La mia Charta suona il rock

Massimiliano Boschi
venti3
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5 min readJan 8, 2021

Nel 1976, a ritmo di musica, nasceva a Praga la dissidenza. (da “Diario della Settimana”).

“The Plastic People of the Universe” foto di Michal Klajban — Opera propria, CC BY-SA 3.0 (Da Wikipedia)

Un cantante, Frank Zappa, compone la canzone “Plastic People”, un altro, Milan Hlavsa, la usa per dare il nome al proprio gruppo musicale che un regime poliziesco fa arrestare con l’accusa di «corruzione di gioventù». Un drammaturgo, 15 anni prima di diventare presidente della Repubblica, riunisce un gruppo di intellettuali, che prenderà il nome di Charta 77, per difenderli.
Insieme hanno cambiato la storia. Il drammaturgo è Vaclav Havel, che ha ricordato così la nascita di Charta 77, in un articolo pubblicato nel 1987 su “L’altra Europa”: «Per me tutto ha avuto inizio un giorno di gennaio o di febbraio 1976. Ero solo a Hradecek, dappertutto c’era la neve, fuori infuriava una bufera notturna, io scrivevo qualcosa e all’improvviso qualcuno bussò alla porta. Andai ad aprire e vidi un mio amico, di cui non voglio fare il nome, tutto gelato e coperto di neve. Passammo assieme tutta la notte discutendo davanti al cognac. Questo amico, parlando, mi propose di incontrarmi con Ivan Jirous. Dopo un mese mi incontrai con Jirous a Praga. Aveva i capelli lunghi quasi fino alle spalle e parlava e parlava e mi spiegava tutto». Tutto incominciò, quindi, una sera d’inverno quando un amico gli parlò di Ivan Jirous, direttore artistico e produttore dei Plastic People of the Universe, un gruppo rock psichedelico nato a Praga nel 1968, nelle settimane successive all’invasione sovietica. Come detto poco fa, il nome lo presero da una canzone di Frank Zappa Take a day and walk around, watch the Nazis Run your town / Then go home and check yourself, You think we’re singing, ’Bout someone else. / But you’re Plastic people (Prendetevi un giorno e fatevi un giro, guardate i nazisti percorrere la vostra città. Andate a casa e guardatevi, pensate che stiamo cantando di qualcun altro, ma siete gente di plastica), mentre per la musica si ispirarono ai Velvet Underground.

Formazione base. I «Plastici» erano formati dal bassista Milan Hlavsa, dal chitarrista Josef Janicek e da Jiri Kabes alla viola, ai quali si aggiunse, negli anni successivi, il sassofonista Vratislav Brabenec. I concerti live erano vere e proprie performance, in un mix di musica e arte e poesia. Il successo fu notevole tanto che, nel gennaio del 1970, il regime di Husak gli tolse la licenza per suonare. I «Plastici» non si arresero e continuarono a esibirsi semiclandestinamente e, come in ogni altra parte del mondo, per raggranellare qualche soldo suonarono alle feste di matrimonio e, ma questo succede più di rado, tennero alcuni concerti clandestini attraverso il passaparola tra i fan. In una di queste occasioni, a Ceske Budejovice venne bruscamente interrotto dalla polizia che condusse centinaia di fan nel tunnel che portava alla stazione ferroviaria per rispedirli a casa dopo averli manganellarli a dovere. Sei studenti vennero arrestati e una dozzina espulsi dalla scuole. Ivan Jirous invece di cedere rilanciò e si mise a organizzare il primo «festival della musica alternativa» nel settembre del 1974. Proprio mentre stava organizzando il secondo, nei primi mesi del 1976, si incontro con Havel, che descrisse così quel momento. «Mi fece sorbire da un vecchio giradischi composizioni dei Plastic, del DG307 e di altri gruppi underground. Benché non sia uno specialista di musica rock, sentii subito che in queste incisioni splendeva qualcosa di meraviglioso, che non si trattava di esperimenti stravaganti o di tentativi dilettanteschi originali a ogni costo, come credevo prima, ma di un’espressione profondamente autentica del senso della vita di uomini oppressi dalla miseria di questo mondo All’improvviso sentii che la verità stava dalla parte di queste persone, indipendentemente dal loro gergo e dalla lunghezza dei loro capelli».

Il festival si doveva tenere il 21 febbraio 1976 a Bojanovice, in Moravia, ma intervenne la polizia che arrestò 27 musicisti, tra i quali tutti i componenti dei Plastic People. Le case dei musicisti vennero perquisite e registrazioni, quaderni e filmati vennero sequestrati. Per Vaclav Havel fu «un attacco del sistema totalitario contro la vita stessa, contro la stessa libertà e integrità dell’uomo. Involontariamente il potere svelava le sue intenzioni più recondite: appiattire totalmente la vita, eliminando tutto ciò che è minimamente diverso, autonomo, originale, indipendente e non inquadrabile». Tanti amici. A sostegno dei «Plastici» organizzò un comitato di protesta contro gli arresti, coinvolgendo anche noti intellettuali europei, tra i quali il premio Nobel Heinrich Böll. Al processo, il 21 settembre del 1977, i Plastici vennero accusati dal pubblico ministero di uti- lizzare parole volgari e di comporre un «musica antisociale», nonché di corrompere la gioventù cecoslovacca. Due giorni dopo i componenti del gruppo vennero condannati dagli 8 ai 18 mesi di carcere, il che non fece altro che aumentare le proteste. «Il potere statale», è sempre Vaclav Havel a scrivere, «fu stupito dall’evolversi degli avvenimenti intorno ai Plastic: evidentemente nessuno si aspettava che proprio questo caso avrebbe avuto una tale risonanza, ma tutti si attendevano che si sarebbe risolto senza inconvenienti. Il pubblico raccolto in tribunale era una prefigurazione di Charta 77». Il terzo concerto per la cultura alternativa si tenne così nella casa di campagna di Havel a Hradacek. Una dura vita. Così nacque Charta 77 e l’anno seguente, nel 1978, senza che i «Plastici» ne fossero messi assolutamente a conoscenza, un loro ellepi venne pubblicato a Parigi. Quattro anni dopo Brabenec fu costretto all’esilio mentre il gruppo continuò a registrare e suonare in semiclandestinità fino al febbraio 1988, quando decisero di sciogliersi. Pochi anni dopo Havel divenne presidente della Repubblica ceca, ma non si dimenticò dei Plastic People, tanto che, nel 1997, in occasione del ventennale dell’anniversario della nascita di Charta 77, vennero invitati a suonare al Castello di Praga. Milan Hlavsa, il bassista dei Plastic, è morto nel gennaio del 2001, ma tutti gli altri continuano la loro carriera da musicisti. Con i giornalisti ammettono di non avere un gran feeling: alle domande su quel periodo rispondono sempre di malavoglia. «Sono le solite richieste superficiali della stampa» dichiarano in genere. D’altra parte, anche negli anni Settanta non si lasciavano andare a grandi dichiarazioni, chiedevano soltanto di poter suonare la loro musica che, a quanto pare, ha cambiato il corso della storia.

Massimiliano Boschi
(da “Diario della settimana” del 23 febbraio 2007)

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Massimiliano Boschi
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Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.