Primo giugno

Miur, Fit e altri incubi ricorrenti

Elena Pepponi
uonnabi
7 min readJun 20, 2017

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Oggi è primo giugno.
Mi sveglio e penso a quando, in prima elementare, avevo scritto giunio perché il nesso gn non riusciva ad entrarmi in testa. D’altra parte sono romana, e per me la grafia corretta è gnente.

Il primo giugno si respira un’aria di forza e di freschezza, di prossima salvezza dalle incombenze quotidiane.

Gli studenti si avviano alla fine dell’anno, e forse solo i maturandi sono presi dalla strizza incontrollabile di trovarsi di fronte alla commissione per essere grigliati.

I lavoratori pregustano le ferie in arrivo.

I nonni rabbrividiscono perché sta per arrivare quel lasso di tempo estivo in cui i figli ancora lavorano e i nipoti verranno scaricati a casa loro come un pacco di Amazon.

Il primo giugno, insomma, celebra una sorta di rinascita: è il solstizio d’estate delle coscienze, anche se i noiosi astronomi vogliono farci credere che l’estate arrivi venti giorni dopo.

Oggi è primo giugno 2017, però, migliaia e migliaia di giovani italiani si sono sentiti tristi, inutili, quasi tagliati fuori da una festa. Vi spiego perché.

Il Miur ha pubblicato il bando per la riapertura della terza fascia, una fascia che non ha niente a che vedere con le fasce dove corrono i terzini, e nemmeno con le fasce per capelli. La terza fascia è un limbo grigio a metà tra un’illustrazione di Gustave Doré e una escape room ben congegnata. È quel calderone nel quale si riuniscono tutti i laureati che hanno l’assurda pretesa, l’orrida ambizione di insegnare. Una volta laureati ti iscrivi in questa famosa terza fascia, quella dei docenti laureati non abilitati, e preghi che qualche scuola ti chiami per una supplenza di due ore a 187,3 km da casa tua. Tanto di tempo per pregare ne hai un sacco, soprattutto mentre conti le monetine che ti hanno lanciato nel cappello accanto al cartello di cartone che recita Ho fame.

via.

Queste graduatorie aprivano ogni tre anni, ma con la nuova riforma è stato decretato che questo sarebbe stato il loro ultimo anno di vita.

Ciao, terza fascia. Mai più terza fascia, a che ci serve la terza fascia? Largo al futuro!

Figata. Dov’è la magagna?

Il primo giugno 2017 mi sono alzata e ho dovuto ingerire un boccone amarissimo che ha avvelenato la colazione, il pranzo, la cena e forse anche qualcosa in più. Per il suo ultimo anno di vita, per il suo spettacolo d’addio, la terza fascia chiude i battenti il 24 giugno. Nei bandi precedenti le scadenze erano a fine luglio, addirittura a metà agosto. Quest’anno la scadenza è al 24 giugno. Che ti cambia? diranno in molti.
Mi cambia, ci cambia la vita.
I laureandi della sessione estiva sono stati, così, divisi da un criterio simile a quello nazista: tu sei abile al lavoro, tu no. Tu ti laurei a giugno, hai diritto a rientrare nella terza fascia, tu ti laurei a luglio, sei fuori. Verrebbe da domandarsi: sono in ritardo? Ho sbagliato qualcosa? I miei colleghi che si laureano all’appello precedente sono migliori di me?
Niente di tutto questo ha senso. Il primo giugno ci siamo alzati e abbiamo semplicemente scoperto di aver studiato anni della nostra vita per non poter fare il nostro lavoro.

via.

Ci sono le messe a disposizione, ovviamente. Praticamente dei carnai in cui decine di poveracci bussano alle porte di presidi esasperati e cercano di vendere sé stessi come docenti panchinari — hai visto mai che qualche insegnante durante l’anno rimanesse incinta? — o qualcuno si rompesse un piede o facesse indigestione di gamberetti, ci sono io. Praticamente un incrocio tra Renzo che si presenta dall’Azzeccagarbugli con i capponi in braccio e Giorgio Mastrota che sono 23 anni che cerca di venderti lo stesso materasso. Un rappresentante, sì, ma anziché vendere prodotti per la casa o smalti, tu vendi la tua persona sperando in una supplenza.
Poi ci sono i Fit, cioè i percorsi formativi triennali che portano all’abilitazione, che però verranno attivati nel 2018 a cadenza biennale. Una volta vinto il Fit, l’insegnante è vincolato per tutta la vita a quell’indirizzo scolastico. Hai vinto il Fit e hai fatto tre anni di studi e tirocini per il liceo delle scienze umane? Non potrai mai insegnare allo scientifico. Hai speso tre anni della tua vita ad allenarti ad insegnare al classico? Dì pure addio all’agrario. Non sarai mai in grado di spiegare Leopardi ai ragazzi dell’agrario, perché sei stata preparata a insegnare al classico. A questo punto mi viene il sospetto che il Leopardi che si insegna all’agrario la siepe la potasse, più che contemplarla.
In ogni caso devi scegliere, ma nel periodo che va dalla laurea alla possibile attivazione di un percorso per diventare insegnate non puoi aspirare a supplenze da graduatoria, perché la terza fascia non esiste più.

