Facebook ha fatto pressioni in Europa per bloccare il Gdpr

Documenti mostrano come il social network si sia battuto per frenare il regolamento europeo sui dati personali, che ne minerebbe il business

Vincenzo Tiani
Il Digitale Spiegato
4 min readMar 5, 2019

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I guai tra Facebook e l’Unione europea non finiscono mai. Questa volta è l’Observer, settimanale del The Guardian, a occuparsene dopo aver preso visione assieme a Computer Weekly di alcuni documenti riservati saltati fuori in una causa in corso in California, in cui Facebook è stata chiamata alla sbarra dagli sviluppatori di Six4Three, un’app che permetteva di cercare sul social network le foto di chi indossava un costume da bagno.

I documenti rivelebbero gli sforzi di Facebook per disarmare quello che veniva visto come un pericolo per il proprio business model, il Gdpr, il Regolamento europeo per la protezione dei dati diventato applicativo lo scorso 25 maggio. Facebook avrebbe avvicinato diverse figure chiave dello scacchiere politico europeo per convincere i leader europei a smorzare gli effetti del Gdpr.

Facebook e il Regno Unito
Tra questi compaiono i nomi di George Osborne, cancelliere del precedente governo Cameron nel Regno Unito, e il primo ministro irlandese dell’epoca Edna Kenny.

Secondo i documenti George Osborne avrebbe ricevuto pressioni da Facebook per portare avanti la loro causa contro il Gdpr in cambio della promessa di investimenti nel Regno Unito da parte del colosso tech, in particolare nel progetto Tech City Venture.

Osborne ha però negato all’Observer di aver fatto alcuna azione di lobby per conto di Facebook perché non era d’accordo con la loro visione. Quello che però fece fu di organizzare il lancio del libro di Sheryl Sandberg, capo delle operazioni di Facebook e braccio destro di Mark Zuckerberg, proprio a Downing Street, residenza del primo ministro.

L’Irlanda, pedina cruciale
Situazione più intricata per Edna Kenny, che nel primo semestre del 2013 dirigeva anche l’agenda del Consiglio europeo, formato dai capi di Stato e di governo dell’Unione.

Della Kenny, considerata come un’amica di Facebook, si registra in un memo come abbia apprezzato la decisione di Facebook di insediare il proprio quartier generale a Dublino. Nel memo si dice che il Gdpr potrebbe essere “una minaccia ai posti di lavoro, all’innovazione e alla crescita economica in Europa”. Uno dei passaggi più importanti dice che la Kenny si sarebbe proposta di usare la sua influenza durante il semestre europeo irlandese per spingere i lavori del Consiglio in modo più favorevole a Facebook anche se tecnicamente sarebbe dovuta restare neutrale.

La Kenny, che non è pià primo ministro dal 2017, non ha risposto alla richiesta di commenti dell’Observer. Facebook da parte sua ha negato ogni commento in quanto i documenti non sono pubblici ma ha affermato che “come in altre occasioni, questi documenti sono stati scelti con cura per mostrare solamente una parte della vicenda, senza fornire sufficiente contesto”.

L’Irlanda è un Paese cruciale in Europa visto che per le sue politiche economiche aggressive ha attratto molte aziende tech californiane a stabilirvi i propri quartier generali europei. Per questo l’autorità garante per la privacy irlandese ha una certa rilevanza quando si tratta di procedere contro Facebook per far valere i propri diritti. Ne sa qualcosa l’attivista e avvocato Max Schrems.

Schrems, che l’anno scorso ha fondato Noyb, associazione che tutela i cittadini dalle tech corporation che si approfittano e usano i dati dei cittadini impropriamente, ha portato in causa Facebook per uso improprio dei suoi dati. Quella battaglia ha spinto nel 2015 la Corte di giustizia europea a dichiarare decaduto il Safe Harbour, l’accordo con cui Ue e Stati Uniti stabilivano come venivano trattati i dati degli utenti europei oltre oceano. Schrems però non ha avuto e la forza economica di portare in tribunale il Garante europeo irlandese per aver rigettato ben 22 reclami contro Facebook.

Proprio poco tempo fa Schrems, commentando il report del Garante per la privacy irlandese, si chiedeva come mai con 4.113 richieste avesse avviato solamente 15 investigazioni e preso dei provvedimenti in solamente 18 casi.

Il commento del Garante europeo
Ma “qual è il confine tra lobbying legittimo e interferenza nella politica?”. È quello che si chiede Giovanni Buttarelli, Garante europeo per la privacy commentando l’inchiesta dell’observer in un tweet. E la domanda ha ancora più senso visto che alla conferenza organizzata lo scorso ottobre su etica e GdprFacebook aveva detto di essere etica nel rispettare la privacy degli utenti”.

Il problema posto dal garante è di vitale importanza. L’attività di lobby non è di per sè né buona né cattiva. Consiste semplicemente nel portare all’attenzione del legislatore punti di vista differenti da tenere in considerazione. Purtroppo le regole sulla trasparenza degli incontri tra lobbisti e legislatori invece non sono le stesse in tutta l’Unione Europea. A Bruxelles per esempio i lobbysti che hanno accesso al Parlamento sono quasi settemila, sono tutti registrati in un apposito registro e dall’anno scorso c’è un progetto per migliorare le procedure di trasparenza.

In Italia, per esempio, fino a poco tempo fa i lobbisti entravano al Parlamento solo se a braccetto con un parlamentare prima che si creasse un registro ufficiale.

Conoscere date e natura degli incontri tra lobbysti e legislatori è fondamentale per monitorare l’operato di entrambe le parti e garantire che il testo di una legge non sia il frutto di uno scambio di favori tra le parti, ma di un lavoro comune, trasparente e in buona fede per il bene di tutte le parti coinvolte.

Originally published at www.wired.it on March 5, 2019.

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Vincenzo Tiani
Il Digitale Spiegato

LL.M. #Copyright #GDPR / 👨‍🏫 Adjunct professor © and privacy/ 📰 Contributor @wireditalia & others / 🎙️ Podcaster : Il Digitale Spiegato & Digital Explained