Ritorno al Pudding Shop 2023

Torino, 18 giugno 2019

Carlo era solito sfuggire alla monotonia del suo presente rifugiandosi nel passato. I suoi pensieri lo riportavano sempre all’estate del 1969: quella dell’uomo sulla Luna, del concerto di Woodstock e di “Easy Rider”. Ma la sua bussola non puntava a Ovest e ai grandi spazi americani; era rivolta piuttosto verso Oriente, lungo una strada polverosa chiamata Hippie Trail. Una rotta che andava idealmente da Istanbul a Kathmandu, percorsa da migliaia di giovani nordamericani ed europei come un viaggio di iniziazione che poteva durare mesi. Una sottile linea rossa lunga seimila miglia che attraversava Turchia, Iran, Afghanistan e Pakistan, prima che le bandiere con la mezzaluna lasciassero il passo alla ruota del Dharma ed ai fiori di loto di India e Nepal.

Carlo era caduto preda di una piacevole ossessione per i romanzi ambientati su quel sentiero: lo affascinavano le descrizioni di quei luoghi sconosciuti e le storie di chi aveva percorso la rotta. Tra di loro una giovane coppia di ragazzi inglesi, Tony e Maureen, che partirono da Londra nel 1972 ed arrivarono in Australia dopo un anno con ventisette centesimi in tasca e gli appunti di “Across Asia on the cheap”, l’antenata delle attuali Lonely Planet. La guida “Viaggio all’Eden” di due ragazzi italiani, Marco e Luigi, non ebbe la stessa fortuna e circola tra i collezionisti come un monito di quel che poteva essere e non è stato. Il suo quasi omonimo francese Charles descrive invece la propria discesa agli inferi nello sconvolgente “Flash”: la storia di un junkie, il lato oscuro della rotta in una Kathmandu supermarket della droga.

Carlo si metteva alla ricerca di nuovi titoli, con la smania di un giocatore d’azzardo, in una caccia al tesoro di libri fuori catalogo, tra i mercati secondari della rete e le librerie antiquarie. Tra di esse le storiche bancarelle allineate sotto i portici di Via Po, dove un tempo la regina era solita passeggiare al riparo dal sole e dalla pioggia. Lungo quello che era il tragitto tra Palazzo Reale e Piazza Vittorio, ora sorgeva una fila ordinata di chioschi verde oliva che riuscivano misteriosamente a convivere con il commercio elettronico e la geometria sabauda delle arcate.

Un cenno di saluto al libraio, che si stava arrotolando una sigaretta e conosceva i suoi clienti abituali non per nome ma per genere letterario. “Ho qualcosa per te” gli disse improvvisamente, indicando un libricino delle pagine ingiallite ed aggiungendo “mi è appena arrivato da un baule ritrovato in un trasloco”. Carlo sobbalzò alla lettura del titolo “Ritorno al Pudding Shop”, prima di esprimere tutto il suo stupore al libraio: “Che strano, non ho mai sentito nominare questo romanzo. Conosci l’autore?” “No e non ti aspettare un aiuto dalla quarta di copertina. Si dice solo, testuali parole, che ha preferito celarsi dietro uno pseudonimo.”

La sera iniziò la lettura e le prime pagine si rivelarono la solita parziale delusione: i racconti di chi aveva percorso la rotta erano spesso frammentati e costruiti attorno a disordinati flashback. Decise di concedere al libro ancora un capitolo e proprio allora la narrazione cambiò. Una leggenda tramandata dagli hippies sosteneva che lungo la rotta si potesse viaggiare nel tempo. I cosiddetti “varchi temporali” si trovavano nei locali che segnavano simbolicamente l’inizio e la fine del percorso.

Stava per posare il libro sul comodino ed inserire il suo segnalibro preferito, ma dovette interrompersi quando tra le pagine trovò altri due biglietti da visita. Sul davanti i nomi inconfondibili di Pudding Shop ed Eden Hashish Centre. Sul retro l’indirizzo ed una data scritta a penna con calligrafia elegante: Divanyolu Caddesi 6 _ Sultanahmet _ Istanbul 21/6/69; 5/1 Basantpur _ Freak Street _ Kathmandu 21/9/69.

Tre giorni dopo atterrava all’aeroporto di Istanbul, lasciando dietro di sé soltanto una lettera scritta a mano e nascosta in un cassetto con la fede nuziale.

