Mafia Capitale, tutto quello che c’è da sapere su inchiesta e processo

Valigia Blu
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5 min readJul 20, 2017

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[A cura di Andrea Zitelli]

Aggiornamento 23 settembre 2019: I giudici della Corte di Cassazione hanno ribaltato il verdetto d’appello e stabilito che l’organizzazione a delinquere capeggiata da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi non è stata un’associazione di stampo mafioso ma un’associazione a delinquere ‘semplice’, scrive Ansa. Per questo motivo, la pena andrà ricalcolata in un nuovo processo di appello.

Aggiornamento 11 settembre 2018: Nel processo al “Mondo di mezzo”, la terza corte di appello di Roma ha ridotto le condanne per Massimo Carminati (dai 20 anni del primo grado a 14 anni e sei mesi) e Salvatore Buzzi (dai 19 anni ai 18 anni e 4 mesi) ma ha riconosciuto l’associazione mafiosa, ribaltando quanto deciso in primo grado.

Aggiornamento 20 luglio 2017: In primo grado, il tribunale di Roma ha condannato Massimo Carminati a 20 anni di carcere e Salvatore Buzzi a 19 anni. Cade l’accusa di associazione mafiosa per 19 imputati del processo a mafia capitale, tra cui anche i presunti capi Carminati e Buzzi. In totale sono stati inflitti quasi 290 anni di carcere a 41 dei 46 imputati del processo (qui tutte le condanne nel dettaglio).

Abbiamo ricostruito le tappe più importanti dell’inchiesta e del processo sull’ipotetica presenza di un’associazione mafiosa romana che faceva affari con soldi del Comune di Roma.

L’indagine ‘Mafia Capitale’, come nasce e di cosa tratta

L’indagine che scoperchia il cosiddetto “Mondo di mezzo” ha origini nel 2011. L’oggetto dell’inchiesta della procura di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone, è la presunta attività criminale di un gruppo di persone attive sul territorio romano. La novità eclatante è che per gli inquirenti si tratta di un’associazione mafiosa dedita al controllo di appalti e finanziamenti pubblici del Comune di Roma e delle municipalizzate nell’ambito, tra le varie cose, della raccolta rifiuti e realizzazione di campi di accoglienza.

Dicembre 2014, prima fase dell’inchiesta: gli arresti e i vertici di “Mafia Capitale”

I primi di dicembre vengono arrestate 37 persone, 39 indagate e sequestrati beni per 200 milioni di euro. Oltre all’associazione a delinquere di stampo mafioso, vengono contestati anche i reati di estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e altri. A capo dell’organizzazione i pubblici ministeri considerano Massimo Carminati, ex esponente del gruppo eversivo neofascista NAR, detto “Er Cecato”, suo vice sarebbe Salvatore Buzzi, ex presidente della Cooperativa 29 giugno. Tra i fermati ci sono manager pubblici e politici capitolini.

Fra gli indagati, spicca il nome di Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, a cui viene inizialmente contestato reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, accusa poi tramutata, a fine indagini, in quella di corruzione e finanziamento illecito. Alemanno, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto 125 mila euro, in gran parte attraverso la sua fondazione “Nuova Italia”, da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.

Giugno 2015, seconda fase: gli affari illeciti nella gestione accoglienza migranti

Il 4 giugno scorso scatta una nuova operazione che porta a 44 arresti e 21 indagati nel Lazio, ma anche in Umbria e in Sicilia. Le accuse vanno dall’associazione di tipo mafioso, alle false fatturazioni, passando per la turbativa d’asta, la corruzione e il trasferimento fraudolento di fondi di denaro. Tra le persone coinvolte ci sono consiglieri comunali, regionali, dirigenti e manager di cooperative. Ad emergere in particolare in questa seconda fase dell’indagine gli affari illeciti nel mondo dell’accoglienza dei migranti.

Novembre 2015, via al “maxi-processo”

Il 5 novembre scorso inizia il maxi-processo a “Mafia Capitale”. Davanti al giudice sono comparsi 46 imputati, 19 dei quali accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso (416 bis). Carminati era collegato in videoconferenza dal carcere dove si trova al regime del 41bis. In due momenti diversi Buzzi ha chiesto di patteggiare, ma la Procura ha negato questa possibilità: «Nel corso degli interrogatori non ha collaborato».

