“Fare interaction design in Italia vuol dire provare ad avere un impatto positivo sul paese.”

Fabbì
UX Italics
Published in
5 min readJul 10, 2018

Antonio dell'Ava, 32 anni vive a Treviso, UX Engineer.

C'è sempre un "più bravo della classe”. Che tu sia alle medie, al liceo, all'Università, troverai sempre qualcuno che sembra sapere perché è lì e quale è la sua Missione.

Ho sempre creduto che Antonio fosse l’unico ad aver capito il senso del DAC, anche se non glielo avevo mai chiesto, almeno fino a qualche giorno fa, ad otto anni di distanza.

E dalle risposte che mi ha dato è sempre un “primo della classe”, solo di un’altra classe.

Ciao Antonio, partiamo da cosa fai oggi:

Faccio “coding to create” so bene che non è convenzionale ma in azienda abbiamo abolito i job title.. se devo proprio dirne uno facciamo “UX Engineer” nel significato dato da google https://design.google/jobs/ux-engineer/

Ed ora capiamo come ci sei arrivato. Perchè il DAC?

Ho fatto la triennale a Siena e mi sono trovato bene, conoscevo i professori e l’ambiente. Avevo fiducia nel progetto didattico del DAC e, in quel momento, non mi sfiorava minimamente l’idea di andare via da Siena.

Quando ti sei iscritto sapevi che cosa era l’interaction design?

Sì, la triennale mi aveva dato solide basi in merito. Penso di essere arrivato alla specialistica preparato.

Quale e’ stato il corso che ti e’ piaciuto di più?

Difficile dirlo. Mi sono piaciuti tutti. Tutti me li porto dietro ancora oggi come una cassetta degli attrezzi. Tutte le persone che ho conosciuto al DAC, professori e compagni, sono stati elemento di ispirazione. Se proprio devo dirne uno quello di scienze cognitive con il Prof. Antonio Rizzo. Sicuramente è quello che ha colto i miei interessi a 360 gradi.

E quello che ti e’ servito di più?

Sicuramente quello di produzione web. Non è un caso che oggi passi grossa parte del mio tempo lavorativo a fare interfacce web.

Raccontaci brevemente cosa hai fatto dopo la laurea, le difficolta’ che hai avuto e le soddisfazioni che ti sei preso e le motivazioni che ti hanno portato verso certe decisioni.

Dunque non è un racconto semplice e nemmeno breve, cercherò di riassumere i momenti salienti. Prima ancora di laurearmi avevo deciso di rimanere a Siena e avviare una mia azienda. L’azienda in questione In.Fact srl al momento in cui mi sono laureato era già costituita e io già lavoravo attivamente lì. Posso dire che i 4 anni in In.Fact sono stati tanto preziosi quanto pesanti. Confesso che ora, guardandomi indietro, riconosco innumerevoli scelte sbagliate, leggerezze, e comportamenti poco coerenti da parte mia. Eppure è stata un’esperienza essenziale per le competenze tecniche e per la decisionalità acquisita. Nel 2014 non ero contento di come stava andando, non mi sentivo più allineato e ho deciso di lasciare. Quel momento lo vorrei cambiare nei “modi”, ma purtroppo la storia è solo un dato da cui si può imparare.

Mi sono dedicato quindi alla libera professione.Principalmente ho continuato sulla strada delle S.P.A. (single page application) mentre vivevo a Macerata. Lì, in quel momento, con un piccolo colpo di fortuna ho conosciuto, ad un Arduinoday, Marco Focanti –– socio di extrategy –– e Francesco Trucchia ––socio di Ideato ––. Marco mi richiama pochi giorni dopo per conoscere extrategy.

extrategy è un' azienda di consulenza strategica e tecnologica per le aziende, in provincia di Ancona e si scrive tutto minuscolo..

Si. Dentro l’ufficio, a caratteri cubitali, ci sono scritti i 4 valori di extrategy: “risposta al cambiamento”, “crescita personale”, “persone e relazioni”, “consegna di valore”. Sono valori in cui mi ritrovo e che mi hanno fatto entrare subito in sintonia con quella realtà.

E sei andato a lavorare da loro?

