Copyright, cosa cambia con l’accordo sulla riforma Ue

Raggiunta un’intesa sul testo tra Commissione, Parlamento e Consiglio. Ora la palla torna all’assemblea, che dovrà dare il via libera alla riforma. Cosa cambia punto per punto

Vincenzo Tiani
Il Digitale Spiegato
5 min readFeb 14, 2019

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Getty Images

Parlamento, Commissione e Consiglio europei hanno trovato l’accordo sulla riforma del copyright. Con l’intesa raggiunta tra Francia e Germania non è più bastata l’opposizione degli Stati contrari, tra cui l’Italia. Il governo Lega-Movimento 5 Stelle ha totalmente cambiato direzione, chiedendo la cancellazione degli articoli 11 e 13. Il testo passato non pone però la parola fine a questa odissea: manca ancora il voto finale del Parlamento a Strasburgo che potrebbe ribaltare il risultato come successo a luglio.

Agreement reached on #copyright! Europeans will finally have modern copyright rules fit for digital age with real benefits for everyone: guaranteed rights for users, fair remuneration for creators, clarity of rules for platforms. pic.twitter.com/dwQGsAlJvK

— Andrus Ansip (@Ansip_EU) February 13, 2019

Nelle puntate precedenti
Come ricorderete infatti a luglio Wikipedia aveva oscurato le sue pagine in segno di protesta verso questa riforma e questo aveva acceso i riflettori anche in Italia sulla riforma.

Riforma voluta dagli editori e dai produttori discografici, cinematografici e televisivi, che lamentano da anni come gli utenti carichino illegalmente i loro contenuti su piattaforme video come YouTube e Facebook (articolo 13). O come le piattaforme social e gli aggregatori di news come Facebook e Google News monetizzino ospitando gratuitamente i contenuti scritti da altri (articolo 11).

Questo ovviamente è solo un lato della medaglia, perché le conseguenze di questa riforma sono molto più complesse, sia per gli effetti dell’articolo 13 che dell’11. I produttori di contenuti e i detentori dei diritti di sfruttamento lamentano infatti l’attuale gestione dei contenuti illegali, che prevede in capo a loro, secondo la direttiva ecommerce, l’onere di segnalare i contenuti illegali in rete e alle piattaforme e ai provider di rimuoverli.

Su YouTube da anni in realtà esiste un filtro per i contenuti, il cosiddetto Content Id. Ma un conto è un’implementazione su base volontaria, altro è una norma che lo impone e che sancisce la responsabilità legale della piattaforma se il filtro non funziona. Oltretutto non tutti hanno la capacità di spesa in ricerca e sviluppo per creare una tecnologia che è costata a Google qualche decina di milioni di euro.

Breaking: The text of #Article13 and the EU Copyright Directive has just been finalised. Upload filters are in. Here’s how we got here and what you can still do to #SaveYourInternet: https://t.co/lXJ3Jxux5i pic.twitter.com/bNmVwLJXUp

— Julia Reda (@Senficon) February 13, 2019

L’accordo tra Francia e Germania sull’articolo 13
La riforma, che solo tre settimane fa rischiava di slittare alla prossima legislatura, è arrivata sul tavolo del trilogo dopo che Francia e Germania hanno trovato un accordo sulle eccezioni. Questa intesa è stata accolta nel testo uscito ieri sera dopo tre giorni di contrattazioni.

Se la Francia voleva infatti che l’articolo 13 sui filtri si applicasse a tutte le piattaforme, la Germania guardava alla necessaria protezione da accordare alle startup con un fatturato inferiore ai 20 milioni di euro, per permettere loro di crescere e non essere schiacciate da vincoli troppo forti. Il risultato però è stato un accrocchio, sostiene l’europarlamentare Julia Reda, del partito dei Pirati tedesco, che sembra più uno specchio per le allodole.

Le imprese esentate dall’oblio dei filtri sarebbero quelle che sono sul mercato da meno di tre anni, hanno un fatturato inferiore ai 10 milioni di euro e non più di 5 milioni di utenti mensili. Il problema è che anche senza l’obbligo di mettere dei filtri, dovrebbero comunque dimostrare di aver fatto di tutto per ottenere una licenza d’uso dai produttori. Questi ultimi, a quel punto, potrebbero fare qualsiasi prezzo e avrebbero il potere di togliere dei business innovativi dal mercato, come ha fatto notare Reda. D’altro canto la possibilità per le piattaforme di dimostrare di aver messo in campo ogni sforzo possibile potrebbe sollevare YouTube (e quindi Google) da eventuali responsabilità legali, potendo dimostrare gli investimenti fatti con Content Id.