Istanbul, 21 giugno 2019

Carlo ha davanti a sé un locale dalle pareti vetrate, un’insegna multicolore con la scritta Lâle Restaurant ed un kebab stilizzato. Stava per entrare nel Pudding Shop, il leggendario crocevia della Rotta Hippie con il suo fermo posta a cui scrivevano, spesso invano, le famiglie dei ragazzi in viaggio e la sua bacheca social, piena di annunci di chi offriva o cercava un passaggio per Oriente.

Prima di arrivare al ristorante si era soffermato come in pellegrinaggio davanti al frammento del Milion, un piccolo monumento con un’enorme valenza simbolica: letteraria come “inizio di tutte le strade” e geografica, perché vi erano incise le distanze da Costantinopoli alle principali città dell’Impero Romano. Aveva ripetuto a bassa voce, quasi come un mantra, le parole dello scrittore canadese Rory Maclean: “La mia meraviglia per quel primo passo ancora mi commuove, che avanza verso l’ignoto, che afferra le stelle.” Tutto intorno, le architetture e le dominazioni erano mutevoli ad ogni angolo di strada, come in un gioco di opposti: cristiane e ottomane, genovesi e veneziane, egizie e romane, greche e bizantine.

In un suo viaggio precedente, anni prima, l’aveva solo sfiorato. Non era stato ancora attratto dalla magia del sentiero ed ignorava l’esistenza di questi due luoghi simbolo, che non avevano trovato spazio proprio nella Lonely Planet tascabile su cui aveva organizzato i percorsi. Ma questa volta il Pudding Shop era la sua unica meta.

Che cosa lo aspettava una volta aperta la porta? Era tutto un bluff ed avrebbe trovato la versione nostalgica che possiamo ritrovare oggi con le foto ricordo alle pareti? Oppure il libro aveva ragione ed avrebbe trovato decine di giovani in partenza per Kathmandu? Era preoccupato di apparire come un tipo strano, solitario e vestito in maniera anomala, ma chi non lo era lungo la strada che stava per intraprendere?

Tutte i dubbi, le contraddizioni, ed i cattivi pensieri della notte insonne sono svaniti ed hanno lasciato il posto ad una calma olimpica. Il suo ultimo pensiero fu per sua moglie e la loro bambina. Le aveva scritto soltanto un enigmatico messaggio di arrivederci: “Parto per un lungo viaggio, come Marco Polo sulla Via della Seta. Torno alla fine dell’estate.” Come poteva averle lasciate sole per inseguire un’antica leggenda?

Carlo può finalmente varcare la soglia del Pudding Shop: sono passati cinquant’anni da quell’estate ma ad attenderlo nessun capolinea di Magic Bus in viaggio verso il futuro, soltanto un anonimo locale ed il disinganno di ritrovarsi ancorato nel presente. Non gli resta che sedersi ad un tavolo ed ordinare uno dei proverbiali budini per stemperare la propria delusione e dare modo alla propria mente razionale di trarre un sospiro di sollievo.

Il libro acquistato nella bancarella di Torino è ora appoggiato accanto al menu del locale, quasi a formare un tutt’uno: Carlo l’ha portato con sé come un talismano per il suo viaggio nel tempo ma ora appare declassato ad una semplice guida turistica, da sfogliare senza troppa convinzione in attesa del pudding. Lo avvicina un anziano signore dai lunghi capelli bianchi che indossa jeans sgualciti e camicia a fiori; gli chiede con un cenno del capo il permesso di sedersi al suo tavolo, afferra il manoscritto e senza troppi convenevoli sostiene di esserne l’autore.

Leandro Gorgone, un’istituzione per gli italiani a Istanbul, raccontò di essere approdato in Turchia nel 1969 per percorrere la Rotta Hippie e di non aver mai più fatto ritorno a casa; si manteneva ufficialmente come guida turistica ma ammise di essere stato implicato all’epoca in qualsiasi tipo di traffico e che il suo fosse un nome d’arte con cui sfuggire alla temibile Jandarma turca e prendersi gioco della storia della città.

“Per un attimo ho pensato di poter viaggiare nel tempo grazie a questo libro. Parlami della sua storia” lo interruppe Carlo, sempre interessato ai retroscena editoriali. “Quando decisi di restare ad Istanbul e di non fare più ritorno in Italia, scriverlo è stato per me come lasciare una lunga lettera di commiato” incominciò la narrazione Leandro.

