Il fascino immortale del capolavoro

Caterina Longo
venti3
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3 min readDec 29, 2020

Il Louvre di Parigi ha messo all’asta un’esperienza esclusiva con la Monna Lisa

Leonardo da Vinci, Monna Lisa (La Gioconda), 1505–1514, olio su tavola, 77 x 53 cm.
Parigi, Museo del Louvre

Quasi centomila dollari per ammirare da vicino la Gioconda, nel silenzio. Niente code, niente folle in pellegrinaggio col telefonino sguainato. E’ recente la notizia che il Museo del Louvre di Parigi ha messo all’asta un’esperienza esclusiva, poter vedere il capolavoro leonardesco da vicino durante il controllo annuale da parte degli esperti del museo. Quindi senza barriere e senza il vetro protettivo che separa(-va, prima del Covid) la Monna Lisa dai 30.000 visitatori e visitatrici giornaliere. Cosa può spingere ad offrire 98.000 dollari per guardare un dipinto, che, proprio perchè il più celebre e conosciuto al mondo, è anche il più riprodotto e “visibile”? Forse il fascino auratico che la presenza reale, fisica, del capolavoro ha sempre esercitato sull’immaginario collettivo. O anche la sua assenza. Più di cento anni fa, nell’agosto del 1911 erano in tanti in fila al Louvre. Per vedere la Monna Lisa? Macchè. Per vedere il vuoto lasciato dalla Monna Lisa.

Il dipinto era stato infatti rubato nel Salon Carré del Louvre, in cui era esposto, da Vincenzo Pietro Peruggia.

La gente faceva la fila per guardare i tre chiodi e l’impronta lasciata dal quadro. Nel settembre dello stesso anno, in fila per vedere il posto vuoto lasciato dalla Gioconda ci fu anche Franz Kafka insieme a Max Brod. Il furto e quindi l’assenza del dipinto, ne aveva, infatti, fatto schizzare in alto la popolarità. Scrive Hans Belting “Con l’originale sottratto alla vista, le riproduzioni avevano campo libero: la perdita di visibilità dell’originale ne aveva accresciuto la fama” e continua: “Il sorriso misterioso della Monna Lisa si ridusse a una mera cifra, familiare persino a coloro che avevano poca cultura o non ne avevano affatto. Le sue molteplici riproduzioni erano parte della sua verità, ora che l’osservatore si limitava a memorizzare un’immagine mediatica onnipresente invece di guardare il vero dipinto”* . Il meccanismo è noto. Senza riproduzione e diffusione non c’è notorietà per l’opera d’arte. Ma quando le riproduzioni diventano parte della verità dell’opera, corriamo il rischio di guardare un capolavoro solo per cercare conferme a ciò che crediamo già di sapere. Insomma, lo guardiamo senza vederlo. Ma questa è un’altra storia. Al momento, considerata la situazione dei luoghi d’arte, saremmo felicissime di trovarci in un museo o galleria, davanti a una parete, anche se vuota, piuttosto che trovare l’ennesima porta chiusa.

I passi citati sono tratti da Hans Belting, Il Capolavoro invisibile. Il mito moderno dell’arte, Carrocci Editore, 2018, p. 318.
Per saperne di più sull’asta “Bid for the Louvre”, organizzata dal Louvre vedi qui

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Caterina Longo
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Amo l’arte, i(l) boschi, le immagini e le storie che fanno dei giri immensi e poi ritornano.