma davvero è in terza posizione tra Motta e Nostro Signore Gesù Cristo? Ma tu pensa, ma dov’ero io mentre la gente faceva la storia della musica, del cinema, della letteratura… sono davvero così distratta?

Perché è così, le classifiche di fine anno sono come la droga: finché puoi le eviti, ma quando ci sei dentro non c’è verso di smettere. Spesso inizi da solo e dopo un po’ ti trascini dietro anche un amico, una persona che magari non se lo meritava, una persona che magari aveva fiducia in te: come ho fatto io con Federica.

Ecco, Federica, questa piccola introduzione al tuo pezzo l’ho scritta per chiederti scusa se sono stata il tuo Mark Renton e tu sei stata il mio Tommy nella sporca faccenda delle classifiche di fine anno. Per farla un pochino meno sporca, però, noi la classifica l’abbiamo fatta di inizio anno: così magari vi siete un pochino disintossicati e potete godervi qualche consiglio su cosa valga la pena recuperare di questo pazzo pazzo anno appena terminato.

baci da Flora, quella di uonnabi.

Ecco che arriva il periodo dell’anno che mi causa più ansia di tutti: quello delle sfavillanti, orgogliosissime e patinatissime classifiche di fine anno: libri, dischi, film, pizzerie: non se ne salva una, di categoria.

Sarà per questo che volevo fingere che la cosa non mi interessasse, non mi toccasse. Dovevo scappare, far calare il silenzio prima del momento clou. Solo che avevo fatto male i miei calcoli, perché alla fine è andata più o meno così:

— Federì, ti andrebbe di parlare di libri su uonnabi, una cosa per fine anno?

— Subito!

Dove al posto di quel “subito” è meglio leggere “con calma”, dato che ultimamente sono sempre in ritardo. Una cosa è certa: non potevo tirare il pacco ai miei amici di uonnabi. (no che non poteva. ndr)

Dato che sono stati così gentili a invitarmi (e, davvero, vi giuro che non me l’aspettavo, sento addosso il peso di un’ABNORME responsabilità), voglio sorprendervi. Oggi vi voglio raccontare di quei cinque libri che mi hanno salvato il 2016. Magari vi piacciono e vi aiutano a superare anche il prossimo, di anno.

Partiamo, va’!

5. Tina, Alessio Torino (minimum fax)

Un libro estivo che ho letto in autunno inoltrato (cosa dicevamo a proposito del mio tempismo?). Un romanzo di formazione delicato e d’impatto proprio come la sua copertina. Prendete un’isola, una vacanza estiva e una famiglia scombinata. Aggiungeteci la galleria di personaggi tipici data dagli abitanti del posto e dai suoi visitatori e avrete Tina, che poi è anche il nome della protagonista, una bambina di otto anni spesso scambiata per un maschietto che ha una sorella gemella con precoci velleità da primadonna, una mamma che oscilla tra disillusione e ottimismo per la delicata situazione familiare in cui si trova e un papà (assente, lontano, non è in vacanza con la famiglia, ma ha perso la testa per una ventenne) che è la causa di tutto il loro scompiglio.

Un romanzo che vi prenderà così tanto che lo leggerete in un paio d’ore.

Mi ha salvato da un’arrabbiatura cosmica.

4. Io non mi chiamo Miriam, Majgull Axelsson (Iperborea)

Il mio libro dell’anno, anche se l’ho letto praticamente due mesi fa. Tanto bello che per poterne parlare ho dovuto leggerlo due volte. Cinquecentosessantadue pagine per due, ma ne è valsa sicuramente la pena. La storia di Miriam, che in realtà non è affatto Miriam ma Malika, ragazzina rom sopravvissuta prima ad Auschwitz e poi a Ravensbrück, come ce la racconta la Axelsson diventa un romanzo documentato, doloroso, seppure mantenga sempre una certa ironia. Miriam/Malika si è salvata negando la sua vera identità per buona parte della sua vita.

Mi ha salvato quando non riuscivo ad andare oltre alla prima impressione.

Lo rileggerò sicuramente tra qualche tempo, perché è una storia di cui non ci si libera facilmente. Ne ho già parlato qui.

3. A pietre rovesciate, Mauro Tetti (Tunué romanzi)

La collana dedicata alla narrativa esordiente di Tunué mi ha sempre riservato grandi sorprese. L’ho letto in primavera e si è rivelata una scelta azzeccata: ambientato tra le antiche pietre della Sardegna e con una protagonista che antica lo è ancora di più, quella memoria collettiva che vive tra le nocche tamburellanti e nodose di un’anziana signora di nome Nonna Dora. Un romanzo articolato e difficile, ricercatissimo nel linguaggio e originale nelle scelte narrative.

Mi ha salvato quando non sapevo che strada prendere e mi sono fermata ad aspettare.

Ho cercato di parlarne, dilungandomi, qui, ma non so se ci sono riuscita.

2. La terra dei figli, Gipi (Coconino Press)

L’ultimo lavoro di Gipi va letto. Non state a sentire quello che potrei dirvi e quel poco che effettivamente riuscirò ad esprimere: leggetelo e basta. Vi lascio dei piccoli indizi, tanto per farvi un’idea: in un mondo post apocalittico che dai nostri giorni ha fatto un salto all’indietro ritrovandosi in una condizione quasi primitiva, un padre cerca di tutelare i suoi figli, tenendone a bada la curiosità. Non ci riesce, ma i due ragazzi saranno comunque capaci di capire il perché delle cose e farsi strada da soli verso la salvezza.

Questo romanzo a fumetti in cui le parole sono ridotte al minimo, accompagnate da una totale assenza di colore, può salvarci quando perdiamo di vista quali sono le cose che contano davvero.

O almeno per me è stato così.

1. La mia vita con Mr. Dangerous, Paul Hornschemeier (Tunué)

Amy ha ventisei anni, un lavoro precario, una vita sentimentale ridotta in tanti piccoli pezzi (anche a voi ricorda qualcuno, vero? ndr) ed è la protagonista di questo graphic novel di Paul Hornschemeier, l’ultimo. Il primo tra i suoi che io abbia letto. Amy è la degna rappresentante di tutti noi paranoici, insicuri, che ci sentiamo soli anche in mezzo alla gente.

Proprio un bel casino di vita, quella in cui siete solo tu e Mr. Dangerous, personaggio di una serie tv che neanche esiste. Però alla fine va tutto bene.

Amy passa le sue giornate a cercare qualcuno capace di salvarla, ma alla fine è lei a salvare noi. Tutti noi.

Ovviamente io mi sono imparanoiata a parlarne qui.

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Federica Guglietta
uonnabi

Leggo, scrivo, faccio cose. Mi piacciono le storie che finiscono male. Su Instagram e altrove come @fdifrantumaglia