Vitaliano Trevisan “Defunctus” (12 dicembre 1960 — 7 gennaio 2022)

Massimiliano Boschi
venti3
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3 min readJan 8, 2022

“Non c’è da rifletterci più di tanto, solo l’opera conta”

Jan van Eyck “Ritratto dei coniugi Arnolfini” . Si ringrazia Barbara Gambino per la segnalazione

“Schopenauer dice la vita è un lavoro da sbrigare; in questo senso Defunctus è una bella parola. A patto di non suicidarsi, come commenta giustamente Beckett, all’autore sembra davvero una bella parola defunctus”.
Questo scriveva Vitaliano Trevisan nell’introduzione al suo “Tristissimi giardini”, lo ribadiva dopo aver ricordato che: “A rigore, per essere al passo coi tempi dovrei essere morto. Cosa che mi avrebbe senz’altro molto avvantaggiato, specie in ambito teatrale, dove mai come ora, e mai come ora in questo tragicomico paese, l’autore non fa testo”.

Non mi sarei azzardato a scrivere di Vitaliano Trevisan da vivo, l’ho intervistato una sola volta e ci siamo “scornati” al primo approccio, figurarsi se mi azzardo a farlo ora.
I suoi libri hanno segnato la mia formazione, “I quindicimila passi”, “Il ponte”, “Tristissimi giardini” e ovviamente “Works”, tanto vale lasciare la parola a loro. Non c’è molto altro da aggiungere, se non un invito a leggere i suoi romanzi e a “litigarci” come si fa con tutti le letture più stimolanti. Ora lascio lo spazio ai suoi testi. Perché “solo l’opera conta”.

“La propaganda fa miracoli anche senza un apposito ministero. E mi diede da pensare tutta quell’ansia di realizzazione di se stessi attraverso il lavoro. Se è per questo mi dà da pensare in generale. Realizzare se stessi. Realizzare me stesso! E poi, una volta che mi sono realizzato, che dovrei fare, appendermi a una parete? Mettermi in esposizione su uno scaffale, o peggio su un piedistallo, o peggio ancora affittarmi un tanto all’ora per accomodarmi in qualche stupido salotto in compagnia di altri realizzati ed esporre le mie stupide opinioni su qualsiasi cosa? Oppure, e sarebbe il migliore dei casi, scagliarmi addosso un martello e chiedermi perché non parlo? — di passaggio: si è mai suicidato nessuno con un martello? Ma non corro pericoli. Se «realizzarsi» significa «rendere se stessi reali», devo dire che, del tutto istintivamente, ho sempre cercato di fare esattamente l’opposto; e se significa «rendersi reali a se stessi», peggio ancora, perché ho sempre l’impressione di esserlo troppo, e semmai vorrei esserlo di meno. Realizzare qualcosa fuori di sè è tutto un altro discorso. Non c’è da rifletterci più di tanto, solo l’opera conta” (Da “Works” di Vitaliano Trevisan — Einaudi)

“Si tratterà piuttosto, individuato di volta in volta il terreno adatto, di abitarlo col giusto atteggiamento, così che le immagini vi germoglino spontaneamente, con quella forza sorprendente e addirittura, per l’autore, commovente, che hanno certe piante quando bucano l’asfalto, o mettono radici in una crepa sul muro, o nell’incavo di una grondaia trascurata, e crescono e si sviluppano, in una parola vivono, senza rendersi conto che non è lì che dovrebbero essere, e di quanto precaria sia la loro situazione”. (Da “Tristissimi giardini di Vitaliano Trevisan — Laterza)

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Massimiliano Boschi
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Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.