Leandro rivelò di aver dato alle stampe il proprio libro in poche decine di esemplari. Cinquanta copie era la tiratura massima che aveva contrattato con la tipografia situata nei pressi dell’Università Imperiale, in Piazza Beyazit, l’antico Foro di Teodosio. La spedizione era stata affidata ad una coppia di ragazzi, Anna e Marco, di ritorno dall’India e diretti a casa su una malconcia Fiat 1100: Leandro aggiunse di aver nascosto tra i libri un panetto di hashish. Il prezioso carico aveva superato indenne le frontiere turche, bulgare e jugoslave e giunto a destinazione era stato smistato tra le bancarelle di Via Po e i corridoi di Palazzo Nuovo, come a suggellare un gemellaggio tra le università di Istanbul e Torino.

Carlo aveva estratto istintivamente un bloc-notes dallo zaino e riempito pagine di appunti: chiunque fosse entrato nel locale in quel momento lo poteva scambiare per un giornalista d’inchiesta alle prese con l’intervista al misterioso personaggio che avrebbe potuto dare una svolta alla propria carriera.

Un susseguirsi di domande e risposte interrotto soltanto da un frugale spuntino a base di gozleme e caffè turco con Leandro che esaltò le delizie della piadina in versione locale e propose di continuare la conversazione a casa sua.

Si lasciarono alle spalle Sultanahmet e si arrampicarono sui viottoli che portavano al quartiere greco di Fener: tra i due era sceso il silenzio e Carlo sembrava voler lasciar decantare il racconto attorno a quel libro sul tavolo del Pudding Shop che a suo modo aveva viaggiato nel tempo, seguendo il percorso inverso da Torino ad Istanbul.

Leandro lo accolse nella propria casa, un tempo indirizzo sicuro per coloro che osavano spingersi fin lassù alla ricerca di passaporti falsi, sballo e pietre preziose o semplicemente della miglior guida della città per orientarsi tra colonne serpentine e teste di Medusa, mosaici e maioliche, diamanti e pugnali.

Dal suo terrazzo si inquadrava come in un film il panorama di Istanbul al tramonto: cupole e minareti, torri e obelischi punteggiavano lo skyline. Dall’alto era più facile comprendere l’assurda geografia di una città attorniata dalle acque, dove lo Stretto del Bosforo unisce due mari e segna il confine tra Occidente e Oriente; laddove un ponte progettato da Leonardo da Vinci attende da oltre cinquecento anni di essere realizzato alla foce del Corno d’Oro, il luogo in cui due fiumi si mescolano in un rompicapo di acqua dolce e salata.

Leandro fece ricorso a due specialità turche per mettere a suo agio l’ospite: un tè nero servito da una brocca argentata in eleganti bicchierini, dopo aver riscaldato una scaglia di hashish, mescolata al tabacco e sapientemente avvolta in una cartina.

L’atmosfera rilassata ed il lieve stordimento spinsero Carlo ad affrontare l’enigma dei viaggi nel tempo. Sfogliò il libro in corrispondenza degli indizi disseminati dall’autore lungo il racconto e lesse ad alta voce un passaggio: «Negli ultimi mesi circolano delle strane voci. Persone che sembrano spuntare dal nulla qui ad Istanbul, solitarie e confuse, senza soldi, documenti e bagagli. Raccontano di essere state derubate di tutto ma quel che colpisce di loro è che appaiono senza un passato, una storia credibile alle spalle. Sono state avvistate per la prima volta nel retro del Pudding Shop: qualcuno sostiene persino che ci sia una backdoor, una sorta di porta segreta dove queste persone vengono trasportate dal futuro.»

Leandro attese la fine della lettura e liquidò la raffica delle domande di Carlo affermando che si era semplicemente divertito ad aggiungere alla narrazione un alone di mistero, così da spezzare il classico schema del diario di viaggio. Poi cercò di dirottare la conversazione su argomenti più leggeri, ricorrendo ad una serie di aneddoti su quei tre mesi di viaggio a bordo di un Magic Bus. Un percorso tutt’altro che lineare e costellato di deviazioni: un cambio di rotta li aveva portati al monastero di Rishikesh, a pochi chilometri dalle sorgenti del Gange, ad ascoltare i pettegolezzi sul soggiorno dei Beatles del 1968, dal rapporto del guru Maharishi con l’attrice Mia Farrow alla presunta maledizione lanciata verso John Lennon e George Harrison, in fuga dall’ashram su automobili che continuavano a guastarsi.

