Ph. Giovanni Barbato

Così va il mondo

Gabriele Gentile
Virgola
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6 min readMay 23, 2017

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Gianni Minà non si accontenta di narrare. Vuole capire, chiedere, sapere.

Venerdì 19 maggio, in occasione del Salone Internazionale del libro di Torino 2017 (SalTo 2017), ho assistito all’incontro nel quale Gianni Minà, coadiuvato da Giuseppe De Marzo, presentava il suo ultimo lavoro: “Così va il mondo”. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà. Al dibattito, tenutosi nello Spazio Incontri della fiera, hanno partecipato anche il magistrato Livio Pepino e l’ex magistrato Felice Casson.

“Oltre il confine” era il tema del SalTo 2017, giunto alla trentesima edizione. Ed oltre il confine è stato sicuramente il risultato, in termini di presenze e incassi, ottenuto dal direttore editoriale della kermesse, lo scrittore Nicola Lagioia.

Lo stesso Gianni Minà, d’altro canto, è da considerare un giornalista, una mente e, soprattutto, un uomo oltre il confine. Una vita al servizio degli altri. “Il giornalista deve raccontare quello che succede, non giudicare. Il mestiere del giudice è un altro. Il giornalista deve vedere, capire, interpretare e raccontare”.

“Così va il mondo” è un continuo viaggio, lungo più di cinquant’anni, oltrepassando il confine, più e più volte. È la ricerca di quelle risposte mai avute, di quelle domande che continuano a perseguitarti. È il je accuse dell’uomo, prima ancora del giornalista, ai media occidentali che hanno svenduto la propria libertà di critica al potere, il “pensiero unico” neoliberista. Gli stessi media che hanno tradito la propria coscienza e sottomesso la deontologia morale prima ancora che professionale, togliendo l’acqua agli assetati.

“Pensa all’informazione occidentale su Cuba”, scrive Minà “per mezzo secolo ha instillato disprezzo, odio verso quest’isola perché aveva scelto un modello di società che non piaceva alla nazione egemone, gli Stati Uniti”. L’assenza di un’informazione rispettosa della verità condiziona le persone. “L’informazione nazionale è ancora più inquietante. La metà di quello che succede in Italia non viene raccontato”.

“Così va il mondo” è anche la storia di epoche lontane che ritornano, di donne e uomini che lottano, diventando modello, frammenti di mondo che resistono. È il ricordo, mediaticamente offuscato, degli anni dello “stragismo nero” amalgamato a pezzi di Stato, sottoposti agli interessi nordamericani.

“In Italia, televisioni e giornali ricordano molto più le gesta criminose delle Brigate Rosse, che non il terrorismo alimentato dai fascisti: prima a Milano in piazza Fontana (1969), poi a Gioia Tauro (1970), a Brescia in piazza della Loggia (1974), alla stazione di Bologna (1980) […]. Senza contare la Strage di Ustica (1980), un monumento al cinismo di tre servizi segreti Nato (Francia, Italia e Stati Uniti), che miravano alla soppressione di Gheddafi, di cui pochi anni dopo sarebbero stati alleati prima di assecondarne l’uccisione”.

Quegli anni così lontani assumono nuove forme e ritornano. È il caso degli assassini di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, in Somalia, nel 1994. Le piste insabbiate per nascondere la verità, un uomo ingiustamente detenuto in carcere per oltre sedici anni, prima di essere assolto dalla Corte d’appello di Perugia in quanto non responsabile del fatto. Ventitré anni dopo la verità è ancora nascosta.

Oltre il confine, Minà, è andato più volte. Cercando gli uomini, ha trovato le storie. E le storie necessitano di una collocazione temporale per farsi Storia. 30 ottobre 1974, Kinshasa (Zaire). George Foreman contro Muhammad Ali. The rumble in the jungle. Il più grande evento sportivo nella storia del Novecento.

Snocciola aneddoti sull’incontro, dalla preparazione pre-match alla strategia che avrebbe portato The greatest alla vittoria, sconfiggendo Foreman e tutte le ingiustizie che aveva dovuto subire per difendere il diritto dei neri d’America.

