Perché il caso ‘Auschwitzland’ deve far riflettere

Il caso della maglietta che ironizza sulla più grande tragedia del Novecento non si può liquidare come uno scherzo di pessimo gusto

Enrico Codella
upday IT
3 min readOct 30, 2018

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Manifestazione a Predappio — Piero Cruciatti / LaPresse

Italia, anno 2100: aula magna di un liceo. L’argomento del giorno è l’Olocausto.

Un grande luna park. Attirava gente da ogni angolo d’Europa: uomini, donne, bambini, ma anche anziani. Non era per tutti: se si era omosessuali, ebrei e neri, però, si aveva già il biglietto in tasca. Poi si potevano incontrare anche tantissimi artisti e scrittori. Si dice che i treni per Auschwitzland non fossero mai vuoti. In più la struttura offriva un ottimo servizio: chi ci lavorava veniva a prenderti a casa, senza neanche chiedertelo. Un posto unico: pioveva cenere, eppure non c’erano vulcani nei dintorni. E non dimentichiamo l’attrazione più grande: le camere con gas esilarante. Appena arrivate, le persone venivano accompagnate nei loro alloggi. Sì, perché alcuni hanno deciso di rimanerci per anni e, addirittura, di non tornare più indietro.

Bastano pochi minuti per trasformare un’immane tragedia in un racconto tutto sommato piacevole. Immaginate se lo facessero migliaia di persone, tutte nello stesso momento. Il passare del tempo rimane il più grande nemico della verità storica. Un giorno non troppo lontano, i testimoni degli eventi tragici del Novecento non saranno più tra noi e raccontare una versione alterata o parallela dei fatti sarà sempre più semplice. I negazionisti hanno iniziato a farlo subito dopo la seconda guerra mondiale, nonostante la mole di documenti, foto e filmati che li contraddicono.

Lo spunto di riflessione parte da quello che è successo a Predappio, il luogo di nascita di Mussolini, in occasione delle celebrazioni per l’anniversario della Marcia su Roma. Una militante di Forza Nuova (poi sospesa) ha sfoggiato una maglietta in cui il nome del lager divenuto simbolo della ‘soluzione finale’ della questione ebraica, si trasforma in Auschwitzland, un parco divertimenti sul modello di Disneyland. “Humor nero’”, si è giustificata con chi le chiedeva spiegazioni.

Dall’umorismo più becero al negazionismo, tuttavia, il passo è breve.

Cosa dice la legge

In Italia, dal giugno 2016, il negazionismo è reato, un’aggravante della legge Mancino rispetto ai reati di discriminazione razziale e di stampo xenofobo. Non tutti, all’epoca, furono d’accordo. Anche diversi storici manifestarono perplessità sull’opportunità di imporre una verità “per legge”.

Il ddl targato Pd passò comunque in terza lettura e prevede pene dai due ai sei anni di carcere per chi diffonda tesi propagandistiche e antistoriche su Shoah, genocidi e crimini contro l’umanità.

La voce degli storici

La realtà dei fatti, com’è noto, è ben lontana dalla distopia iniziale, che si spera nessun figlio, nipote o nipote — tra 20, 50 o 200 anni — si sentirà mai raccontare. È importante ripeterlo, perché non venga mai dimenticato: nessuna iniziativa dedicata alla memoria va considerata superflua.

Sui numeri di Auschwitz non tutti gli storici sono concordi, visto che non sempre arrivi e decessi venivano registrati. Si stima tuttavia che furono trucidati 960mila ebrei, 74mila polacchi, 21mila rom, 15mila prigionieri di guerra sovietici e tra i 10 e 15mila cittadini di altri Paesi. Chi veniva caricato sui treni della morte, spesso, non aveva idea dell’inferno a cui stava andando incontro. Tra chi sopravviveva al viaggio di stenti, solo uno su quattro era giudicato abile al lavoro. Gli altri erano automaticamente condannati a morte, in quelle camere a gas che a pieno regime erano in grado di sterminare 15mila persone in una sola giornata. Quando i soldati russi entrarono nel campo, il 27 gennaio 1945 (proprio per quello celebriamo il ‘Giorno della memoria’ il 27 gennaio, ndr), vi trovarono 7mila persone ancora in vita. Per tutta la vita, la maggior parte di loro sarebbe stata tormentata dai sensi di colpa derivanti dalla loro condizione di sopravvissuti.

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