Non guardate “Love, Simon”

se siete nella mia stessa situazione

uonnabi a redazione
uonnabi
5 min readJun 6, 2018

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La mia storia con Simon inizia a febbraio per le strade di San Francisco, subito fuori Castro, il quartiere gayfriendly della metropoli californiana. Mi fermo a un incrocio, catturato da questo mega cartellone pubblicitario posto sopra un locale della zona:

Scritta bianca su sfondo rosso.

In basso a sinistra: coming out march 16.

In un primo momento penso a una trovata pubblicitaria per il giorno del coming out (che cade invece l’11 di ottobre) quindi proseguo tranquillamente per le immense salite e discese della città, senza preoccuparmene più di tanto. Ma quella sera, in albergo, mentre faccio zapping selvaggio fra i canali americani, mi imbatto nel trailer del film.

Stessa firma del cartellone: LOVE, SIMON.

Mi basta questo per andare nel panico: un nuovo film a tematica LGBT con cui rimanerci sotto per i prossimi anni. Ma per fortuna sono troppo stanco per rimuginarci su.

Il mio viaggio negli Stati Uniti si conclude a Los Angeles. Anche lì, stessa pubblicità:

La cosa si fa seria. Controllo nella Bibbia (Wikipedia) la data di uscita del film in Italia: fine maggio, poco meno di tre mesi.

Ma tra tre mesi sarò già tornato a casa, in una delle tante province del centro Italia dove i pochi cinema rimasti in piedi col cazzo che proiettano Love, Simon, tanto meno in lingua originale. In casi come questi, come ben saprà chi vive la mia stessa situazione, bisogna arrangiarsi. Non che me ne vanti, anzi, ma quando mi arriva il file tra le mie mani non riesco a resistere: devo vedere Love, Simon, senza nemmeno aspettare i sottotitoli in italiano.

La serata è quella giusta, il mood psicologico anche: a casa, da solo, con una gran voglia di star male e annegare in un mare di lacrime come spesso accade quando guardo film del genere. Perché diciamolo, la maggior parte di loro non ha conclusioni felici.

Ma partiamo dall’inizio, non dalla fine. La trama di Love, Simon è molto semplice, adolescenziale. Simon è un diciassettenne con la tipica famiglia americana perfetta, genitori fichi e sorellina wannabe Masterchef, e una ristretta cerchia di amici.

Simon è gay e non lo ha detto ad anima viva.

Simon nel meraviglioso mondo di “Al college potrò essere gay quanto mi pare”

Il gioco principale del film consiste nel capire chi è Blue, il misterioso studente che ha dichiarato di essere gay sul blog di gossip scolastico e con il quale Simon inizia una lunga corrispondenza via e-mail, fino ad innamorarsene. Il nemico, invece, è il solito bullo (o forse insolito?) che trova le e-mail di Simon e inizia a ricattarlo. Semplice no?

Per voi, forse. Io, prima ancora di premere play mi sono già ripetuto la solita filastrocca:

questa volta non ci rimarrai sotto, la storia è sempre quella, così prevedibile… Ne uscirai indenne, ti sei già fatto le spalle con i film simili e lo sai bene che lì fuori, al di là dello schermo, la storia d’amore perfetta non esiste.

O se esiste non sei stato tu il prescelto per viverla.

Me lo ripeto ancora una volta e infine premo il triangolo al centro dello schermo. Play. Parte la sigla della 20th Century Fox e sto già piangendo. Così, per portarmi avanti. La visione scorre velocemente anche se il film dura quasi due ore: Simon è un piacione, difficile non amarlo, e per i fan di 13 Reasons Why come me è rassicurante vedere un’Hannah Baker viva e vegeta e un Alex Standall semi-ossigenato come nella prima stagione.

Da appassionato di musica, invece, apprezzo molto la colonna sonora, composta da vinili e playlist scelti dal protagonista, e piango di nuovo sulla citazione degli M83 perché porco cazzo, Reunion è bellissima.

Non mancano le parti divertenti, quelle piene di imbarazzo in cui tutti noi ci siamo ritrovati almeno una volta. Alla fine arriva l’empatia, con la quale mi rendo conto che mi stanno trascinando verso il baratro del finale a sorpresa. Ma vorrei evitare gli spoiler (ci provo) quindi mi precipito alle conclusioni.

Durante i titoli di coda faccio due pensieri.

Il secondo è che vedere questo film in compagnia de* propri* ragazz* (o amic*) magari fa scappare una lacrima di commozione, ma subito dopo ci ridi sopra, ne discuti un po’ e se proprio si vuole festeggiare si può continuare la discussione in camera da letto. Il primo pensiero, invece, quello mio personale, è sempre lo stesso da anni, sempre lo stesso dopo la visione di questi film.

Ed è: fanculo.

Questa volta fanculo a te, Simon. Fanculo perché mi sono ritrovato sul divano da solo, mentre tu facevi il tuo bellissimo giro sulla ruota panoramica. Fanculo all’ennesimo film pieno di amore, amicizia e bei sentimenti.

Fanculo perché mi è piaciuto e adesso me ne sto qui a ripetermi lo slogan scritto a caratteri cubitali sulla locandina:

OGNUNO MERITA UNA GRANDE STORIA D’AMORE.

E quindi anche io.

Love, F.

P.S. — la mia email la lascio alla redazione, quindi se volete farmi cambiare idea o iniziare una corrispondenza come quella fra Blue e Jacques, sapete a chi chiedere.

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