“Il più grande di tutti! Importantissimo anche per la storia degli Stati Uniti. Ha rotto la favoletta di una nazione pacificata nella quale tutti si volevano bene e quelli che dormono nei cartoni, per terra, nei marciapiedi di Manhattan lo fanno perché sono pigri… e la povertà magari è colpa loro. Muhammad Ali ha rotto un sistema, una cultura. C’è voluto un pugile. E per questo ha pagato di persona. È stato sospeso dall’attività, e per tre anni non ha più potuto fare il suo mestiere e tutto perché proclamava l’indipendenza e il diritto dei neri d’America di avere una loro repubblica”.

Racconta lo sport e gli uomini come nessun altro, Gianni Minà. Con una passione sempre viva, come se fosse una perenne prima volta. Non si accontenta di narrare, vuole capire, chiedere, sapere.

“Così va il mondo”, infine, racconta di pezzi di mondo che resistono “ad un sistema economico senza morale, senza onestà, avido fino al limite”. Sono le storie del continente latinoamericano e dei suoi simboli. È il racconto di un Brasile meno esotico e romanzato che, per oltre vent’anni (1964–1985), ha subito, come altri Paesi del continente, la repressione di una spietata dittatura militare, nel programma di controllo (dei propri interessi), organizzato dal Dipartimento di Stato statunitense, passato alla storia come Operación Cóndor. Una delle più cruenti pagine della storia del Novecento, nella quale s’incrociano le storie di artisti musicali come Gilberto Gil e Caetano Veloso, Vinicius de Moraes e Chico Buarque, esiliati tra Londra e Roma. Artisti che, attraverso la musica, raccontavano le sofferenze del popolo brasiliano.

“Io ricordo spesso un verso di Chico”, scrive Minà “il brano si intitola il funerale del lavoratore. È la storia di un operaio […]. Era un muratore, ma quella mattina era segnata: cade da un’impalcatura senza sicurezza e muore. Il verso di Chico è asciutto e senza retorica: «Cadde contromano intralciando il traffico». Come a dire, era talmente inutile la sua vita nel mondo capitalista, che quando muore lo fa in un modo banale, cercando di disturbare gli altri il meno possibile”.

Dal Brasile all’Argentina, il racconto punta la lente d’ingrandimento sui desaparecidos della giunta militare argentina che, dal 1976 al 1983, aveva fatto scomparire più di 40000 persone, tra attivisti politici, sindacalisti, studenti, donne e uomini, indistintamente. Racconta dell’incontro con Videla, Minà, definendolo “un militare mediocre”. Una storia di sangue che si intreccia con lo sport, i mondiali del 1978, quelli che lo scrittore argentino, Pablo Llonto, in un suo bellissimo libro ha rinominato come “i mondiali della vergogna”. È la storia di chi, nonostante tutto, ha resistito con coraggio e nella speranza di veder tornare a casa i propri cari, come le madri di Plaza de Mayo.

Ma l’America latina è anche altro. È la narrazione di una piccola isola del Mar dei Caraibi che ha tenuto, e tiene, testa alla più grande potenza del globo. È la storia di Cuba e di Fidel Castro “un rivoluzionario che non ha perso la rivoluzione”.

“Così va il mondo” è anche la storia dell’orgoglio indigeno, dell’eredità Maya, e del subcomandante Marcos, nella regione sud-occidentale del Messico, il Chiapas. È “la marcia dei colori della terra” (2001), che portò a Città del Messico tre milioni di persone.

“Con lui ho capito” racconta Minà “di aver incontrato, in un attimo la resistenza dell’America latina e il futuro dell’America latina. Una miscela di spiritualità, cultura e lavoro […]. Marcos rispondeva al sarcasmo dell’Occidente dicendo: «Questa è un’umanità che non muore. Voi potete pensare quello che volete ma questa umanità rimane»”.

“Così va il mondo… e nulla si può fare per cambiarlo” scrivono, con falsa tristezza e moralismo farisaico, i conniventi del “pensiero unico” neoliberista, che di questo mondo sono corresponsabili. Tuttavia, ciò che maggiormente lascia il segno di queste e tante altre storie, di cui scrive Minà, è la profonda umanità. Un’umanità che col tempo è andata sempre più perdendosi, e alla quale questo lavoro lancia un grido di umana speranza.

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