Spagna: chi è Albert Rivera, il ‘Podemos di destra’ che piace alla gente e alle banche

Marco Nurra
Valigia Blu
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7 min readDec 21, 2015

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[Aggiornamento — 21 dicembre: Analisi dei risultati elettorali]

Il 2015 è stato un anno di rottura per il sistema politico spagnolo. L’irruzione di Podemos e dei movimenti cittadini, la caduta del bipartitismo in molti comuni e l’inizio di una politica di alleanze tra “vecchi” e “nuovi” partiti sono elementi che hanno contribuito a creare un contesto elettorale inedito e incerto. C’è però un grande protagonista di cui si è parlato poco in Italia, il suo nome è Albert Rivera ed è il segretario di Ciudadanos (C’s), un partito nato nel 2006 in Catalogna (sotto il nome “Ciutatans”), che ha dato il salto di categoria quest’anno presentandosi alle elezioni generali del 20 dicembre.

Sempre preciso nei suoi interventi televisivi e determinato nei dibattiti, il “campione di oratoria” Albert Rivera è l’uomo del momento in Spagna. Negli ultimi sei mesi sondaggisti, analisti e editorialisti gli sono stati favorevoli, accompagnandolo per mano in una scalata verso la vetta che fino a poco tempo fa era impensabile. In meno di un anno Ciudadanos non ha solamente raggiunto e superato Podemos nei sondaggi, ma è riuscito a impadronirsi di alcuni dei suoi elementi indentitari più importanti (la novità, l’onestà, l’innovazione, il curriculum accademico dei candidati, la lotta contro un vecchio modo di fare politica, o la pretesa di essere un partito post-ideologico). A tal punto da adottarne persino il linguaggio: la parola “casta”, un’eredità dei giornalisti del Corriere della sera, Rizzo e Stella, che Pablo Iglesias ha introdotto nei salotti televisivi spagnoli, è entrata a far parte del lessico di Albert Rivera fin da subito.

Chi è Albert Rivera

Aveva solo 26 anni quando nel 2006, occupando l’incarico di presidente del partito, è stato eletto per la prima volta nel Parlamento Catalano. I giornali locali in quei giorni erano alle prese con il ritratto di un giovane avvocato ventenne, sconosciuto e senza esperienza politica, leader del primo partito catalano contrario all’indipendentismo.

La leggenda racconta che se Albert Rivera si fosse chiamato “Jordi”, per esempio, non sarebbe mai diventato il politico che è oggi. Tornando indietro di una decade scopriamo infatti che durante il congresso costituente di Ciudadanos si presentarono 15 candidati alla guida del partito e che la scelta fu affidata all’alfabeto, eleggendo i primi due nomi della lista: Albert Rivera, come Presidente, e Antonio Robles, come Segretario Generale. Che quella lista fosse ordinata per nome e non per cognome è una delle (tante) ragioni per cui oggi stiamo parlando di lui.

A 30 anni la sua abilità oratoria, che già gli era valsa il primo premio nazionale dei campionati universitari in questa disciplina, lo ha portato per la prima volta davanti alle telecamere della televisione spagnola: non come deputato catalano, ma come giudice di un programma nel quale i concorrenti si sfidavano in uno scontro retorico.

Essere capace di difendere una scelta argomentando i vantaggi e le ragioni e, pochi minuti dopo, sostenere una posizione totalmente contraria (una delle prove dei campionati d’oratoria) è un’abilità che ha permesso a Rivera di sviluppare una profonda empatia, perché consente di mettersi nei panni dell’altro e capire quali siano le sue esigenze… O almeno questo è ciò che scrivono i biografi più vicini al giovane avvocato catalano. In realtà, se abbandoniamo la narrazione propagandistica del candidato empatico capace di ascoltare i cittadini, il suo uso delle arti retoriche è molto più pragmatico.

Il primo faccia a faccia televisivo con Pablo Iglesias è stato una vera e propria dimostrazione di forza, che ha consacrato Rivera come vincitore indiscusso, anche agli occhi di molti simpatizzanti di Podemos. In altre occasioni il politico è stato sorprendentemente abile nel difendere scelte che contraddicevano i principi fondamentali del partito su terreni scivolosi come trasparenza, evasione fiscale e legalità. Con la benedizione della stampa cartacea, sempre severa con Podemos, ma disposta a chiudere un occhio pur di non mettere in difficoltà Ciudadanos.

Oggi, a 36 anni, Rivera è il politico più giovane che corre per la presidenza, rubando questo primato a Iglesias che ne ha 37. Un dato anagrafico coerente con gli elementi identitari del partito stesso: una squadra di giovani spagnoli, patriottici, preparati, che propongono un cambiamento sensato per il paese e una soluzione anti-indipendentista al problema catalano. Durante un’intervista televisiva il candidato di Ciudadanos ha espresso la propria convinzione che il cambiamento debba essere guidato da persone nate durante la democrazia, con meno di 40 anni quindi.

Un partito vecchio che dice di essere “nuovo” e “giovane” promette di cambiare le cose in un paese oppresso dalla disoccupazione e dalla corruzione.

Il partito anti-casta che piace alla casta

Nell’estate del 2014, quando Pablo Iglesias godeva della fama internazionale che gli avevano proporzionato i risultati delle elezioni europee di maggio, molte persone di classe medio-alta e ideologia liberista osservavano con preoccupazione il proprio partito di riferimento (il PP) sgretolarsi a causa di tensioni interne e scandali di corruzione.

