Mentire è un lavoro serio — Intervista a Ilaria Chiesa

Direttrice del Piemonte Documenteur FilmFest, il festival del mockumentary.

uonnabi a redazione
uonnabi
5 min readJun 3, 2019

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Se vi dicessero che la vostra vita, o per lo meno gli ultimi dieci anni, è stata segnata dalla menzogna, probabilmente non la prendereste troppo bene. Per Ilaria Chiesa, invece, rappresenta un traguardo, qualcosa di cui vantarsi.

No, Ilaria non è un’agente della CIA (almeno per quel che ne sappiamo): nella vita gestisce RECTV, la sua società di produzione video. Ma da molti anni il suo lavoro e quello della sua casa di produzione hanno a che fare con le falsità.

Ilaria, infatti, è a capo del team che organizza il PDFF, Piemonte Documenteur FilmFest, una kermesse 100% piemontese e 100% dedicata al genere cinematografico del mockumentary.

Noi l’abbiamo incontrata per conoscerla meglio e parlare del suo festival.

Ciao Ilaria, raccontaci come sei approdata nel meraviglioso mondo del video.

Il mio percorso è davvero strano, non il classico percorso di una casa di produzione. Io sono una dei miracolati del MultiDAMS, quello che oggi è cinema e nuovi media in pratica. Era un percorso che ti rendeva sicuramente multimediale ma poi stava a te cercare la tua strada, e così ho fatto: ho cominciato lavorando alla creazione di siti web, poi ho capito che per realizzare una bella grafica non bastavano le foto ma occorreva aggiungere dei video. E siccome non potevo fare tutto da sola ho messo in piedi RECTV, con l’aiuto della mia relatrice, Cristina Gena, che lavora qui al Campus Einaudi.

Ci sembra di capire che non sei anche operatrice video, di cosa ti occupi nel concreto?

Al momento mi sono ridotta a fare quello che non pensavo sarebbe mai successo, cioè fare tutto tranne che video: gestisco completamente la casa di produzione, dalla ricerca del cliente e poi delle maestranze e dei vari collaboratori e coordino tutto il team, che è composto da una decina di professionisti: operatori, montatori, animatori… Ah e poi alla fine mi faccio pagare, perché bisogna far rientrare tutto!

Il tuo lavoro è a metà strada con l’imprenditoria, quindi.

Io faccio l’imprenditrice a tutti gli effetti, ho iniziato a lavorare negli incubatori, dove ho imparato cose che non avrei mai pensato di dover imparare:

pensate che all’inizio avevo paura di rispondere al telefono, ora invece gestisco tutta la parte commerciale e amministrativa!

Però gestisco anche la comunicazione di tutti i progetti e questo mi permette di mantenere le redini anche della parte creativa, perché parto da quello che voglio comunicare e poi organizzo le cose sulla base di questo.

Raccontaci un progetto di cui sei particolarmente fiera.

Ogni anno RECTV raccoglie donazioni per un progetto benefico e l’anno scorso abbiamo fatto un crowdfunding per realizzare un Minicinema all’interno di Casa UGI, una struttura che accoglie i bambini in cura presso l’Ospedale Regina Margherita e le loro famiglie.

Il video di lancio della campagna di crowdfunding per Casa UGI

Nel vostro staff ci sono anche giovani?

Sì, molti tirocinanti ci scrivono dall’Università o dal Politecnico di Torino. In media ne accogliamo ogni mese 5 o 6 da Unito e una decina dal Poli, da ingegneria del cinema e da comunicazione o dal DAMS. Li metto a lavorare sui progetti interni, come per esempio il festival, e non sui clienti esterni, così possono fare pratica tranquillamente.

Se dovessi dare un consiglio pratico ai giovani che vogliono intraprendere la tua strada?

Il consiglio è di scegliere bene e di buttarsi in attività più piccole ma pratiche, in progetti in cui se sbagli non succede niente, in cui anzi non devi avere paura di sbagliare.

Andare nei posti troppo grandi serve a poco: ti mettono a fare i lavori minimal, le fotocopie. Quello che ho fatto io è stato lavorare in posti più piccoli dove però avevi un ruolo importante, che è un po’ quello che cerco di fare ora con RECTV.

Mi rendo conto che siamo piccolini ma abbiamo tanti progetti belli che, grazie anche al lavoro degli stagisti, riescono a crescere e su cui noi poi diamo lavoro. Chi ha fatto stage da noi ora è parte del team, quindi ora lavora anche sui lavori dei clienti.

Ma parliamo del Festival, ci dicevi che tutto il team RECTV è coinvolto nella realizzazione

Il PDFF è un’attività che non nasce da RECTV ma dall’ associazione Cinelabio, che lo organizza dal 2010. Quest’anno, però, sono diventata presidente di Cinelabio e ho letteralmente “trascinato” RECTV con me in quest’avventura: siamo diventati una sorta di piccolo sponsor, perché tutti i ragazzi che lavorano per RECTV, come ti dicevo, stanno lavorando ora sul Festival.

Tu però non sei una new entry all’interno dell’organizzazione…

Il PDFF esiste da ormai nove anni, anche se dal 2014 era in stand-by per mancanza di fondi. L’idea è di Carlotta Givo, sceneggiatrice e autrice radio, che ancora oggi ricopre il ruolo di direttrice creativa. Io all’inizio ero la stagista, curavo la comunicazione grafica e il sito, che è quello che faccio ancora adesso anche se in più ho preso la parte operativa. Per questa edizione, a differenza delle precedenti, che si facevano nella Valle Po, abbiamo deciso di portare il Festival nelle Langhe: a Monforte, La Morra, Piozzo e Carrù.
Il mio desiderio è che diventi un format replicabile in tutta Italia, non solo in Piemonte.

Cosa ti affascina del concetto di raccontare il falso?

La cosa bella del mockumentary è che, se sono fatti male, la gente non si accorge che sono finti. Per essere fatti bene devono dare un input che faccia capire che c’è la menzogna. Un problema di molti lavori degli anni passati è proprio questo, infatti; un altro è che in molti arrivano con la storia preparata, ma non vincono, perché è la relazione con il territorio che fa la storia interessante, l’incontro con le persone che devono comunque raccontarti qualcosa. E poi magari se la ricordano male, però forse è vero e forse è falso. Il bello di questi paesi è che le persone che incontri lì sembrano attori, non lo capisci, il che rende ancora più labile il confine tra finzione e realtà.

Per molti appassionati di cinema il mockumentary è un oggetto di culto, ma spesso è sottovalutato dal grande pubblico.

Perché c’è poca informazione, e molti Comuni, quando andavamo a presentare il progetto, ci chiedevano: perché fare un festival sul falso documentario?

Era difficile far capire loro che non si tratta di un prodotto turistico o di uno spot sul territorio, quello che ci interessa sono le storie e la diffusione di un genere che è comunque particolare e che meriterebbe di essere più conosciuto.

Allora colmiamo questa lacuna: consigliaci dei mockumentary da vedere

Faccio la campanilista e ti consiglio il mio preferito tra i vincitori del nostro Festival, quello dell’edizione 2013: Il passo dell’elefante. Racconta la storia del finto ritrovamento di una zanna di elefante a Ostana, che testimonierebbe il passaggio di Annibale in quei territori. Vi mando il link così potete vederlo.

Ce l’ha mandato!

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