Design e Intelligenza Artificiale: nuovi metodi a prova di futuro

UX Talks: Roberta Tassi

Team UX Tales
UX Tales
6 min readSep 23, 2020

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Roberta Tassi è un’esperta di service design, autrice e curatrice del sito Service Design Tools (una fantastica raccolta di strumenti utili per i service designers, lanciata nel 2009), fondatrice e Design Lead dello studio oblo a Milano e autrice dell’indispensabile libro Service Designer (pubblicato da Franco Angeli, 2019). Ha contribuito alla nascita di IO, l’app per accedere ai servizi pubblici, lavorando nel Team Digitale del Governo. Roberta, che ha maturato una solida esperienza anche durante alcuni anni di lavoro in frog design, è docente presso il Politecnico di Milano e tiene lezioni in diversi altri istituti di design.

Il prossimo 2 ottobre, insieme alla sua collega Yulya Besplemennova, Roberta aprirà l’edizione 2020 di Intersection Conference, con uno speech dal titolo “Future AI Experiences”: fortemente incuriositi dall’argomento, abbiamo deciso di farle qualche domanda e ne è uscita l’intervista che segue.

Interfacce e servizi invisibili, tra comandi vocali, oggetti interconnessi e intelligenza artificiale: come vedi l’evoluzione che ci si sta proiettando davanti?

Ci prepariamo a un nuovo ciclo di trasformazione. Quando le interfacce digitali sono diventate una componente indispensabile per l’erogazione dei servizi, rendendoli sempre più a portata di mano, efficaci e personalizzati, le organizzazioni si sono man mano dovute dotare di nuovi touchpoints. Inserire e gestire un nuovo strumento di relazione ha spesso reso necessario ripensare il funzionamento dell’intero servizio, attraverso tutti i suoi canali e processi interni, innescando il percorso di trasformazione digitale ora giunto a una fase di maturità. Nuove competenze sono entrate nelle organizzazioni per fronteggiare la trasformazione, in particolare figure con capacità di analisi e definizione di processi, design thinking e progettazione-sviluppo di prodotti digitali. Guardando al futuro, la possibilità di progettare ecosistemi basati sull’utilizzo di intelligenze artificiali ci porta ad immaginare un’esperienza di servizio in cui potenzialmente l’interfaccia (digitale o fisica) scompare del tutto. Un assistente intelligente può infatti sostituire l’utente nell’interazione con il servizio e anche gli operatori del servizio possono diventare parzialmente o interamente artificiali. In modo simile a come è avvenuto con l’introduzione del digitale, l’intelligenza artificiale porta a mettere in discussione l’esistenza del servizio e il suo funzionamento, trasformando la relazione con l’utente e il modo stesso in cui l’organizzazione opera.

Quale sarà l’impatto pratico per i designer?

Finora la progettazione dei servizi, per loro natura immateriali e intangibili, è stata ampiamente guidata dalla progettazione delle loro interfacce. Come designer, visualizziamo e prototipiamo i singoli touchpoints per spiegare come il servizio funziona, immaginare l’esperienza desiderata e definire nel dettaglio logiche e flussi di interazione. Quindi la prima sfida è senz’altro quella di progettare un servizio che non ha interfacce: quali strumenti diventeranno indispensabili e quali nuove pratiche emergeranno? C’è inoltre un tema di competenze: per progettare questo tipo di servizi e ecosistemi non è sufficiente conoscere l’approccio human-centered e saperlo applicare, andando a definire nuovi journey. Sarà sempre più necessario sviluppare una comprensione approfondita dei comportamenti umani e dell’impatto potenziale di ciascun intervento progettuale nell’andare a modificare o dare forma a nuovi comportamenti. Questo tema tocca aspetti di carattere cognitivo relativi alle capacità del singolo individuo, che sempre di più avrà la possibilità di delegare una serie di azioni e attività, fino ad aspetti di carattere antropologico e sociologico, in uno scenario in cui le logiche dei servizi AI-based potrebbero aumentare esponenzialmente il divario sociale già marcato dagli strumenti digitali. Il designer dovrà conoscere questi aspetti e farsi promotore di una progettazione consapevole e attenta alle conseguenze, nel breve e lungo termine.

Ci sono anche implicazioni etiche, legate a questi contesti in divenire?

