Gli occhi del mondo sulle elezioni francesi

Le presidenziali raccontate dai media internazionali

Anna Bigano
upday IT
5 min readApr 14, 2017

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In ballo c’è molto di più che un quinquennio all’Eliseo. In Italia e nel mondo, i media guardano alle elezioni francesi del prossimo maggio come un momento di svolta, forse decisivo per il futuro dell’Europa intera. Vi proponiamo una mini-rassegna stampa internazionale in collaborazione con le redazioni di upday a Parigi, Berlino, Londra, Madrid e Varsavia.

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Fino a poche settimane fa, i media di tutta Europa davano ormai per scontato che le elezioni sarebbero state una corsa a due tra Marine Le Pen ed Emmanuel Macron, la figlia battagliera del leader dell’ultradestra e il giovane e ambizioso ex ministro dell’Economia, di orientamento centrista.
In questo binomio si è tuttavia inserito un fattore sorpresa: è il “rosso” Jean-Luc Mélenchon, numero uno del movimento dal nome evocativo La France insoumise “La Francia ribelle”. Gli ultimi sondaggi, relativi al primo turno — quello di domenica 23 aprile — danno Mélenchon al 18–19%, contro il 23% circa di Macron e il 26 di Le Pen. Mélenchon però ha l’indice di popolarità più alto fra tutti gli 11 candidati in corsa ed è quello che cresce più rapidamente. Ora lo scontro finale al ballottaggio fra i due “estremisti” non sembra più un’ipotesi fantascientifica.

Del resto, scrive Welt, se c’è un insegnamento venuto dalla Brexit e dalla conquista della Casa Bianca da parte di Donald Trump, è che tutti i pronostici possono essere ribaltati. Tanto più che, come spiega il quotidiano 20 minutes, la percentuale degli indecisi stavolta è molto più alta che nelle consultazioni precedenti e le intenzioni di voto non corrispondono più automaticamente alla militanza politica degli elettori.

La pasionaria dell’estrema destra

Classe 1968, studi di giurisprudenza, Marine Le Pen ha raccolto l’eredità paterna alla guida del Front National, il più longevo partito populista d’Europa. Descritta come “pugnace” e “indistruttibile” quando lavorava come avvocato in uno studio parigino, ha messo nella politica la stessa passione. Molti osservatori (qui lo spiega ad esempio il sito del canale tedesco Ndr) hanno tuttavia osservato come, per presentarsi come leader credibile, Le Pen abbia progressivamente compiuto una sorta di “patricidio”, abbandonando i toni più estremisti e le posizioni apertamente razziste che erano di Jean-Marie. Senza tuttavia rinunciarvi del tutto: solo pochi giorni fa (lo riporta Panorama) ha fatto scalpore il suo commento sul fatto che le autorità parigine non sarebbero state responsabili del rastrellamento di 13mila ebrei francesi nel Velo d’Hiver durante la seconda guerra mondiale. Intervistata da La Croix, poi, non ha esitato a definirsi “estremamente credente, ma arrabbiata con la Chiesa” per le parole sull’accoglienza dei migranti. L’euroscetticismo rimane la cifra distintiva del suo programma. Come racconta tra gli altri L’Express, in un recente comizio Marine Le Pen ha promesso che se sarà eletta presidente “l’Unione europea morirà”.

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Il rottamatore d’Oltralpe

Dall’altra parte c’è il quarantenne Emmanuel Macron, giovane, affascinante, prima studente brillante e precoce talento nella musica e nel teatro, poi banchiere e ministro dell’Economia nel governo Valls. Un bravo ragazzo di buona famiglia con un curriculum — scrive il quotidiano spagnolo El Paìs — “che unisce un percorso finanziario con un’autentica cultura letteraria”, un cursus honorum esemplare “macchiato” soltanto da un dettaglio biografico: il matrimonio con una sua ex insegnante, di 24 anni più vecchia, che per lui ha lasciato marito e figli. Per il New York Times “è questa storia personale atipica che gli permette di non apparire solo come l’ennesimo funzionario ambizioso”. Fra i punti a sfavore di Macron, The Guardian annovera l’assenza di un movimento politico ben strutturato alle sue spalle (il suo partito En marche!, “In cammino!, è nato appena un anno fa), il che lo espone alla critica di non avere un programma abbastanza definito, non di destra ma nemmeno abbastanza di sinistra.

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L’incognita “rossa”

Il conservatore Le Figaro lo chiama “il Chavez di Francia”. Jean-Luc Mélenchon, 65 anni, ha alle spalle studi in filosofia e una militanza giovanile nel partito trotzkista. Senatore dal 1986, è diventato il capo della corrente più a sinistra del partito socialista e si è già presentato alle presidenziali del 2012, raccogliendo l’11%. La sua retorica antisistema, nota il quotidiano spagnolo La Vanguardia, lo rende gradito “a francesi d’ogni tipo, molti dei quali non conoscono a memoria l’Internazionale comunista”. Nel suo programma ci sono misure radicali, che vanno dalla riduzione a 32 ore settimanali dell’orario lavorativo all’abbandono dell’energia nucleare, che in Francia copre il 75% del fabbisogno domestico, passando per una riforma radicale della Costituzione e delle regole per stare dentro l’Unione europea e la Nato. Definite da più parti utopiche e irrealizzabili, le idee di Mélenchon non preoccupano solo i mercati, che hanno mal reagito all’ipotesi di un duello fra lui e Marine Le Pen, ma lo rendono una mina vagante per il suo stesso partito. “Questa campagna sa di marcio”, ha detto François Hollande al settimanale Le Point, mettendo in guardia contro il pericolo di “guardare più allo spettacolo del tribuno che ai contenuti che propone”.

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L’unica certezza: l’incertezza

Proprio a proposito della perdita di importanza dei partiti tradizionali, L’Economist sottolinea come le elezioni francesi siano il segnale più chiaro di una tendenza in atto in tutta Europa: “La vecchia divisione tra destra e sinistra sta perdendo d’importanza rispetto a quella fra apertura e chiusura”.
Se cadono le divisioni classiche, però, diventa più difficile pronosticare il risultato che uscirà dalle urne. Lo evidenzia il settimanale tedesco Die Zeit, che definisce la corsa all’Eliseo “le elezioni più imprevedibili di tutti i tempi”, mentre il sito del network polacco TVN24 scrive che “ciò che è interessante è l’incertezza degli elettori riguardo la scelta da fare”. Sulla stessa linea il britannico The Observer: “Tutto è possibile nella più incerta delle elezioni, ma il Front National sarebbe la scelta più tossica”. La vittoria di Marine Le Pen è guardata in generale con una certa circospezione: “Il Front National — scrive ancora l’Economist — ha poche possibilità di ottenere la maggioranza alle elezioni legislative di giugno, anche se Marine Le Pen fosse eletta, e questo sarebbe preoccupante per il futuro dell’Europa”.
È il rischio che da noi Avvenire ha definito “spettro dell’italianizzazione”: la presenza, cioè, di un presidente non supportato politicamente dall’Assemblea nazionale che uscirà dalle urne dell’11 e del 18 giugno. Una situazione che avrebbe immediati riflessi sulla tenuta del governo francese e su quella delle istituzioni europee.

Per rimanere aggiornati sulle consultazioni francesi, continuate a leggerci. upday Italia sarà a Parigi con i colleghi di tutte le redazioni europee per seguire in diretta la corsa all’Eliseo: non perdetevi le novità in arrivo!

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