Perché estirpare le edicole pirata su Telegram è tutt’altro che facile — Wired

Agcom ha segnalato la presenza di violazioni sulla piattaforma con la diffusione di giornali e riviste e la chat ha cancellato 7 gruppi

Vincenzo Tiani
Il Digitale Spiegato
5 min readApr 30, 2020

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Come ampiamente spiegato da Wired, è ormai risaputo che la pirateria online si sia spostata da portali pirata “desktop” a gruppi su Telegram. È molto facile infatti trovare canali dove si “spacciano” quotidiani, riviste, film ed ebook. Delle vere e proprie edicole virtuali gratuite. Da tempo gli editori stanno conducendo una battaglia volta a bloccare la proliferazione di questi canali che raccolgono un successo straordinario con decine di migliaia di iscritti.

È del 23 aprile la comunicazione di Agcom (l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) che riferisce che in seguito al confronto con Telegram, la piattaforma ha provveduto a rimuovere 7 degli 8 canali segnalati da Fieg (Federazione italiana editori giornali).

Tale collaborazione di Telegram è di per sé una notizia perché finora non era mai stato il caso. Lo conferma l’avvocato Riccardo Traina Chiarini che assieme ai colleghi dello Studio Previti è in prima linea per impedire la diffusione illecita di riviste e libri di una primaria società editrice. “ Finora Telegram non ha mai risposto ad alcuna sollecitazione . A metà marzo, a fronte di quasi 700 segnalazioni della nostra cliente, solamente 8 di esse hanno avuto esito positivo (e non si sa se per “merito” di Telegram o per un “naturale avvicendamento” nei contenuti offerti sui gruppi), dopo due mesi dal loro invio. Abbiamo anche tentato di inviare fisicamente una diffida alla loro sede di Dubai ma il servizio postale ci ha informato che si sono rifiutati di riceverla” ha detto Traina Chiarini.

Non è scontato che questi canali pubblici siano davvero spariti, perché possono invece essere stati trasformati o trasferiti in gruppi privati dai loro amministratori. Non è chiaro neanche quale sia la procedura seguita da Telegram quando riceve una segnalazione. Se invece di bloccare subito il canale avvisasse l’amministratore del canale, questo avrebbe tutto il tempo di allertare i suoi iscritti e spostare i contenuti su un altro canale o un altro gruppo in pochi clic, vanificando ogni richiesta lecita di blocco.

Come funzionano le segnalazioni su Telegram

Secondo quanto riportato sulle faq del sito, Telegram dice di non poter agire sui contenuti delle chat e dei gruppi perché sarebbero privati. L’unica cosa che può fare, in seguito a segnalazione, è rimuovere contenuti in violazione del copyright sui canali pubblici.

Sia negli Stati Uniti con il Dmca (Digital Millenium Copyright Act) che in Europa con la direttiva E-Commerce, le piattaforme non sono considerate responsabili per i contenuti illeciti caricati dai clienti finché non ricevano una segnalazione. A quel punto devono valutarla e procedere di conseguenza.

I poteri di Agcom

La rimozione dei canali segnalati non è però effetto della richiesta di FIEG che chiedeva il blocco integrale della piattaforma in Italia. Come riportato da AGCOM, il blocco totale della piattaforma sarebbe stata una misura sproporzionata. Non parliamo, com’era ai temi di MegaVideo dieci anni fa, di una piattaforma dedicata solamente ad attività illecite. Telegram è usato da moltissimi utenti come alternativa a WhatsApp nonché come canale di comunicazioni ufficiali di enti pubblici come il ministero della Salute. Immaginare di renderla inaccessibile in Italia a milioni di utenti come risposta alle attività illecite di soli 8 gruppi sarebbe chiaramente una misura eccessiva.

A quanto riferisce l’Autorità però, l’alternativa di imporre il blocco di singoli contenuti non è facoltà prevista dalla legge attuale. La scelta di Telegram di procedere questa volta dunque è stata spontanea a seguito della trasmissione della richiesta ma in caso di mancato ottemperamento Agcom non avrebbe potuto fare altro. Per questo nel suo comunicato l’Autorità ha chiesto al Parlamento una modifica della legge che regola i suoi poteri potendo in futuro considerare stabiliti in Italia quegli operatori come Telegram o Whatsapp che offrono servizi nel territorio italiano utilizzando numeri telefonici italiani.

Una tale norma permetterebbe all’Autorità di adottare ordini di rimozione selettiva dei contenuti caricati in violazione del diritto d’autore rivolti direttamente a operatori come Telegram”, è la posizione dell’Autorità. Per quello Agcom, non potendo fare altro, ha archiviato la richiesta e trasmesso gli atti alla magistratura che non ha gli stessi limiti operativi di un’Autorità amministrativa. Ha poi segnalato l’evento alla Polizia Postale e alla Guardia di Finanza per perseguire gli utenti che usufruiscono di tali canali e a Apple e Google Store gli usi illeciti dell’applicazione.

I gruppi privati

Come dicevamo i gruppi chiusi su Telegram, così come su WhatsApp, creano qualche problema ulteriore quando si tratta di far rispettare le norme. Da quando sono diventati criptati, ovvero il loro contenuto è diventato inaccessibile alle piattaforme stesse, a ogni segnalazione arriva il diniego di queste piattaforme.

Tuttavia è probabile che, seppur i due servizi non abbiano accesso ai contenuti delle informazioni, possano vedere i metadati dei file scambiati (dimensione dei file, formato, quando è stato caricato) e i nomi dei gruppi privati. In questo modo, in seguito a una segnalazione, sarebbe facilmente verificabile lo scambio intensivo di decine di file pesanti diversi megabyte tutti i giorni a distanza ravvicinata nel tempo, magari in gruppi che fanno riferimento nel loro nome a edicole, giornali, film gratis etc. Sebbene il diritto alla privacy delle comunicazioni sia fondamentale, questo non può fare da scudo ad attività illegali.

Serve un nuovo business model

D’altro canto la storia ha dimostrato che interventi draconiani di questo tipo sono fallimentari. È stato così col mondo dell’ industria discografica e del cinema che hanno visto un abbattimento della pirateria soltanto quando nuove realtà come Netflix e Spotify si sono affacciate sul mercato capovolgendo il tavolo. Negli Stati Uniti già da tempo gli editori si sono alleati per fornire con un abbonamento unico decine di riviste e giornali. È ora che anche in Italia, e in Europa, si faccia lo stesso.

Originally published at https://www.wired.it on April 24, 2020.

Se il tema ti interessa ascolta l’episodio in cui ne parlo con l’Avv. Traina Chiarini al Digitale Spiegato. Disponibile qui e su tutte le piattaforme.

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Vincenzo Tiani
Il Digitale Spiegato

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