Quando parliamo di intelligenze artificiali parliamo di tecnologie che possono avere un notevole impatto sulla vita delle singole persone, ma anche sulle relazioni tra individui e sullo sviluppo stesso della società e del pianeta. Le implicazioni etiche sono tante: riguardano, ad esempio, la possibilità di aumentare le capacità umane senza mettere a rischio l’autonomia, libertà della scelta e possibilità di prendere decisioni imparziali, così come la necessità di costruire logiche che non siano basate su pregiudizi sociali. I servizi che si basano sulle intelligenze artificiali dovranno rispettare i dati privati, ma anche essere realizzati in modo sostenibile dal punto di vista ambientale. Proprio per questi motivi, è necessario sviluppare una nuova grammatica, che metta il designer nelle condizioni di considerare tutte le variabili coinvolte.

Quali caratteristiche specifiche dovrebbe avere una grammatica progettuale pensata per affrontare meglio queste problematiche?

Innanzitutto c’è la necessità di imparare a gestire una serie di nuove componenti nella formulazione del progetto di servizio: gli elementi-base della nuova grammatica. Alcuni riguardano lo svolgimento della relazione tra utente e intelligenza nel tempo: meglio una relazione che dura il tempo di una transazione, la stessa per tutti, o viceversa costruire una relazione di lungo periodo in grado di raggiungere livelli di personalizzazione altissimi? Un altro tema è la personalità: l’intelligenza si comporta sempre nello stesso modo o è possibile scegliere tra diverse varianti a seconda dell’esperienza che l’utente desidera avere? Già incrociando queste variabili emergono scenari di diverso tipo. C’è inoltre un tema di vicinanza, ovvero decidere dove il servizio si posiziona tra due polarità: quella dell’assistente personale e dell’ecosistema distribuito.

In aggiunta a tutto ciò, è opportuno elencare e descrivere una serie di principi più generali, volti ad ispirare una formulazione consapevole dei modelli di servizio possibili. Tra questi alcuni sono legati a un ambito funzionale, come il principio di affordance (la necessità di dare evidenza e feedback rispetto alle azioni svolte) e agency (la libertà di uscire dal servizio senza conseguenze per l’utente, e la gestione degli errori), altri fanno riferimento ad aspetti estetici, come la condivisione di valori (allineamento etico e valoriale tra l’utente e il servizio) o l’atmosfera (l’apparenza e il carattere con cui il servizio si presenta).

Se il contesto si evolve velocemente, allora anche tali framework dovranno essere costantemente aggiornati?

In realtà le linee-guida a cui faccio riferimento hanno una radice storica nel campo dello human-computer interaction: sono ispirate ai principi descritti da Don Norman per la progettazione di interfacce usabili. Questi principi erano già stati ripresi in relazione alla progettazione di servizi da Elena Pacenti, nella sua tesi di dottorato (1998, Linee Guida per la Progettazione dei Servizi, Politecnico di Milano). Rileggendo questi principi ora, mi sono resa conto che molti temi erano già stati ampiamente previsti e descritti, però forse nel tempo li avevamo un po’ dimenticati. Concentrati sull’industrializzazione delle pratiche di progettazione di servizi digitali, alcuni temi, soprattutto di carattere funzionale, hanno avuto grande priorità. Ora la prospettiva di una nuova generazione di servizi AI-based ci porta a riconsiderare queste linee-guida, offrire nuovi spunti di interpretazione e valorizzare la dimensione estetica della progettazione.

Gli strumenti e le variabili da considerare si evolvono e evolveranno costantemente per accogliere man mano nuove tecnologie e sfide progettuali, ma la filosofia e l’approccio che guida la progettazione dell’interazione uomo-macchina rimangono una risorsa solida a cui attingere.

Quali saranno i tuoi prossimi passi?

I ragionamenti che ho raccontato sono maturati con Yulya Besplemennova, in parte nel corso di un progetto di visione svolto lo scorso anno per uno dei più grandi player mondiali nel mondo della tecnologia, in parte tramite i nostri percorsi di ricerca personali, alcuni raccontati all’interno del libro Service Designer. Nel corso del 2020 abbiamo inoltre coordinato un’attività di ricerca con il team di Service Design Tools, volta a costruire una sorta di inventario degli strumenti esistenti per la progettazione di servizi AI-based. Dobbiamo ancora pubblicare i risultati di quella ricerca, che rappresenta dal nostro punto di vista un contributo importante per la creazione di una cultura progettuale sul tema.

Più in generale, il nostro obiettivo è sempre quello di farci portatrici di un approccio umano e attento alle esigenze di tutti nei ragionamenti legati all’evoluzione dei servizi: le tecnologie esistenti e emergenti possono portare gli individui, la società e il pianeta in diverse direzioni. Per noi, con il nostro studio oblo, è importante contribuire all’individuazione di una strada in grado di generare impatti positivi a tutti i livelli.

Intervista a cura di Michele Zamparo.

Storie di design, esseri umani e interazioni.

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