Alla fine di una serata trascorsa ripercorrendo la strada verso Oriente, Leandro estrasse dal proprio cassetto dei ricordi la fotografia di una ragazza olandese con cui ebbe una storia d’amore durante il viaggio. Carlo guardò l’immagine e riconobbe immediatamente quella ragazza bionda, ritratta in compagnia della sua amica con gli occhiali proprio davanti all’ingresso del Pudding Shop. Quella coppia di ragazze sarebbe diventata un’icona, adesso una delle due aveva anche un nome, come riportava un estratto del libro: «Karin sorride verso l’obiettivo con la camicia annodata in vita, lo zaino in spalla troppo leggero per un viaggio così lungo.»

Leandro raccontò commosso che la ragazza era scomparsa nel nulla una volta arrivati in Nepal e di averla vista per l’ultima volta in un locale a Kathmandu, lungo la via chiamata Freak Street. Ricordò come in quel giorno di fine estate la comitiva fosse diretta verso l’Eden Hashish Centre: il luogo più adatto per concludere simbolicamente il loro viaggio, ignari che pochi anni dopo una banca ne avrebbe preso il posto. Aveva appena litigato con Karin: il dubbio che ci fosse una persona ad attenderla in Olanda, i soldi quasi finiti e le divergenze sulla folle proposta di alcuni di loro che non volevano saperne di fermarsi.

Questa volta fu lui a sfogliare il libro e a leggerne un passaggio ad alta voce: «Quel giorno a Kathmandu, si respira all’interno del gruppo un’atmosfera da fine delle vacanze. Avevano inanellato luoghi dai nomi fiabeschi: si erano incontrati al Pudding Shop di Istanbul, riempiti gli occhi del blu di Persia a Isfahan, vagabondato per la Chicken Street di Kabul, attraversato il Khyber Pass e meditato in un ashram a Rishikesh. Tra le bancarelle di Freak Street, intimiditi dalla maestosità dell’Himalaya, sentono il richiamo delle spiagge di Goa. Ma il gruppo è arrivato ad un bivio ed è destinato a dividersi: la maggior parte di loro è giunta al capolinea ed è pronta a salire sul Magic Bus per fare ritorno a Istanbul; gli “intrepidi” punteranno verso il Sud dell’India a bordo di un pulmino Volkswagen. Leandro, l’unico italiano del gruppo, non ha ancora deciso se proseguire il viaggio o tornare a casa dalla sua famiglia. La sua famiglia che ha lasciato in Italia, ben più lontana dei tre mesi trascorsi in viaggio.»

“Pensi ancora a lei? Dove credi sia andata?” chiese Carlo. “Penso a Karin tutti i giorni” rispose Leandro “ed ho sempre avuto rispetto per la sua decisione di far perdere le proprie tracce, risparmiando così ad entrambi la sofferenza di un’inevitabile addio alla fine del viaggio.” Rispose alla domanda successiva dicendo di immaginarla di ritorno in Olanda dal suo fidanzato oppure che si fosse unita, con la sua amica Johanna, a qualche gruppo in partenza con destinazione Sud-Est asiatico.

“Scrivere il libro è stato il tuo modo di affrontare quella scomparsa.” constatò Carlo. “La teoria della macchina del tempo una romantica ipotesi per giustificare il comportamento di Karin, visto che una parte di te non poteva accettare le spiegazioni ordinarie legate all’andirivieni di viaggiatori in quel crocevia che era Kathmandu.”

