“La vera sfida è proprio quella di riuscire a trovare il modo di lavorare bene nel proprio paese”

marcello
UX Italics
Published in
4 min readOct 10, 2019

Stefano Paolessi, 32, Chianciano Terme (SI), Web Developer e Web Marketing specialist

Stefano al DAC non sembrava cercare validazione e riconoscimento da parte dei docenti e degli altri studenti. Era uno dei pochi personaggi miti e silenziosi del gruppo, ma allo stesso tempo una figura di riferimento per chiunque avesse un problema o volesse un consiglio, soprattutto per i corsi più tecnici. Come vedremo, il suo percorso riflette bene il suo modo di fare le cose, di vedere l’interaction design e di non aver paura di sporcarsi le mani con qualcosa di nuovo.

Ciao Stefano, raccontaci un po’ come sei arrivato al DAC

Durante la triennale in Tecnologie della comunicazione, all’Università di Siena mi sono avvicinato all interaction design grazie ad alcuni esami che mi hanno incuriosito e spinto ad approfondire la materia. Per esempio ricordo quello di Programmazione ad oggetti, quello di Grafica ma anche quello di Psicologia come corsi che mi hanno dato una direzione specifica. Da lì la mia scelta di continuare il percorso intrapreso durante la triennale con il DAC è stata naturale.

Quindi ti sei iscritto che già sapevi che cosa era l’interaction design

Esatto, io avevo un’infarinatura di base derivata da questi esami. A quel punto la specialistica è stata coerente soprattutto per quanto riguarda l’approccio allo studio della materia. Ho avuto la sensazione di essere già abituato ad un certo stile di studio e lavoro.

Fra i corsi fatti quale e’ stato il corso che ti è piaciuto di più?

Sicuramente quello di Produzione Video, innanzitutto per la natura creativa della materia, e poi per l’approccio di Nicola Raggi, un amico più che un docente. Trovo sia stato fenomenale nell’insegnamento della materia, ci ha creato un bel percorso mantenendo un grande equilibrio fra parte teorica e quella pratica. E da quel momento non ho più abbandonato la passione per la fotografia.

Mentre qual e’ stato quello che ti e’ servito di più?

Quello di Physical Computing tenuto da Giorgio Oliviero, mi ha dato una base e un metodo di approccio alla programmazione, una cosa che non ho avuto in nessun altro corso. Considerando che in questo momento mi sto muovendo nello sviluppo di software gestionali direi che è stato il più importante per il mio lavoro.

A posteriori come valuti il percorso nel suo complesso?

Specializzarmi sull interaction design è stata una buona scelta, una volta arrivato alla laurea sapevo bene come affrontare un problema e trovare una soluzione usando gli strumenti giusti. Probabilmente avrei preferito ulteriore approfondimento sulle materie più informatiche, anche considerando quella che è la mia realtà lavorativa, come dicevo prima.

E una volta uscito dall’Università invece?

Per un primo periodo ho gestito il sito di un’agenzia di viaggi, allo stesso tempo ho curato lo sviluppo di alcune app Android. In seguito sono entrato in una web agency MG Group Italia in cui inizialmente sono stato assunto come grafico per poi spostarmi su progettazione e sviluppo web e apprendere SEO e online Advertising. Fra le altre cose ho tenuto un corso di comunicazione all’interno di Confindustria per circa 8 mesi.

Un percorso molto eclettico, cosa ti ha portato a lavorare in ruoli così apparentemente diversi?

Tutto parte dalla mia curiosità, dalla voglia di risolvere un problema imparando qualcosa di nuovo e arricchendo la mia esperienza. Ho lavorato in contesti in cui improvvisamente ci si è ritrovati a non avere una competenza specifica nel team, a quel punto ho avuto lo slancio per migliorarmi e allo stesso tempo accrescere le capacità del team in cui lavoravo di volta in volta.

Visto il tuo percorso avrai avuto modo di vedere le cose da diverse prospettive, la cosa ha cambiato il tuo modo di intendere l’Interaction Design?

No, già sapevo che in Italia poche persone sanno di cosa si tratta e in molti ne parlano senza veramente avere le competenze. In questi anni ho incontrato presunti esperti che in molti casi progettavano esclusivamente per loro stessi. Credo di sapere in che cosa comporti un buon processo di design e reputo che sia l’unico modo per progettare un buon prodotto, sfortunatamente questo processo a volte viene tralasciato.

Ora che cosa intendi quindi con Interaction Design alla luce delle tue esperienze?

Progettare un prodotto in modo che risponda alle esigenze e ai bisogni dell’utente che lo andrà ad utilizzare.

Quindi fare Interaction Design in Italia oggi cosa significa, secondo te?

Significa che devi faticare molto, devi impegnarti tutti i giorni per far capire quando sia importante il nostro lavoro. Troppo spesso vengono prese delle decisioni di sviluppo che si concentrano sulla velocità, dando la priorità a risparmiare sui tempi. Non si investono le dovute energie per studiare soluzioni migliori che si rivelerebbero più convenienti nel lungo periodo. Insomma, credo che non ci sia una visione a lungo termine del prodotto a cui si sta lavorando.

Non hai mai avuto la curiosità’ di provare un’esperienza all’estero?

Qualche volta ci ho pensato soprattutto perché credo che troverei persone veramente interessate a questa professione. Allo stesso tempo forse non riesco a dare una risposta razionale a questa domanda. Non sarei onesto se tralasciassi che buona parte delle scelte è stata giocata dagli affetti. Passando oltre credo che un’altra componente sia stata la sfida nel cercare di percorrere una strada solo apparentemente più facile. La vera sfida è proprio quella di riuscire a trovare il modo di lavorare bene nel proprio paese.

Ora ti facciamo la classica domanda da colloquio: dove ti vedi fra 5 anni?

Mi piacerebbe molto avere un’azienda gestita da me, magari insieme ad un team di altre persone. Non mi discosterei molto dal mio attuale lavoro, mi piacerebbe avere pochi grandi progetti a cui dedicare tutto il tempo necessario, curandone gli aspetti più critici con i tempi dovuti. Credo che però più andrò avanti e più mi slaccerò dalla programmazione.

Con stefano ci risentiamo fra 5 anni, nel frattempo lo potete trovare qui

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