Alcuni giorni prima, 4 imputati che avevano chiesto di essere giudicati con rito abbreviato sono stati condannati, con pene tra i 4 e i 5 anni. A uno di essi è stata anche riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso (in appello, poi, le pene vengono ridotte e cade l’aggravante del metodo mafioso contestata dai pm romani a Emilio Gammuto, ex collaboratore di Salvatore Buzzi).

Gennaio 2016, condanne per i primi politici coinvolti nell’inchiesta

Nei primi giorni del 2016, in uno stralcio del processo legato a “Mafia Capitale”, vengono condannati in primo grado con rito abbreviato l’ex assessore alla Casa della giunta Marino, in quota Partito democratico, Daniele Ozzimo (2 anni e 2 mesi ) e Massimo Caprari, ex consigliere comunale di Centro democratico (2 anni e 4 mesi). Entrambi erano accusati di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.

Luglio 2016, chiusa la terza fase dell’inchiesta

La Procura di Roma notifica 28 avvisi di conclusione delle indagini. Tra le persone raggiunte dal provvedimento (che rischiano un rinvio a giudizio e quindi un processo) ci sono esponenti politici, amministratori locali e funzionari pubblici (in alcuni casi già imputati nel maxi-processo). Tra i nomi nuovi ci sono quelli dell’ex capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale, Francesco D’Ausilio e l’ex capogruppo al consiglio regionale del Lazio, sempre del Pd, Marco Vincenzi. I fatti, scrive l’Ansa, “risalgono al periodo compreso tra il 2011 e fine 2014. Tra i reati contestati, a seconda delle posizioni, corruzione, turbativa d’asta, rivelazione di segreto d’ufficio e finanziamento illecito ai partiti”.

Circa 6 mesi dopo queste richieste, a dicembre, i pm romani chiedono altri 24 rinvii a giudizio per funzionari, carabinieri e politici che, secondo l’accusa, si sarebbero fatti corrompere da Buzzi e Carminati.

Ottobre 2016, la procura di Roma chiede l’archiviazione per 116 persone

I pm romani chiedono al giudice delle indagini preliminari (gip) di archiviare la posizione di 116 persone — tra cui anche il presidente della Regione Lazio, Gianluca Zingaretti– accusate da Salvatore Buzzi durante i suoi interrogatori. “L’ufficio ha effettuato approfondimenti in merito alle dichiarazioni [ndr di Buzzi] e l’esito è stato negativo”, scrivono i magistrati romani nelle carte inviate al gip, riporta Repubblica. Sullo stesso quotidiano, in un secondo articolo, si leggono alcune precisazioni dei pm sulla richiesta di archiviazioni, in cui viene chiarito che per qualche indagato si tratta solo di alcune contestazioni di reato mentre altre restano in piedi.

La richiesta di archiviazione della Procura di Roma viene poi accolta dal gip quattro mesi dopo (lo scorso febbraio) per 113 posizioni su 116.

La richiesta di condanna della Procura, le risposte delle difese

Dopo oltre 200 udienze, a fine aprile, al termine della requisitoria al maxi-processo, i pubblici ministeri romani chiedono di condannare Massimo Carminati (a 28 anni di carcere) e Salvatore Buzzi (a 26 anni e tre mesi), ritenuti al vertice della presunta organizzazione mafiosa romana. In totale vengono chiesti dai pm 515 anni di carcere per i 46 imputati.

Per la difesa di Massimo Carminati si tratta invece di «un processo fatto di mistificazioni e di frasi a effetto»: «l’associazione di stampo mafioso è insussistente».

Gli avvocati di Salvatore Buzzi sostengono, durante l’arringa difensiva, che il loro assistito debba essere condannato solo per corruzione e non anche per il reato di associazione di stampo mafioso: «[ndr I pm] Avevano per le mani un reo confesso come Buzzi, pronto ad aprire la storia delle corruzione e spiegare come funzionava il sistema degli appalti e le spartizioni a livello politico. (…) lo hanno liquidato come non credibile costruendo un mostro di processo che alleggia sotto l’accusa del 416bis che non c’è».

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