Venezia, mio padre e gli orizzonti
Ripartire da Santa Maria della Salute.
Sono dove volevo essere da mesi.
Lo avevo annunciato anche al mio c.t. (quello che mi fa “giocare” sulle sue testate): “Scriverò il pezzo sulla ripartenza post pandemia da Santa Maria della Salute a Venezia. Perché quel luogo ha molto da insegnarci, perché Venezia non solo non è morta, ma ci insegna a vivere. Non è colpa sua se è diventata lo sfondo, il temporaneo palcoscenico di un’umanità frustrata”.
Nella sua voce ho sentito il solito mix di perplessità e fiducia che lo ha reso il mio ct, per cui oggi sono finalmente a Venezia per scriverlo.
Gli interessati potranno presto leggere l’articolo su And, se qui faccio questa premessa, è perché a decidere quando ci sarei stato sono state le regole per la pandemia e l’orario dei mezzi pubblici, in altre parole: il caso.
Sapevo esattamente dove volevo andare, ma non quando.
Ma non potevo immaginare che la sera prima di partire avrei condiviso il mio sogno veneziano con chi l’ha fatto nascere vent’anni fa grazie al suo “Venezia è un pesce”: Tiziano Scarpa.
Ma, soprattutto, quel che non avevo immaginato, considerato e valutato, è che sarei stato a osservare gli orizzonti di Venezia il 31 maggio 2021 a dieci anni esatti dalla morte di mio padre, a 10 anni da quella mattina in cui l’ansia per quel telefono che trillava senza risposta mi devastava.
Sono qui per una coincidenza, ma pensando a quel giorno mi rendo conto di quanto sia più facile affrontare il dolore che l’ansia, perché è un nemico concreto e riconoscibile, l’ansia no, sbuca dappertutto, si può solo provare a diluirla allargando gli orizzonti.
Farlo qui, dalla Punta della Salute immaginando quelli di chi ha costruito Venezia, è il mio vaccino contro l’ansia e scriverne è il mio modo di toglierne i “brevetti”.
Evidentemente, il fatto di “essere nato in Emilia’, (cit. Giorgio Gaber) continua a tenere a bada cinismo e pessimismo della ragione.
Qualcuno ha creato Venezia ed erano esseri umani.
