Il sasso digitale di Eni nello stagno (e le onde conseguenti)

David Mammano
Via WhatsApp
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4 min readDec 18, 2015

Nota: pochi minuti dopo la fine della trasmissione di Report su Eni di domenica 13 dicembre, è cominciata una discussione via WhatsApp tra me e Anna sulla gestione della comunicazione via Twitter di Eni in risposta al programma di inchiesta televisiva. La discussione è proseguita per un paio di giorni, qui la trovate condensata.

Anna

Ciao David, hai seguito stasera la vicenda Eni-Report su Twitter? Grandissimo il lavoro di Bardazzi e la sua squadra. Speriamo sia l’inizio di un cambiamento significativo nelle aziende. Servono giornalisti per comunicare correttamente!

David

Ciao Anna! Sì. Ho appena scambiato delle impressioni a caldo con la redazione, le condivido anche con te. Eni ha usato Twitter in modo quasi perfetto riempiendo e innestandosi in quasi tutti i contenitori di discussione. La lezione che mi porto a casa però è che, al pari di bravi comunicatori nelle aziende, c’è bisogno di giornalisti bravi in redazione che conoscano queste dinamiche comunicative e nel caso siano in grado di tenere testa utilizzando strumenti adatti. Concludere che, sulla base delle attuali dinamiche nell’informazione, ci vorrebbero più giornalisti nelle grandi aziende, non mi pare centri il punto della questione. Su Twitter, anche diversi giornalisti hanno finito per retwittare l’una o l’altra versione delle notizie ed è qui che credo stia il problema: chi fa giornalismo non può fermarsi al retweet di una fonte piuttosto che un’altra. D’altro canto, ormai chi non abita i social semplicemente rimane completamente tagliato fuori da un ambiente di costruzione della notizia e non ha possibilità di partecipare in alcun modo per certe parti di lavoro. Ho trovato molto centrato e utile il tweet di Massimo Mantellini che infatti dice che il caso Report vs Eni è molto interessante e che non importa quel sia il medium, ma rimane il fatto che nel mezzo tra i due ci vorrebbe un giornalista. Ha colto il punto secondo me.

Anna

Hai ragione, non servono giornalisti nelle grandi aziende ma comunicatori digitali che sanno utilizzare perfettamente il mezzo e ne hanno capito il funzionamento. Nel frattempo hai letto il post di Massimo Mantellini?

David

Letto. Sono molto d’accordo sull’esigenza di un giornalismo che sia in grado di essere all’altezza negli strumenti e nelle logiche comunicative e allo stesso tempo indipendente nei processi. Che poi nello specifico caso di Eni e Report possa dare anche ragione totale a una delle due parti, ma dopo un processo suo di approfondimento e confronto di fonti e dati eccetera. Ci sto pensando davvero tanto su questa cosa e credo di impantanarmi un po’ quando devo definire i confini di giornalismo e comunicazione, specialmente se declinato in digitale. Fa sorridere ma con la “vecchia” logica cartacea che ha le sue rigidità date dai limiti dei contenitori e dei tempi questa vicenda non si sarebbe davvero potuta verificare. Ma ora siamo in un ecosistema digitale, chi fa giornalismo deve fare anche “comunicazione” già solo per far arrivare i propri contenuti ai lettori. E a chi fa comunicazione capita senza problemi di fare giornalismo. E insomma non riesco a darmi una risposta definitiva.

Anna

Venendo al tuo dubbio: il confine è labile, ma sta di fatto che non puoi essere un buon giornalista se prescindi dai social (intendo: se non li conosci e non sei in grado di capirne i meccanismi e di “usarli” al meglio) e non puoi essere un buon comunicatore (anche d’azienda) se non sei un bravo professionista dell’informazione, perché di fatto ti trovi dentro quei meccanismi e quelle logiche e devi lavorare anche “editorialmente”.

Quindi è nata una nuova figura professionale, che si chiama…. giornalista digitale? comunicatore editoriale? Serve di più agli editori o alle aziende? O ad entrambe le categorie? Se l’editoria tradizionale è morta, non potrebbe esserci spazio per questa professionalità nuova che abbia tutti i vincoli etici di un giornalista e tutte le abilità di un comunicatore digitale?

Prendi due persone di età (molto) differenti, di formazione simile, di passione comune rispetto ai social network, che collaborano all’organizzazione di un festival di giornalismo digitale e studiano le nuove dinamiche editoriali. Mettili su WhatsApp e lasciali chattare. Quello che ne uscirà è una discussione sui casi più eclatanti che fanno vibrare la rete e le sue dinamiche. Da WhatsApp alla condivisione, il passo è breve. Anna Prandoni lo farà su Pulse, mentre David Mammano qui su Medium. Voi, potete partecipare alla conversazione sul media che preferite, contribuendo così a creare ulteriori vibrazioni, che daranno vita a nuovi temi.

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David Mammano
Via WhatsApp

Founder IG | Organizer TEDxVarese | Media, change management, communication