Leandro rimase impassibile, rabboccando i bicchieri ed impastando nuovamente resine e tabacco, mentre Carlo riaprì il libro in una delle pagine contrassegnata dai segnalibri colorati che aveva sparso: «Le stesse voci cominciano a rimbalzare da Kathmandu, attutite dalla distanza e dal passaparola. Persone che letteralmente svaniscono nel nulla lungo la Freak Street, dopo aver condiviso migliaia di chilometri e di avventure. Dopo due, tre mesi di viaggio intensi come una vita intera si lasciano senza un abbraccio, un saluto, un indirizzo. Sul luogo identificato come varco temporale le versioni sono discordanti: in una camera segreta dell’Hotel Durbar, tra le sale del Ganesh Restaurant ma sopratutto al primo piano dell’Eden Hashish Centre. Un locale dalle pareti ricoperte da poster psichedelici, che raffigurano divinità indiane e animali feroci, dove nel menu l’ingrediente principale trova posto ovunque: torte fantasiose, succhi di frutta e toast compresi.»

“Se fossimo in un film poliziesco, dovremmo ripartire proprio dall’ultimo luogo in cui la ragazza è stata vista; percorrere quella strada con in mano la fotografia di Karin e Johanna alla ricerca di qualche testimone ” lo provocò Carlo.

“Credo sia arrivato per me il momento di tornare a Kathmandu” affermò Leandro. “Questa mattina ho sentito il bisogno di entrare al Pudding Shop, nella speranza di trovare un senso a quanto successo quel giorno. Il libro sul tuo tavolo è stato il segnale che aspettavo da anni.”

Carlo si offrì di essere il suo accompagnatore ma il suo entusiasmo non era sufficiente per convincerlo ad accettare la sua compagnia. “Le mie motivazioni sono chiare: inseguire le tracce di Karin e rivedere un’ultima volta la città” affermo’ Leandro che non potè fare a meno di chiedere: “Che cosa cerchi? Che cosa ti ha spinto qui su questa strada?”

“La perla. A un certo punto di quel viaggio avrei ricevuto la perla” rispose Carlo recitando a memoria frammenti dell’incipit profetico di “Sulla strada” di Jack Kerouac, che ancora lo incantava ad ogni rilettura con le sue promesse di “ragazze, visioni, tutto.”

Gli fece notare la sua perfetta corrispondenza con il profilo dei viaggiatori nel tempo che Leandro aveva tracciato nel libro: “Persone insoddisfatte e nostalgiche con il rimpianto di un’esperienza non fatta, un viaggio per cui non sono mai partiti.”

“Per me quelle occasioni mancate hanno nomi stravaganti: si chiamano Erasmus, Interrail, Sweet London” proseguì Carlo appellandosi nuovamente alle parole del romanzo cult per descrivere la sensazione che avrebbe voluto provare, quella di un’istante in cui “dimenticai chi ero, lontano da casa, stanco e stordito per il viaggio, in una povera stanza d’albergo.”

“Ecco quel che cerco” concluse Carlo “e per trovarlo mi sono lasciato prendere per mano da una favola.”

Kathmandu, 24 giugno 2019

I due raggiunsero Kathmandu la sera successiva con il meno poetico dei mezzi di trasporto: Leandro sfruttò contatti e privilegi acquisiti durante la sua carriera da guida turistica per riservare con tariffa last second gli ultimi due posti sul volo in partenza l’indomani dall’aeroporto intitolato a Sabiha Gökçen, la prima donna volante turca.

Seguendo l’avanzare della linea rossa sullo schermo, Leandro si accorse che 6 ore e 50 minuti di volo non erano sufficienti per condensare le avventure di quegli indimenticabili tre mesi di viaggio a bordo di un Magic Bus.

Bangkok, luglio 2019

Le spiagge di Goa in India, Sri Lanka, Thailandia e Indonesia segnavano le diramazioni del Sentiero Hippie, che da Kathmandu si aprivano a ventaglio come rami del delta di un fiume. Oggi i backpackers hanno raccolto l’eredità degli hippies e continuano ad invadere pacificamente quei Paesi, sempre affascinati dal mix di spiagge e templi, ancora alla ricerca della laguna nascosta e dell’onda perfetta.

Carlo ha un’attrazione verso il Sud-Est asiatico, alimentata dalle acque color smeraldo di ‘The Beach’ e dalle parole di Tiziano Terzani: “L’essere lontano mi faceva sentire a casa”. Leandro non ha mai più rivisto Karin ma ritornare a Kathmandu gli ha risvegliato il ricordo di un amuleto indossato quel giorno dalla ragazza che potrebbe rimettere in discussione le sue convinzioni.

Voleranno in Thailandia, inseguendo il filo colorato che lega Karin alle bandiere di preghiera tibetane e ai drappi sulle barche da pesca.

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