Il mio sogno è fare il dottorato e fare la professoressa all’università. Lo dico adesso perché sono un po’ disonesta, perché volevo che arrivaste fin qui a leggere e quasi vi commuoveste pensando Poverina, non può insegnare. E invece io piazzo la stoccata finale, e dico che voglio insegnare, sì, ma all’università. E allora che me ne importa delle superiori o, peggio ancora, delle medie? Risposta: niente.

Siete proprio sicuri?

La docenza è qualcosa che senti dentro, come un fuoco. È una vocazione, come fare il prete o il medico. Non tutti possono essere docenti, devi nascerci. Ti puoi raccontare quanto vuoi che un ingegnere si fa il bagno nel denaro come zio Paperone: se senti dentro il fuoco dell’insegnamento non puoi fare altro che seguirlo.
Io sento dentro il fuoco della docenza, e ho sempre pensato che il mio mondo fossero le superiori. Frequentando l’università mi sono resa conto che voglio fare la prof, sì, ma all’università.
Il liceo resta per me la miglior palestra della vita, però. Per vincere il dottorato dovrò impegnarmi con tutte le mie forze, ma da qui a quando qualche santo in Paradiso risponderà al messaggio che gli ho lasciato in segreteria e mi metterà in mano una borsa di dottorato, perché non posso essere una prof? Perché non posso fare supplenze, anche di poche ore, e investire in ciò che mi piace e che so fare?
Non posso farle perché la scadenza ministeriale dice che chi si laurea a luglio fa schifo e non può entrare in graduatoria, dunque non può fare supplenze, misurarsi con le proprie conoscenze e guadagnare due spiccioli (incredibile, persino gli insegnanti mangiano! Non c’è più religione…).

Non posso farlo perché chissene dei giovani appena laureati, sai quanti precari devo sistemare ancora?

In realtà io non sono diversa da tutti i miei colleghi che fanno della scuola superiore una ragione di vita, come lo era per me fino a qualche anno fa. Ciò che ci accomuna è il fuoco sacro per l’insegnamento, l’amore e la passione per quello che abbiamo studiato e che vogliamo trasmettere agli altri. Noi vogliamo portare la conoscenza a ragazzi che ci vengono allontanati ogni giorno di più, e ci vengono allontanati non perché noi siamo incapaci, ma solo per un cavillo burocratico.
E allora la difesa dell’insegnamento, il grido a gran voce e l’hashtag #iononpossoinsegnare riguardano tutti noi, uno per uno.

Uccidere una generazione di possibili professori per una scadenza raffazzonata non danneggia solo noi. Danneggia tutti voi, i vostri figli.

Questo atteggiamento allontanerà sempre di più le schiere di laureati dalla scuola, che non potendo più accedere alla terza fascia delle supplenze dovranno fare una scelta radicale: vivere cercandosi un lavoro fuori, o morire dedicando la propria vita al Fit. Con stipendi da fame solo al terzo anno, lezioni e tirocini per un totale di 8 (ottimistiche) ore al giorno.

La radicalizzazione della scelta è un bene solo quando la scelta è chiara: un aut aut funziona, dunque, solo se i confini del dentro e del fuori dal cerchio sono netti e definiti. Ma possiamo dichiarare veramente netti e definiti i confini dei percorsi che portano all’insegnamento? Se così fosse, tutti lo farebbero, starebbero zitti e magari ringrazierebbero anche. In realtà il Fit è un’accozzaglia di norme lanciate come coriandoli a Carnevale, e non si sa nemmeno quando verrà inaugurato (il 2018 è una data estremamente labile). Tutte le altre schiere di persone che vorrebbero insegnare e avrebbero potuto farlo solo con le supplenze cosa fanno?

Ma sì, lo so che cosa state pensando: è proprio ora che questi sfaccendati appena nominati si trovino un lavoro vero.

Ok, avete ragione. Non fa gnente.

via.

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