A fine anno del 2014 inizio a lavorare con loro. A maggio 2015 decidiamo di intensificare la relazione. A novembre chiudo la partita iva e entro 100% in extrategy. Questo nonostante altre collaborazioni ottime, con Drinkout (startup incubata in H-farm) e Kwee (startup di cui sono anche socio di capitale).

Come mai hai deciso di chiudere la partita iva e diventare “dipendente”?

Ho scelto così per diversi motivi. Primo perché stimo molto tutte le persone che compongono extrategy, umanamente e professionalmente e da loro imparo su tutti i fronti.

Secondo perché mi ritrovo nei loro valori.

Terzo perché come organizzazione ha un design che spacca: hai budget per fare le conferenze, budget hardware, assicurazione medica, ampio spazio di libertà e di iniziativa personale su tutti i fronti, oltre che un grande ordine metodologico nell’affrontare il lavoro.

Quarto in extrategy non ci sono “capi” ma le decisioni si prendono in “open governance”, questo punto mi permette di essere allineato con gli obiettivi strategici dell’azienda, influenzarli e cambiare quello che non mi sta bene senza mai subire decisioni altrui.

Ultima parte della storia, extrategy nel 2016 avvia un processo di “merge” con Ideato. Questa storia è empiamente documentata su entrambi blog aziendali. Il riassunto è che abbiamo progettato insieme un’azienda nuova. Questo processo è durato 2 anni ed è stato facilitato da Cocoon Project. La conclusione è che dopo un processo durato 2 anni saremo presto una realtà unica.

Sembra che tu abbia trovato la tua dimensione, ma dimmi quanto è cambiata l’idea che avevi sull’Interaction Design dall’Università al lavoro?

E’ cambiata. Le conoscenze che ho maturato sono state tutte utili ma il lavoro ha aggiunto altri aspetti. Per esempio: come funziona un’azienda e come in un' azienda si prendono le decisioni.

Ho imparato a lavorare per obiettivi di business, perché l’utente va soddisfatto al 100%, ma, se il business non funziona non c’è prodotto, non ci sono soldi per designer o sviluppatori e non ci sono utenti da soddisfare.

Il perché ovviamente è che all’università “lavori gratis” su esercizi “finti” perché devi imparare, quindi non conta la marginalità sul tuo lavoro, non conta l’obiettivo di business del progetto perché tutto questo semplicemente non c’è.

E quindi, cosa è l’Interaction Design per te?

Prendere decisioni sul comportamento e sul design di un’interfaccia in funzione di obiettivi.

E cosa vuol dire farlo in Italia?

Vuol dire provare ad avere un impatto positivo sul paese.

Wow. Sapevo che avevi una Missione, ma questa risposta è comunque forte..

Mi piacerebbe un’evoluzione della consapevolezza sul software nelle aziende. Mi spiego: ad oggi mi capita spesso che chi prende decisioni nelle aziende ha un un’idea molto vaga di come si fa software, arriva e chiede, anche giustamente, che le sue parole diventino software funzionante.

Ma non è esattamente così che funziona, vero?

Il codice funzionante è “un side effect di un processo di apprendimento” (cit. Alberto Brandolini). Dove l’apprendimento può richiedere del tempo e lo sforzo di mettere in discussione le proprie convinzioni.

Ti vedi ancora in extrategy tra 5 anni?

Si, ho già cambiato abbastanza.

Hai mai pensato ad una fuga all’estero?

Sì, ma in realtà per me le due cose, lavoro ed estero, sono disgiunte: ho un contratto di lavoro che mi permette di lavorare da qualsiasi parte del mondo. Io sto a Treviso e lavoro da casa, il lavoro da remoto per noi è una regola ormai più che un’eccezione.

Bhè, che dire? Da questa intervista sono usciti un sacco di spunti interessanti ed immagino che extrategy riceverà qualche cv in più, c’è qualcosa che vuoi aggiungere?

Approfitto per ricordare il workshop sui design system che organizziamo! https://www.eventbrite.it/e/biglietti-design-systems-workshop-with-alla-kholmatova-44629570246

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Se non lo avete capito, Antonio dell’Ava lavora per extrategy come UX Engineer, Si occupa di definire l’interfaccia e svilupparne i comportamenti partendo da una prospettiva user centered. È anche un atleta di mezzofondo sempre pronto alla gara.

Quando non corre potete trovarlo su Linkedin.

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