Il peggior quartiere di Barcellona? Raval e Sant Antoni

La Boqueria è poco distante dalla Rambla.

Questo venerdì bevo vino tinto insieme a Viviana. Siamo a La Boqueria, un mercato storico nel quartiere Raval.

“Il barrio dove vivi mi sembra molto vivo, colorato, giovane” le dico. “Ho visto molti skaters alle spalle del MACBA, il Museo di Arte Contemporanea e finalmente lo storico murales di Keith Haring contro l’AIDS. Il CCCB, Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona era pieno di giovani. Ho percepito un bel fermento, mi piace”.

Le parole riflettono l’anima dei luoghi e la loro memoria storica e il Raval ne è un esempio. Il significato del termine Raval, dall’arabo antico Rabad, rimanda al concetto di “spazio al margine” ed è stato recuperato solo da alcuni decenni. Prima si usava identificare il quartiere con il termine stigmatizzato “el Chino” per via della comunità cinese, oppure “el barrio de las Drassanes”, per la sua vicinanza ai cantieri navali.

El Liceu — Il Raval è un quartiere così malfamato da ospitare il teatro più antico di Barcellona.

Dopo essere stato associato a problemi di droga, crimine e prostituzione, tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, la popolazione del Raval si è dimezzata. Una riqualificazione controllata e diretta dall’alto ha portato al fenomeno della gentrification e spinto i barcellonesi a cercare quartieri più salubri e vivibili. Solo alla fine dagli anni Ottanta la città ha sviluppato un piano regolatore per dare nuova linfa all’anima del Raval con politiche pubbliche virtuose, aprendo spazi culturali e di aggregazione. Nonostante gli interventi urbanistici per migliorare la configurazione sociale del quartiere, la geografia urbana del Raval risente di una segregazione socioeconomica e residenziale.

“Rigenerare a livello culturale un’area urbana non significa certo cancellarne le problematiche o lo stigma sociale. Vorrei comprare casa, ma è quasi impossibile. Costano troppo per quello che sono. Abbiamo meno turisti, ma alcuni problemi legati al mercato immobiliare restano”, replica la mia amica mentre addenta una crocchetta.

“Il Raval ha mille volti,” mi racconta Viviana. “È un bazar dove trovi di tutto. Dalle tajine per cucinare alle ceramiche giapponesi, passando dalla yerba per il mate o il galangan per cucinare thai. C’è il cortile dell’ospedale di Sant Pau con gli alberi d’arancio e piazza Martorell coi portici e i bar. Ma c’è anche tanta disperazione, drogati, senzatetto. Per non parlare dei turisti del nord Europa ubriachi per strada e senza neanche la scusa della disperazione ovviamente.” conclude malinconica versandomi del vino.

Il Raval, assieme al Barrio Gotico, Sant Pere, Santa Caterina i la Ribera e Barceloneta della Ciutat Vella, il cuore antico di Barcellona.

“Essere donna al Raval poi, è meno facile che essere uomo” continua. “Ad esempio trovare uno spazio pubblico dove leggere o star tranquille all’aperto. Questo non accadeva dove abitavo prima. Mi sono spostata solo di qualche isolato, in realtà. Domani ti porto a Sant Antoni.” mi dice risoluta.

Il giorno dopo andiamo nel suo vecchio quartiere. Passeggiando mi accorgo che i marciapiedi sono pavimenti pieni di fiori. Finiamo su una via più larga e noto che sulla strada c’è un rialzo di cemento, non capisco bene cosa sia. “La llosa de Sant Antoni”, mi informa Viviana, ma per il momento la spiegazione rimane sospesa.

La llosa di Sant Antoni. Più di un marciapiede.

Attraversiamo la strada e superiamo il Mercat di Sant Antoni. Lì dove circolavano le auto ora ci sono fontane e fioriere. Bambini giocano per strada, c’è un mercatino di libri usati e artigianato, circolano poche macchine. Tutto si muove a un ritmo lento e umano.

Questo recupero della dimensione umana degli spazi è possibile grazie a un concetto introdotto nella narrativa urbanistica proprio a Barcellona. A partire dal 2015 il traffico della città è stato riorganizzato fino a rimodellare anche la conformazione dei quartieri. Viste dall’alto le superilles, il termine catalano per superblock, sono degli isolati quadrangolari. Limitando la circolazione delle auto nelle strade interne, si ridistribuisce lo spazio pubblico, considerando le esigenze di bambini, donne e persone anziane. Si tratta di un nuovo modo di concepire la strada rendendola più sicura e praticabile per pedoni e ciclisti.”

Entriamo in una libreria LGBTQI. La libraia mi racconta di come questa trasformazione abbia contribuito alla qualità della vita della comunità del Barrio. “Le metodologie femministe hanno giocato un ruolo chiave nel creare ambienti più sicuri per le voci marginali. Abbiamo insistito molto per raggiungere una parità partecipativa degli spazi,” mi dice con grande trasporto.

Intanto nei pressi del mercato è appena cominciata una manifestazione. Durante la ristrutturazione del mercato, nel 2018 è stato costruito un rialzo di cemento proprio sulla Ronda de Sant Antoni. Di sera la llosa, questo rialzo della strada si trasforma nel “mercato della miseria”, si vende droga, ci sono furti e risse.

“Via la llosa, recuperiamo la Ronda”, gridano i manifestanti che rivendicano più sicurezza e danno la colpa al Raval.

Un mondo socialmente ed ecologicamente giusto è quello in cui il benessere delle persone e della natura sono prioritari e la vita è intesa nel suo senso relazionale più profondo. Gli ambienti urbani che sostengono questo mondo garantiscono il diritto di tutti nelle città. Le strade sono uno specchio di questi diritti e la sicurezza è uno di questi.

Nonostante la riqualificazione urbana del Raval, lo stigma resta. Una semplice lastra di cemento segna una linea di demarcazione, una sorta di confine sociale.

Ma il Raval conserva il suo animo, ricco di scambio tra culture e fermento, lontano da essere solo uno sterile quartiere-vetrina.

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Francesca Romana Cordella
Viaggiatori d’Occidente Master Class 2022

Italoviennese. Lavoro con le parole. Analogiche e digitali. Organizzo incontro di scrittura creativa in italiano e tedesco. Online e a Vienna. #pencollective