La norma salva-Wikipedia
Singolare è il comma 2. Si dice che se la piattaforma ottiene una licenza d’uso per il materiale coperto da copyright, questo copre l’uso fatto dai suoi utenti, purché non sia a scopo di lucro o comunque non crei guadagni ingenti. In concreto questo vorrebbe dire che la licenza per pubblicare materiale protetto potrebbe non coprire, per esempio, la pagina Facebook di un’azienda o di un professionista. E non è chiaro se il video di uno YouTuber che commenti gli ultimi film usciti in sala usando degli spezzoni possa stare online grazie all’eccezione prevista dalla legge, oppure possa farlo solo finché lo YouTuber non diventi famoso e ricco.

Tra le buone notizie c’è l’esclusione esplicita di enciclopedie no profit (vedi Wikipedia), piattaforme di open source software (come GitHub), servizi cloud o ecommerce. Insomma, anche se non lo si può dire espressamente, questa riforma vuole colpire Facebook e Google e non i volontari di Wikipedia o gli smanettoni di GitHub.

Diritto di critica
Invece ancora non ha trovato soluzione il vero problema che preoccupa cittadini e ong: come evitare che i filtri automatici impediscano anche gli usi leciti previsti dalla legge come il diritto di critica, commento, citazione o parodia. Anche se nel testo si sottolinea l’importanza di garantire questi diritti fondamentali e il fatto che le piattaforme debbano munirsi di sistemi di verifica delle contestazioni a una rimozione illecita, resta il dubbio su quanto possa essere lungo questo procedimento.

Pensiamo a un video satirico contro un politico che commenta i fatti del giorno. In questo caso il tempismo è tutto, ma l’uso di spezzoni delle sue frasi prese dai telegiornali potrebbe allertare i filtri automatici e cancellarlo. Quanto tempo ci vorrebbe per stabilire nel contenzioso con la piattaforma? Anche una sola settimana priverebbe quel video della forza che avrebbe avuto se pubblicato subito. ll fatto è che oggi una soluzione a monte non c’è. Si può solo pensare a un rimedio successivo. Ma questo non vuol dire che quindi il problema sia stato risolto, tutt’altro.

L’articolo 11
Per quanto riguarda il nuovo diritto degli editori, l’articolo 11 prevede l’ottenimento di una licenza se si vuole riprodurre più di qualche parola. Secondo la Commissione in questo modo si dimostra che gli snippet (estratti di un articolo) non sono colpiti dalla riforma, ma Julia Reda è di opposto avviso, visto che è difficile capire quanto debba essere breve “un estratto molto breve” per non cadere nell’articolo 11. Ad ogni modo quel che è certo è che gli aggregatori di news (Google news in testa) dovranno chiedere una licenza che si applicherà ai futuri articoli e scadrà dopo due anni (nelle prime versioni erano venti). Di questo non saranno contenti gi editori online più piccoli, che beneficiano del fatto di essere inclusi in aggregatori come Google News e altri.

Tra le buone notizie per i cittadini quella per cui i musei non potranno più reclamare diritti d’autore sulle foto dei dipinti più antichi. Un passo in più verso la libertà di panorama.

Ma non è finita
La battaglia però, che vede coinvolti Google, Facebook, ong, accademici, cittadini, lobby dell’intrattenimento, giornali non è ancora finita. Il voto del Parlamento europeo, previsto tra metà marzo e metà aprile, potrebbe fermare il testo, come è successo a luglio. Al momento esiste una petizione contro gli articoli 11 e 13 su Change.org, che ha raggiunto le 4 milioni e 700 mila firme. Continua a crescere e fa capo alla protesta #SaveYourInternet, che suggerisce anche come contattare i parlamentari europei se non si è d’accordo con questa riforma.

Originally published at www.wired.it on February 14, 2019.

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Vincenzo Tiani
Il Digitale Spiegato

LL.M. #Copyright #GDPR / 👨‍🏫 Adjunct professor © and privacy/ 📰 Contributor @wireditalia & others / 🎙️ Podcaster : Il Digitale Spiegato & Digital Explained