Alcuni impresari della borsa spagnola mettevano in guardia rispetto al nuovo partito, ma allo stesso tempo manifestavano il bisogno di un cambiamento. L’esempio più eclatante di questa esigenza della classe alta è la dichiarazione fatta in quei mesi da Josep Oliu, presidente del Banco Sabadell, cattedratico e influente economista. Secondo Oliu era necessario «creare una sorta di Podemos di destra», orientato alla difesa dell’iniziativa privata e dello sviluppo economico delle imprese, da contrapporre al Podemos originale, percepito come un nemico di questi principi.

Ciudadanos è stata la risposta a questo bisogno latente e, sebbene il presidente del Banco Sabadell abbia sempre negato una relazione diretta con il partito, quella dichiarazione è stata usata più volte da Pablo Iglesias per accusare il suo rivale di essere il protettore degli interessi della casta, affibbiandogli il soprannome di “Partito dell’IBEX-35” (il partito delle imprese quotate in borsa).

Ogni volta che l’argomento viene tirato in ballo, Albert Rivera non si scompone, incassa, sorride e dichiara di essere contento che, oltre a piacere alla gente, il suo partito convinca gli imprenditori più importanti del paese: «vuol dire che le nostre proposte sono sensate», ha dichiarato durante il dibattito a due con il numero uno di Podemos.

Il partito di centro che piace alla destra

Il cambiamento è urgente ma va fatto responsabilmente, partendo da questa réclame Ciudadanos ha messo in campo una vera e propria contro-narrativa a Podemos e al suo “¡Sí se puede!”. Vedendo l’evoluzione dei sondaggi da gennaio a oggi viene da chiedersi se quello di Albert Rivera sia effettivamente un “partito anti-Podemos”. O, come sostengono alcuni, un “Podemos di destra”.

L’esigenza di un cambiamento introdotta nell’agenda politica da Podemos ha obbligato i “vecchi” partiti a rinnovarsi, almeno nelle apparenze, ma ha anche incontrato il consenso in una larghissima fetta di elettorato, sia destra che a sinistra. La formazione di Pablo Iglesias però è sempre stata considerata troppo radicale dall’elettorato conservatore. Ciudadanos ha occupato uno spazio neutro dove Podemos non era capace di consolidarsi, offrendo un cambiamento senza scossoni agli elettori moderati delusi dalla politica ma spaventati dall’idea di votare per la “sinistra estrema”.

Il dibattito sull’appartenenza ideologica di Ciudadanos ha occupato per mesi le pagine dei giornali ed è stato oggetto di numerosi talk show politici. Si presenta come un partito di centro, sebbene il suo arrivo sia stato accolto con un sospiro di sollievo dalla destra.

L’ambiguità di Ciudadanos (per usare un eufemismo) è palese sia nelle dichiarazioni dei suoi leader che nelle alleanze, che hanno permesso la nascita di governi di centro-destra e centro-sinistra, dipendendo dalle regioni e dai seggi a disposizione. Dando un colpo al cerchio e uno alla botte, è il partito che più di tutti ha fatto suo il ritornello “né di destra, né di sinistra”, definendosi così ogni volta che ne aveva la possibilità: “liberista in campo economico e socialdemocratico nel sociale”.

Il centro è una sacca di elettorato alla quale ambisce qualsiasi formazione (anche Podemos), è lo spazio politico nel quale si situano gli elettori più indecisi, ma è anche una posizione comoda che permette di espandersi verso destra e verso sinistra nell’asse orizzontale ideologico.

Il principio d’indeterminazione controllata sul quale si regge il gioco di Ciudadanos crolla, però, sotto il peso di alcune delle sue proposte in campo economico e sociale: agevolare i licenziamenti e introdurre un contratto unico a tempo determinato, eliminare le leggi in materia di violenza sulle donne (secondo il partito “la violenza non ha sesso”), o negare l’accesso alla sanità pubblica ai sinpapeles (senza documenti). La presunzione di essere una formazione post-ideologica è smentita anche dai fatti: Ciudadanos è contrario alla rimozione di targhe, vie e simboli franchisti e, sebbene questa posizione sia in contraddizione con la già esistente “Legge di Memoria Storica”, il partito è stato contrario (o si è astenuto) in tutti i comuni nei quali si è votato per applicare questa legge.

Cosa succederà dopo le elezioni

Per mesi Ciudadanos ha dichiarato che non avrebbe mai dato il suo sostegno al Partido Popular, né sarebbe entrato a far parte di un governo vinto da un altro schieramento. In un’intervista a Marisa Gallero, per il libro “Ciudadanos — Deconstruyendo a Albert Rivera”, diceva: «Non sarò un invitato di pietra nel governo di Barcenas» (il tesoriere del PP, al centro del grande scandalo di corruzione che ha investito il partito di Mariano Rajoy nell’ultimo anno). E ancora: «Se continua Rajoy, è lo stesso Rajoy del Partido Popular degli ultimi 20 anni. Bisogna aprire una nuova tappa politica di credibilità, non possiamo mantenere gli stessi attori».

Posizione questa ripetuta più volte con l’obiettivo di controbattere a chi lo accusava di essere la stampella di un centro-destra acciaccato dagli scandali di corruzione, dagli arresti, dalle indagini e dai dati economici. Ma l’ultima dichiarazione politica di Albert Rivera prima del silenzio elettorale ha tolto ogni dubbio: se vince il PP, Ciudadanos si asterrà e lo lascerà governare. E se sarà necessario voterà contro qualsiasi alleanza che includa Podemos. Che tradotto dal politichese significa che se Albert Rivera non sarà eletto presidente, agevolerà il governo dei “vecchi” partiti.

È Ciudadanos il “partito anti-Podemos”? Lo scopriremo presto.

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